Proposto il ricorso alla macchina della verità per Luigi Di Maio

            Inventata o autentica che sia, è formidabile la battuta attribuita a Matteo Renzi di fronte ai repentini cambiamenti di posizione dei grillini per adattarsi ad una trattativa di governo col Pd: “Bisognerebbe sottoporre Luigi Di Maio alla macchina della verità”.

            Persino il programma elettorale del movimento delle 5 stelle, elaborato e infine approvato con le solite modalità digitali, è stato modificato in alcuni passaggi -come ha rivelato impietosamente Il Foglio tra precisazioni e smentite a dir poco imbarazzate- per renderlo compatibile, all’esame di un professore arruolato in tutta fretta da Di Maio, prima con quelli, indifferentemente, della Lega e del Pd, e poi solo o soprattutto col secondo.

            E’ infatti accaduto che l’aspirante grillino a Palazzo Chigi abbia deciso di allontanarsi dal forno di Matteo Salvini, adoperato per la spartizione dei vertici del Parlamento eletto il 4 marzo scorso ma frequentato anche dal troppo ingombrante e sgradito Silvio Berlusconi, per accostarsi a quello del segretario reggente del Pd Maurizio Martina. Nella cui vetrina sono stati appena rispolverati, non so francamente se più casualmente o apposta, tre vecchi punti programmatici del partito del presidente uscente del Consiglio Paolo Gentiloni e del suo predecessore: reddito di inclusione, salario minimo legale e assegno universale per le famiglie.

Titolo del Fatto.jpg           Ci stiamo, hanno subito commentato Di Maio e amici, senza neppure consultare il professore incaricato del compito di definire le compatibilità fra i vari programmi, o il loro contrario. Contemporaneamente nella redazione del solito Fatto Quotidiano, diretto dall’altrettanto solito Marco Travaglio, hanno provveduto a rifare la prima pagina per sparare un titolo fra il compiaciuto e l’irrisorio, cui da quelle parti non rinunciano mai perché è nella loro natura, come disse lo scorpione alla rana pungendola e affogando insieme nell’acqua. “Dopo 44 giorni in freezer, si scioglie il Pd: il No ai 5 Stelle è già diventato Ni”, ha annunciato il giornale insieme di fiancheggiamento e di sorveglianza del movimento grillino, in piena e totale autonomia naturalmente, spettando solo al suo direttore decidere dove finisce l’appoggio e cominciano invece, secondo le circostanze, i consigli e i moniti.

            Le capacità camaleontiche di un movimento così generosamente premiato -va detto- dagli elettori 44 giorni fa, per stare ai conti del Fatto Quotidiano, prima che costoro potessero accorgersi di queste doti di Di Maio e amici, si sono avvertite soprattutto sul terreno che sembrava il meno adatto ai cambiamenti repentini di posizione: quello della politica internazionale. Dove le reazioni ai missili lanciati contro obiettivi rigorosamente militari della Siria da americani, inglesi e francesi per cercare di neutralizzare  le armi chimiche che il dittatore di quel Paese usa adoperare contro i suoi oppositori, hanno consentito a Di Maio di sorprendere e scavalcare in atlantismo persino l’ex presidente della Commissione Esteri del Senato Pier Ferdinando Casini. A tanto è riuscito il putinismo quasi incondizionato del leader leghista, e del nuovo centrodestra, Salvini.

            Se non gli capiterà di diventare presidente del Consiglio per l’incapacità appena rimproveratagli dal vecchio Emanuele Macaluso di “governare le proprie ambizioni”, il giovane Di Maio potrà candidarsi alla successione all’attuale segretario generale della Nato, il laburista norvegese Jens Stoltenberg. O anche alla successione, l’anno prossimo, al presidente della commissione dell’Unione Europea, visti i cambiamenti intervenuti nel movimento grillino pure sull’euro e dintorni. Tanto, candidarsi non costa niente.

           

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