Neppure avvolto nella bandiera a stelle e strisce, quale l’hanno immaginato in tanti paragonandolo allo stato americano dell’Ohaio, i cui elettori riflettono meglio l’orientamento medio degli Stati Uniti, il Molise è riuscito a mobilitarsi in questo turno elettorale regionale coinciso con la crisi di governo in gestione al Quirinale.
I molisani sono andati a votare in poco più della metà, in meno di 173 mila, al di sotto ancora di diecimila rispetto alle elezioni politiche del 4 marzo scorso. Ed hanno deluso i due partiti che si aspettavano di ricavarne vantaggi da investire a livello nazionale, nella partita del nuovo governo.
In particolare, i grillini si sono fermati ad un pur ragguardevole 38,5 per cento dei voti ed hanno mancato la conquista della prima regione a 5 stelle, che Luigi Di Maio sognava di appuntare sul medagliere della sua scalata a Palazzo Chigi.
Ha non vinto ma stravinto invece quella curiosa e “artificiale” coalizione di centrodestra, quale Di Maio la considera, col 43,4 per cento dei voti. Che equivale peraltro a quasi tre volte il centrosinistra uscente alla guida della regione, attestatosi attorno al 17 per cento.
All’interno, poi, del centrodestra i leghisti di Matteo Salvini hanno mancato l’obiettivo del sorpasso su Forza Italia, il cui presidente Silvio Berlusconi -gli va riconosciuto- si è speso in modo particolare nella campagna elettorale, servitagli anche per strapazzare di tanto in tanto, tra comizi e cene, pure gli alleati. Che erano impegnati a Roma a corteggiare o lasciarsi corteggiare, secondo i giorni e le ore, dai grillini. Dei quali è forte la convinzione che Salvini sia disposto a scaricare prima o dopo il Cavaliere, magari profittando di qualche suo passo falso. In cui sempre più di frequente Berlusconi cade, facendosi prendere la mano più dall’orgoglio che dall’astuzia, più dallo spettacolo, innato nelle sue abitudini e vocazioni, che dal gioco politico.
In Molise comunque è andata bene al Cavaliere. Il bufù, quel tamburo a frizione col quale si è cimentato suonando alla maniera locale, gli ha portato fortuna. Ma chissà se Berlusconi riuscirà ad essere ugualmente fortunato, nei rapporti con l’alleato leghista, nelle elezioni regionali friulane di domenica prossima. E, prima ancora, nella partita della crisi di governo in questa settimana di ripresa delle iniziative del capo dello Stato: una settimana già rovinata al Cavaliere da Salvini con l’annuncio di condividere la convinzione appena ribadita da Di Maio che grillini e leghisti possano “lavorare bene” insieme alla guida del Paese.
Evidentemente i dirigenti grillini pensano di poter avere molto tempo a disposizione in una meritoria azione di governo con i leghisti, una volta espletato il servizio di pulizia dei cessi di Mediaset cui vorrebbe destinarli Berlusconi, secondo una battuta sfuggitagli proprio in Molise fra le proteste di Salvini. Ma dopo essersi sentito liquidare da Di Maio e compagni -va detto- come “il profeta” -parola di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano- della trattativa fra lo Stato e la mafia, fra il 1992 e il 1994, provvisoriamente certificata dalla Corte d’Assise di Palermo.
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