Le ultime resistenze ormai alla scalata di Mario Draghi al Quirinale

Titolo del Foglio
Titolo del Fatto Quotidiano

Nonostante o forse grazie alla campagna contraria del Fatto Quotidiano-ostinata quanto la corsa non ancora finita di Silvio Berlusconi- siamo ormai alle ultime resistenze alla scalata silenziosa ma tenace di Mario Draghi al Quirinale. Che il segretario del Pd Enrico Letta ha sostenuto nell’incontro annunciato con Giuseppe Conte e col ministro della Salute Roberto Speranza raccogliendo le resistenze, appunto, del primo e la sostanziale disponibilità del secondo, in rappresentanza della sinistra ormai sulla via del ritorno a casa, cioè al Nazareno. Ma Conte poi si è incontrato prudentemente con l’amico-antagonista Luigi Di Maio che gli ha consigliato un pò di realismo, dal suo punto di vista, sino a indurlo a far sapere che non esistono -o non esistono più- veti pentastellati contro Draghi. Troppo tardi per far cambiare al giornale di Marco Travaglio il titolo di prima pagina tutto di battaglia ormai di retroguardia: “Missione incompiuta- Draghi resti a bordo”, cioè a Palazzo Chigi, da dove invece vorrebbe “fuggire” per il presunto fallimento della sua lotta vaccinaria alla pandemia. 

La vignetta di Stefano Rolli sul Secolo XIX
Dalla prima pagina del ;essaggero

Anche Berlusconi, pur non avendo ancora annunciato, almeno sino al momento in cui scrivo, la sua rinuncia immaginata da Stefano Rolli sul Secolo XIX nei panni di Papa Francesco affacciato su Piazza San Pietro, si starebbe convincendo dell’opportunità. a questo punto, di favorire una candidatura di Draghi. Che aveva invece contestato ancora qualche giorno fa parlandone con Vittorio Sgarbi, che poi ne ha riferito alla Stampa. “Solo lui al Colle se io rinuncio”, gli attribuisce oggi il Messaggero in prima pagina col supplemento di una “richiesta” di “Gianni Letta segretario generale del Quirinale”, diversamente da Repubblica che invece in prima  pagina, sempre in prima pagina, dà l’ex sottosegretario di Berlusconi in corsa addirittura per il vertice dello Stato.

Titolo di Repubblica

Francamente, considerando anche gli 86 anni che sta per compiere l’interessato, più anziano ancora di Berlusconi, entrambe le ipotesi sembrano un pò fantasiose. E comunque smentiscono il malumore attribuito nei giorni scorsi allo stesso Berlusconi un pò da tutti i giornali, senza alcuna smentita o precisazione, per la visita compiuta dal suo collaboratore a Palazzo Chigi prima di raggiungere la Villa Grande, sull’Appia Antica, per l’ultimo vertice del centrodestra sulla corsa al Quirinale. Cui non ne sono seguiti altri, per quanto ne fosse stato preannunciato uno per oggi. 

Risulta che Sergio Mattarella stia seguendo un pò sollevato gli sviluppi delle trattative o manovre dietro le quinte, che gli risparmierebbero ripensamenti dopo tutte le indisponibilità annunciate ad una sua conferma per forza maggiore. Salvo imprevisti, naturalmente. 

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Quel nodo alla gola vedendo Craxi in lacrime in quel lontano 1996

Mi sono venuti i brividi a vedere Craxi chiudere in lacrime una lunga intervista concessa il 25 ottobre 1996 nella sua casa di Hammamet a Carlotta Tagliarini, per la televisione tedesca di Stato e riproposta per internet dall’omonima Fondazione nel ventiduesimo anniversario della morte di Bettino.

Ho pensato, risentendolo e rivedendolo per più di un’ora, che Craxi aveva a quell’epoca gli stessi anni -62- di Aldo Moro quando fu sequestrato dalle brigate rosse e poi ucciso. Furono due uomini accomunati, pur con caratteri così diversi, dall’orgoglio personale e dalla scomodità con cui erano avvertiti anche dagli alleati di turno. Non a caso, del resto, dall’interno della maggioranza di solidarietà nazionale -realizzatasi nel 1976 dopo un turno di elezioni anticipate conclusesi -diceva Moro- con due vincitori, la Dc e il Pci, incapaci di fare l’uno a meno dell’altro per governare il Paese in una condizione di emergenza economica e d’ordine pubblico- Craxi era stato  il primo e restato a lungo l’unico a rivoltarsi alla cosiddetta linea della fermezza, peraltro gestita come peggio francamente non si poteva, per cercare di salvare la vita all’ostaggio che drammaticamente la reclamava.

Passarono 56 giorni dal sequestro all’’uccisione di Moro. Più tempo invece sarebbe passato- tre anni e quasi tre mesi- da quell’intervista di Carlotta Tagliarini alla morte di Craxi, esule in Tunisia dopo le pesanti condanne comminategli dalla magistratura italiana per Tangentopoli. Egli reagì un pò infastidito alla domanda su un’eventuale sepoltura ad Hammamet, come la moglie aveva previsto per sé sfogandosi con l’intervistatrice contro il trattamento riservato al marito dall’Italia. Per quanto ammalato di diabete e complicazioni cardiache, ma non ancora del tumore renale che ne avrebbe accelerato la fine, Craxi non aveva nessuna fretta di morire. “Questa domanda me la faccia sul letto di morte”, rispose alla mia amica Carlotta mostrando poi qualche fiducia nella possibilità che l’Italia uscisse dalla “falsa rivoluzione” che l’aveva travolta. E che era già costata la vita, fra gli altri, a due amici e compagni di partito suicidi come Gabriele Cagliari e Sergio Moroni. E fu proprio rileggendo una parte della lettera di addio di Moroni ch’egli alla fine dell’intervista non riuscì a trattenere le lacrime.

Solo dieci anni dopo la morte di Craxi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una lettera alla vedova che gli costò gli improperi dell’anticraxismo militante, riconobbe “la durezza senza uguali” riservata all’ex presidente del Consiglio dal sistema mediatico-giudiziario.  Già da sola  quella espressione bastava e avanzava per capire quanta ingiustizia -altro che giustizia- fosse stata praticata nei riguardi dell’ultimo leader socialista italiano con la pretesa -così insistentemente contestata da Craxi nell’intervista del 1996- di equiparare in modo indiscriminato al furto, alla corruzione e simili il finanziamento illegale dei partiti e, più in generale, della politica: un fenomeno  vecchio quanto il mondo e aggravato nel nostro Paese da una legge ipocrita, evasa da tutti, che destinava a quello scopo una somma dieci volte inferiore -per esempio- a quella stanziata in Germania. E che tutti, proprio tutti, la violassero lo dimostrò la Camera col silenzio tombale opposto alla sfida dello stesso Craxi ai deputati che affollavano l’aula a dire il contrario. 

La tomba d Craxi ad Hammamet

Sono passati ventidue anni, ripeto, dalla morte di Craxi e dalla sua sepoltura ad Hammamet, più di 25 da quella intervista e 30 quasi esatti dall’esplosione di Tangentopoli con l’arresto in flagranza del socialista Mario Chiesa a Milano, il 17 febbraio del 1992. Si sono susseguiti al Quirinale cinque presidenti della Repubblica e del Consiglio Superiore della Magistratura, in questi giorni si sta cercando il sesto, ma il sistema giudiziario e un pò anche quello mediatico è peggiorato, anzichè migliorare.  Non parliamo poi delle condizioni in cui si trova la politica. 

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