La vignetta nella quale Emilio Giannelli, sul Corriere della Sera, ha messo Matteo Salvini a cavallo di Silvio Berlusconi, con la sorella dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che s’attacca a qualcosa di decorativo, essendo le briglia saldamente in mano al condottiero, riflette felicemente lo stato di grazia in cui deve sentirsi il segretario della Lega dopo il sorpasso elettorale del 4 marzo sull’ex maggiore partito della coalizione di centrodestra. E, ancora più in particolare, dopo le reazioni preoccupate e adirate dell’ex presidente del Consiglio, le notizie e voci scaturite dai colloqui indiretti e indiretti fra lo stesso Salvini e il grillino Luigi Di Maio, l’altro vincitore del rinnovo delle Camere, e la quarta rielezione di Putin al Cremlino, stavolta con più del 76 per cento dei voti.
Che c’entra Putin ?, si chiederà qualcuno. C’entra, c’entra. Il successo del capo del Cremlino, per il quale Salvini non ha mai nascosto le sue simpatie, perdonandogli persino l’amicizia di più vecchia data con Berlusconi, è un po’ la ciliegina sulla torta elettorale del leader della Lega ex Nord, ora d’Italia.
E’ proprio vero che “nulla è impossibile”, deve avere ripetuto il Matteo barbuto dopo avere così zittito il collega di partito Roberto Maroni, ex governatore della Lombardia, che lo aveva appena diffidato in televisione dalla tentazione di un governo con i grillini. Esso potrebbe trascinarsi appresso, per le ire e le ritorsioni di Berlusconi, i governi regionali forzaleghisti della Lombardia, del Veneto e della Liguria. Di cui è tutto da dimostrare però che a Salvini interessi ormai più di tanto, tanto è preso dagli scenari nazionale e internazionale. E tanta forse sta già maturando in lui la convinzione che grillini e leghisti insieme possano prendersi anche le regioni ora governate con l’ormai ex centrodestra, se ne avessero l’occasione imprudentemente offerta loro dall’uomo di Arcore.
Il “grazie” che ironicamente, ma non troppo, ha rivolto il portavoce di Putin alla prima ministra inglese, la cui offensiva internazionale contro il quasi zar della Russia, ormai politicamente più longevo anche di Stalin, gli ha moltiplicato i consensi, potrebbe essere ripetuto direttamente da Salvini a Berlusconi se davvero l’ex presidente del Consiglio cercasse con uno strappo di disarcionarlo, per restare alla vignetta di Giannelli.
E’ impressionante vedere come sia rapidamente e profondamente cambiato il panorama politico italiano nella notte fra il 4 e il 5 marzo scorsi, quando si contavano i voti per il rinnovo delle Camere, e nelle due settimane successive, pur trascorse solo nell’attesa dell’apertura -il 23 marzo- della diciottesima legislatura repubblicana.
Il cambiamento è stato tale che appaiono superflui i pur forti argomenti -a giudicarli col vecchio metro politico- che il direttore del Giornale della famiglia Berlusconi, il buon Alessandro Sallusti, ha opposto al veto praticamente posto da Di Maio – non si è ancora ben capito se e con quale grado di partecipazione di Salvini- alla perentoria richiesta di Forza Italia di ottenere la presidenza del Senato per il suo capogruppo uscente, ed ex ministro, Paolo Romani. La cui condanna per un vecchio, modesto e inconsapevole peculato, consumatosi con l’uso familiare di un telefonino conferitogli invece per le sue funzioni allora di assessore comunale a Monza, è obiettivamente sproporzionata all’effetto politico che Di Maio reclama dall’alto della sua postazione politica. E, peraltro, dopo essersi sottratto ad un processo per diffamazione usando le prerogative della “casta” parlamentare cui lui appartiene non certo inconsapevolmente.
Si, Sallusti ha ragione a richiamarsi ad uno dei celebri aforismi dell’indimenticabile Giulio Andreotti. Che saggiamente distingueva “le persone morali dai moralisti perché molti di coloro che parlano di etica a forza di discuterne non hanno poi il tempo di praticarla”. Grandissimo Andreotti, che morì politicamente ben prima di essere sepolto anche per le spallucce che a quei tempi, prima di scoprirne la validità, facevano a quelle pillole di saggezza coloro che adesso lo rimpiangono, e addirittura ne reclamano la testimonianza. E’ un mondo davvero sottosopra.