Berlusconi chiude la quinta colonna protestataria delle sue televisioni

            Almeno sui giornali, e negli uffici del Quirinale dove si prepara il secondo giro delle consultazioni per la soluzione della crisi di governo, la coalizione di centrodestra uscita -essa sì- dalle urne del 4 marzo col maggior numero di voti, più di quelli certamente ragguardevoli presi dal movimento grillino, avrebbe ritrovato la sua unità. E ciò grazie anche all’autorete compiuta dall’aspirante pentastellato a Palazzo Chigi, Luigi Di Maio, reclamando un giorno sì e l’altro pure la rottura del patto elettorale fra Matteo Salvini, il suo interlocutore privilegiato, e Silvio Berlusconi.

            Non ha funzionato, almeno sinora, neppure il tentativo grillino di intimidire Salvini aprendo generosamente al Pd ancora renziano con la proposta, appena affidata in una intervista a Repubblica, di “sotterrare l’ascia di guerra”.

            Dalle parti del Pd leader, leaderini e comparse sono ancora troppo presi a farsi la guerra fra di loro, addebitandosi a vicenda la responsabilità della sconfitta elettorale, per diventare una sponda credibile dei grillini in funzione antiberlusconiana. Le guerre di superficie e ancora più quelle sotterranee nel partito dove c’è sempre una nuova scissione alle porte, questa volta attribuita addirittura a Renzi in versione Macron, inumidiscono tutte le munizioni offerte dai  grillini  per tentare l’ultimo assalto all’uomo di Arcore. Che con il suo ormai modesto 14 per cento dei voti, e con i conti ancora aperti con la giustizia, resta ancora l’incubo del  movimento 5 stelle. Sarebbe materia da psicanalisi più che di analisi politica, ma così è. E non resta che prenderne atto.

            Berlusconi dunque, visto lo stato confusionale dei suoi nemici dichiarati, e considerate le resistenze sino ad ora opposte dal suo alleato Salvini ai loro tentativi di metterglielo davvero contro, potrebbe dormire sonni tranquilli. E preparare con tutta tranquillità il repertorio del secondo giro di consultazioni al Quirinale, dove saprà sicuramente trovare il modo di non passare inosservato nell’incontro che il presidente della Repubblica avrà con la delegazione comune, e perciò affollata, della coalizione di centrodestra. Che è invece salita sul colle nei giorni scorsi in ordine separato, e secondo le graduatorie elettorali che hanno consentito ai leghisti, grazie al sorpasso del 4 marzo, di dire l’ultima parola.

            Eppure Berlusconi non è sereno. O non lo è del tutto. Egli non riesce ancora a capacitarsi di quel maledetto sorpasso. E si è deciso a convincersi di ciò che inutilmente prima e durante la campagna elettorale in tanti gli avevano segnalato, dentro e fuori il suo partito, se non dentro la sua stessa famiglia intesa in senso lato, com’è nelle abitudini del Cavaliere.

            In particolare, Berlusconi si è convinto che a favorire il sorpasso elettorale dei leghisti sono state le sue stesse televisioni con trasmissioni, in verità, non di altissimo ascolto, almeno per i gusti e le convenienze degli inserzionisti pubblicitari, ma di buona capacità emulativa, dentro e fuori casa.

            Forse è esagerato definirle “purghe”, come ha commentato il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, ma certamente non sono stati premi per gli interessati sia la sostituzione di Maurizio Belpietro alla conduzione della trasmissione di Rete 4 “Dalla parte vostra”, che spesso era quella della Lega, al di là delle stesse intenzioni del direttore del quotidiano La Verità, sia la decisione di chiudere a fine mese la “Quinta colonna”, sempre di Rete 4, condotta da Paolo Del Debbio. Che era più volte incorso nei mesi scorsi, anche mentre i giornali lo accreditavano di fantasmagorici progetti politici, nelle proteste pubbliche di esponenti di peso della stessa Mediaset, persino del presidente Fedele Confalonieri, lasciatosi scappare un “forse stiamo esagerando” a dare voce a tutti gli scalmanati in giro per le piazze fisiche e mediatiche del Paese.

            Mai titolo di trasmissione come quello di “Quinta colonna” si è forse rivelato così perversamente azzeccato, almeno per l’editore che ne ha subìto gli effetti, al di là delle stesse responsabilità di un conduttore che conobbi tanti anni fa nell’allora Fininvest come un giovane e assai mite filosofo. Di cui mai avrei immaginato doti da Truman Show, titolo di un famoso e fortunato film drammatico del 1998.  

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