Ospite di Massimo Giletti a quella strana Arena televisiva de la 7 che è e non è, Guido Crosetto con la sua stazza da gigante, ben oltre il quintale, ha dato al suo amico Silvio Berlusconi uno spintone, per quanto metaforico, tale da fargli rimpiangere l’impietoso inciampo di qualche giorno fa in un teatro a Isernia. Dove il Cavaliere sta guidando personalmente la campagna elettorale molisana per rimontare domenica prossima in regione il fastidioso sorpasso subìto a livello nazionale il 4 marzo scorso ad opera della Lega.
Proprio a conclusione di una domenica inutilmente trascorsa dai cronisti politici in attesa di un incontro fra il leghista Matteo Salvini e il grillino Luigi Di Maio, o viceversa, Crosetto ha impietosamente indicato nella testardaggine di Berlusconi la causa dello “stallo” della crisi di governo denunciato dal capo dello Stato Sergio Mattarella dopo il secondo e infruttuoso giro delle consultazioni al Quirinale. Dove lo stesso Berlusconi giovedì scorso ha dato spettacolo, letteralmente, nella Loggia delle Vetrate negando “l’abc della democrazia” al partito cui Salvini, da lui incoronato nuovo leader del centrodestra, si era appena rivolto per primo come interlocutore sulla strada di una nuova maggioranza: il movimento grillino delle 5 stelle.
Approdato negli anni scorsi tra i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni lasciando Forza Italia prima ancora che questa si ricostituisse dopo il collasso infelice del Pdl, inteso come Partito delle Libertà, Crosetto ha detto da Giletti che la crisi si risolverebbe d’incanto se Berlusconi accettasse il sacrificio di un passo indietro, o di lato. Ciò basterebbe ai grillini per rimuovere il veto posto alla partecipazione di Forza Italia al nuovo governo.
Temo, per Crosetto, ma anche per Salvini, e in fondo anche per Mattarella, e per le sue riflessioni sul conferimento di un incarico nei prossimi giorni, che Berlusconi non l’abbia presa bene, convinto com’è, ed ha gridato nei comizi in Molise, che non intende farsi dire da altri che cosa egli debba o non debba fare di se stesso e del suo partito. Dove magari ci sarà qualcuno d’accordo per ragioni anagrafiche col coordinatore 54.enne dei Fratelli d’Italia Crosetto, peraltro ancora convinto dei meriti e delle qualità del Cavaliere, ma non ha il coraggio di dirlo.
Berlusconi, d’altronde, misura gli anni in modo diverso dagli altri. Lui dà più importanza all’età “percepita”, come la chiama, che a quella che scorre inesorabilmente col calendario. E soprattutto s’infuria se l’età anagrafica viene usata strumentalmente per fargli pagare colpe che egli non ritiene di avere, specie se queste si traducono nel “male assoluto”, nel “delinquente”, nello “stragista mafioso” e in tutti gli altri improperi che gli gridano addosso gli avversari, del nuovo conio grillino o del vecchio conio comunista o post-comunista.
Ad aiutare Berlusconi a contare gli anni, i suoi anni, in modo diverso dagli altri contribuiscono anche la presenza sulla scena, o nel dibattito politico, di persone anche più anziane di lui, come il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, che marcia verso i 93 anni, e l’eco che riescono ancora a suscitare le sue parole, i suoi gesti, le sue lettere. Come quella ancora fresca d’inchiostro, diciamo così, al Corriere della Sera sulla necessità e urgenza di un governo italiano “autorevole” in grado di svolgere addirittura un’opera di mediazione, analoga a quella da lui condotta a Pratica di Mare quando era a Palazzo Chigi, fra Russia e America, e ora anche l’Unione Europea, per salvaguardare la pace dove non c’è o viene minacciata, non solo in Siria.