Beppe Grillo scarica Mario Draghi, ma nell’indifferenza generale

Finalmente! No, o non ancora. Non vi sto anticipando il ripensamento di Sergio Mattarella, anche se aumentano di giorno in giorno le sollecitazioni al presidente uscente della Repubblica perché si renda disponibile ad una conferma, o ad un congelamento, nella confusione crescente sulla strada della sua successione. Cui deve provvedere un Parlamento ormai delegittimato da una improvvida riforma di sforbiciamento promossa dal partito, o movimento, che più avrebbe dovuto  proteggerne la rappresentatività, essendosi vantato di avere vinto le ultime elezioni politiche, nel 2018. 

Titolo di Domani

L’ultimo, in ordine cronologico, ad auspicare una conferma di Mattarella, o una sua spinta dietro le quinte per l’elezione di Mario Draghi, è stato il giornale debenedettiano Domani con un editoriale del suo direttore Stefano Feltri, preoccupato che l’incertezza stia danneggiando irreparabilmente anche il governo tanto voluto dallo stesso Mattarella meno di un anno fa per fronteggiare una serie di emergenze ancora attuali, a cominciare da quella sanitaria. 

Finalmente -dicevo- si può rilevare che Beppe Grillo non fa più nemmeno ridere. Le prime pagine della ventina di giornali quotidianamente riprodotte dalla solerte rassegna stampa del Senato hanno tutte -ma proprio tutte- ignorato l’ultima sparata del fondatore e tuttora garante del MoVimento 5 Stelle presieduto temporaneamente da Giuseppe Conte, o “in autogestione”, come ha detto la vice presidente Paola Taverna. Eppure è una sparata che in un altro momento avrebbe fatto rumore, trattandosi di una presa di distanza, quanto meno, dalla gestione della pandemia da parte di questo governo. Alla cui formazione e soprattutto guida Grillo diede un tale contributo da scandalizzare Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. 

Dal blog personale di Beppe Grillo

In particolare, nel suo blog ormai personale da un pezzo, rappresentandosi con tanto di bende e mascherina Grillo ha contestato a Draghi, ma evidentemente anche ai ministri pentastellati, una scommessa eccessiva, al pari di “gran parte dei paesi occidentali”, sulle vaccinazioni per fronteggiare la pandemia. Al cui contenimento non servirebbero misure di cui sarebbero state “sottovalutate le implicazioni” restrittive “sia sul piano dei diritti umani che sono caposaldi delle democrazie liberali, sia sul piano dei loro metodi di attuazione, che ben avrebbero potuto rispettare meglio la libertà di scelta degli individui e delle organizzazioni e comunità a cui fanno capo”. 

Dal Foglio, in prima pagina

Su una sola prima pagina -quella del Foglio, che forse non ha voluto smentire l’attenzione che con gusto elitario rivolge da tempo ai pentastellati, prendendoli spesso sul serio nella loro presunta ma intermittente evoluzione- la sparata antidraghiana di Grillo si è guadagnata un inciso -non di più- in un articolo dedicato alle difficoltà di Giuseppe Conte nella gestione di un movimento diventato ormai “l’aereo più pazzo del mondo, in grado di avere doppie e triple posizioni su tutto”. “Ieri -ha continuato e spiegato il quotidiano tra due belle parentesi- è stata la volta di Beppe Grillo e dell’elogio del modello cinese contro l’obbligo vaccinale”. Fuori parentesi è scritto che “il caos è fisiologico in un partito che conta ancora una decina di No vax”, come il deputato Gabriele Lorenzoni che ha recentemente definito la pandemia “uno stato mentale”. 

Il fiasco mediatico, questa volta, di Grillo promette bene non so se per Conte, che vive nell’incubo delle “battute” e simili del garante che lo ha recentemente liquidato come uno specialista di “penultimatum”, ma sicuramente per un Paese da troppo tempo in balia di un comico.

Ripreso da www,startmag.it

Sono alquanto prematuri i necrologi politici di Mario Draghi

Titolo del Dubbio
L’ultima di Travaglio, ieri, sul Fatto Quotidiano

Le difficoltà di Mario Draghi alla guida del governo – “il migliore”, come lo sfotte ogni giorno Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, ancora nostalgico di Giuseppe Conte- sono innegabili, per quanto anche l’ultimo decreto legge di contrasto al Covid sia stato approvato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri. Sono difficoltà intervenute con la complicità, non a causa del virus e delle sue varianti.

              Più che della pandemia, Draghi soffre del clima politico intossicato dalla corsa al Quirinale. Che divide i partiti fra di loro e al loro interno più ancora di quanto non fossero lacerati già per i caotici sviluppi della legislatura cominciata nel 2018 con la “centralità”, addirittura, del movimento grillino. Centralità come quella -pensate un po’- della Dc di De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti, Forlani, De Mita della prima e ben lunga prima Repubblica.

               La corsa al Quirinale ha sempre disturbato, complicato, persino deviato il percorso dei governi di turno, in una soluzione di continuità fra prima e successive Repubbliche. Basterà ricordare, per non andare troppo lontano nel tempo, a ciò che costò nel 2015 al governo di Matteo Renzi l’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica: la rottura con Silvio Berlusconi sulla strada della riforma costituzionale, messa in cantiere come finalità della legislatura e bocciata clamorosamente in un referendum affrontato dallo stesso Renzi contro  un fronte esteso, a quel punto, dal Cavaliere a Massimo D’Alema, da Beppe Grillo ancora in versione vaffanculesca a un De Mita restituito, nell’occasione, alle prime pagine dei giornali e ai duelli televisivi.

               Per di più Draghi si è concesso il lusso della franchezza nel teatro abitualmente sulfureo della politica mostrandosi interessato, diciamo così, al Quirinale dalla postazione di Palazzo Chigi con l’immagine di “un nonno al servizio delle Istituzioni”. Eppure tutti, ma proprio tutti, avevano reclamato che lui non tacesse. 

               Scritto tutto questo e riconosciuto a Draghi -ripeto- l’errore paradossale della franchezza in quel mondo di ipocrisie, falsità, sgambetti e pugnalate che sa diventare la politica nei suoi passaggi peggiori, rifuggo dalla tentazione in cui sono caduti tanti giornali, con i titoli di ieri, di confezionare necrologi per quanto metaforici del presidente del Consiglio. E continuo a sperare che proprio per l’onda che cresce contro la risorsa più preziosa di cui dispone l’Italia, visto il prestigio personale che l’ex presidente della Banca Centrale Europea ha a livello mondiale, Sergio Mattarella si disponga finalmente ad una conferma che, congelando l’assetto istituzionale in attesa di un Parlamento più rappresentativo e legittimato di quello in scadenza, stabilizzi il governo da lui stesso voluto poco meno di un anno fa. Gli è stato del resto appena assegnato, sia pure dai cultori della pallavolo, il premio di “miglior giocatore”. 

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