Ezio Mauro su Repubblica ha scomodato la religione, e non solo il prevedibilissimo, scontato antifascismo più o meno professionale, per bollare il rapporto diretto cercato da Giorgia Meloni a Pescara col suo popolo reclamando di essere chiamata e votata col suo solo nome, cui tiene ben più del cognome. Sarebbe stata un po’ la ricerca di una “comunione pagana”, sottintendendo con quell’aggettivo il carattere, falso, eretico della relazione cercata dalla Meloni con i suoi elettori, reali o potenziali. Non a caso l’eresia, chiamiamola così, è stata denunciata contestando anche il richiamo abituale della premier alla combinazione di Patria, Dio e Famiglia, tutti rigorosamente al maiuscolo e arbitrariamente invocate da una destra pronta a tradirle o distorcerle.
Anche quel “cristiana” rivendicata con le vene gonfie in gola dal palco di un comizio in terra spagnola non piacque a suo tempo agli avversari della leader della destra italiana, che già allora la consideravano evidentemente una pagana travestita. Un po’ come accadde ai leghisti dei primi tempi, quando si sposavano fra di loro con i riti celtici e salivano a venerare il Po alla fonte per raccoglierne le acque in ampolle, o seguirne il corso sino alla foce. E allungare il viaggio a Venezia per proclamare la Repubblica indipendente della Padania, applaudirne il governo neppure in esilio e intimare a chi sventolava il tricolore alla finestra di casa di “buttarlo nel cesso”. Parola di Umberto Bossi in persona, che ora gli avversari di Matteo Renzi rimpiangono e indicano come il fondatore e leader tradito più ancora dai successori che dalla salute.
Ma torniamo al presunto paganesimo della Meloni, di cui evidentemente dovrebbero diffidare oltre Tevere. Dove invece la premier ha trovato un interlocutore molto ben disposto come Papa Francesco, lesto ad accoglierne l’invito alla partecipazione al G7 a presidenza italiana. Sarà una prima volta del Pontefice, commentata sul Corriere della Sera da Walter Veltroni mentre i suoi compagni di partito hanno fatto finta di non vedere e non sentire.
Continuino pure lor signori del Nazareno -avrebbe scritto il Fortebraccio della vecchia Unità- a mettere la testa nella sabbia come gli struzzi. E a non accorgersi che non solo vanno via dal partito pezzi importanti della nomenclatura di provenienza democristiana, ma potrebbero seguirli anche pezzi del loro elettorato di una volta, o nuove leve di cattolici che si riconoscono, per esempio, nelle urla della Meloni contro la maternità surrogata.
Non a caso, del resto, mentre il Pd arranca nei sondaggi, e in alcune elezioni locali, attorno al 20 per cento come se fosse un affare, peraltro insidiato da quel che è rimasto delle 5 Stelle di Beppe Grillo e ora di Giuseppe Conte, i fratelli e le sorelle d’Italia viaggiano attorno alle dimensioni che furono della Democrazia Cristiana. Sveglia, ragazzi. Per ripetere qualcosa già gridato dalla Meloni nell’aula di Montecitorio contro i banchi piddini.