Silvio Berlusconi a un palmo dalla resa dei conti con Matteo Salvini

            A sette giorni dall’insediamento delle Camere elette col voto del 4 marzo i grillini hanno prenotato direttamente la presidenza di Montecitorio con Matteo Salvini impegnandosi a sostenere, in cambio, un leghista alla presidenza del Senato. Dove però Silvio Berlusconi vuole mobilitare i suoi attorno al capogruppo uscente di Forza Italia, l’ex ministro Paolo Romani. A favore del quale dietro le quinte fervono contatti e quant’altro con esponenti del Pd per assicurarsene l’appoggio in uno scontro con la Lega che potrebbe segnare la clamorosa rottura del centrodestra.

            A Salvini è stata peraltro attribuita la tentazione di proporre per la presidenza del Senato non il collaudatissimo vice presidente uscente Roberto Calderoli ma Giulia Bongiorno, l’ex avvocatessa di Giulio Andreotti cresciuta politicamente a destra con Gianfranco Fini, prima di approdare alla Lega nei mesi scorsi.

          Per il capo di Forza Italia questa sarebbe al vertice del Senato una soluzione doppiamente indigesta, essendosi la Bongiorno distinta alla Camera nella sedicesima legislatura, come presidente della commissione Giustizia, un ostacolo irriducibile a tutte le leggi cui tenevano in particolare gli uomini dell’allora presidente del Consiglio Berlusconi con gli occhi rivolti anche alle sue vicende giudiziarie.

            Il vecchio e il nuovo leader del centrodestra sono divisi anche su un altro fronte, sotto molti aspetti ancora più insidioso: quello delle prospettive della nuova legislatura, essendo il primo diventato contrario ad elezioni ravvicinate, per giunta con una nuova legge per disciplinarle, e il secondo trovandosi invece in sintonia con i leghisti  per cambiare il più presto possibile le norme in vigore e riandare alle urne per fare ruotare la cosiddetta terza Repubblica attorno a un bipolarismo costituito dalla Lega e dal movimento delle 5 stelle.

            Sarebbe, quest’ultima, una prospettiva funzionale alla fine di Forza Italia a destra e di quel che è rimasto del Pd a sinistra.

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