L’improbabile mossa del Cavallo di Berlusconi sulla strada del Quirinale

Al punto in cui è ormai arrivata la sua ostinata corsa al Quirinale, dopo che Vittorio Sgarbi da “telefonista” ne ha impietosamente ammesso e rivelato i limiti, a Silvio Berlusconi la cronaca giudiziaria -una volta tanto- offre la possibilità di una mossa: non dico del cavallo, da Cavaliere che è, ma quasi. Egli potrebbe smetterla di inseguire i voti degli ex grillini o dei grillini dissidenti rimasti ancora a casa ma impauriti dal pericolo di elezioni anticipate e soccorrere direttamente Beppe Grillo da garantista mentre i magistrati di Milano -sempre loro, potrebbe dire Berlusconi- lo indagano per traffico d’influenze. Che sarebbe stato collegato a un finanziamento di quasi due milioni di euro avuto dalla Moby di Vincenzo Onorato. 

Titolo del Giornale
Titolo di Libero

Solidarizzare, ripeto. Altro che fare ironia come il Giornale di famiglia di Berlusconi con quel titolo su “Grillo vittima del grillismo”  o condividere la “pena” di Libero con quel titolo sul passaggio del comico genovese “da elevato a indagato per soldi”. O la sarcastica vignetta a colori di Ellekappa sulla prima pagina di Repubblica. 

Titolo della Stampa

Il buon Matteo Feltri sulla Stampa ha involontariamente suggerito a Berlusconi anche una citazione che potrebbe essergli utile nel soccorso a Grillo e nella ricerca di qualche appoggio fra i “grandi elettori” pentastellati in quel che resta ancora della sua corsa al Colle. “Il traffico d’influenze”, peraltro punibile ora con 4 anni e mezzo di carcere per un inasprimento di pena voluto dall’allora ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede, “è un reato ridicolo, marginale, un pranzo di nozze con i fichi secchi” secondo il professore di diritto penale a Pisa Tullio Padovani. 

Titolo-copertina del manifesto

Scherzi a parte, ma davvero, non in televisione, la partita quirinalizia di Berlusconi, a meno di una settimana dall’inizio delle votazioni nell’aula di Montecitorio, è davvero agli sgoccioli, per quanti sforzi facciano, almeno in apparenza, lo stesso Berlusconi e i fedelissimi di nutrire e accreditare ottimismo. Più calano le reali possibilità di una vittoria del Cavaliere ai punti -dalla quarta votazione in poi, quando potrebbe bastargli la maggioranza assoluta e non più dei due terzi della platea degli elettori , che è comunque sempre una maggioranza qualificata e non “semplice”, come la definiscono fior d firme anche di grandi giornali- più crescono le quotazioni di Mario Draghi. Una cui visita d’ufficio, diciamo così, ieri al Quirinale per riferire a Sergio Mattarella sui problemi della lotta alla pandemia e dintorni, si è prestata a quel titolo brillante, come al solito, del manifesto sul “sopralluogo” del presidente del Consiglio. 

Titolo del Fatto Quotidiano

Di Grillo e della sua vicenda giudiziaria, questa volta personalissima, non indiretta come quella del figlio rinviato a giudizio sotto l’accusa di stupro, c’è poco da scommettere per i riflessi possibili sulla successione a Mattarella. Lo sbandamento politico e umano del MoVimento 5 Stelle e delle varie “anime” che lo compongono, per non chiamarle correnti o tribù, era già grande di suo per poter dire che si è aggravato. Nè ad aiutare il “garante” del quasi partito ora presieduto da Giuseppe Conte saranno i tentativi minimalisti, una volta tanto, del Fatto Quotidiano, che ha relegato -come in un ossimoro- la vicenda dei rapporti con la Moby in un’apertura quasi invisibile, corredata comunque -bisogna riconoscerlo- di una fotina dell’interessato. 

Dal Riformista

Il caso ha voluto -va detto anche questo- che la bomba o il petardo di Grillo sia scoppiato nel ventiduesimo anniversario della morte di Bettino Craxi, il cui figlio Bobo sul Riformista ha potuto ricordare a ragione che il padre, travolto dalla cosiddetta Tangentopoli con tutta la prima Repubblica, ma più di tutti gli altri leader di quella stagione, fu “la prima vittima della guerra sporca” cominciata anch’essa a Milano, come ho già ricordato. 

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Lo scherzo impietoso di Vittorio Sgarbi al Berlusconi quirinalizio

Titolo del Dubbio

               Quel diavolo di Vittorio Sgarbi è riuscito a lasciare comunque la sua impronta su questa edizione della corsa al Quirinale: la più strana di tutte, se non la più pazza, come d’altronde la legislatura nella quale si svolge, in scadenza un po’ differita rispetto al mandato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

              Già gratificato come uno dei mille e rotti “grandi elettori”, fra deputati, senatori e delegati regionali cui spetta l’elezione del capo dello Stato, Sgarbi ha fatto un pò come quello spettatore ai bordi della strada che s’infila fra i corridori per aiutare, soccorrere e quant’altro il ciclista in difficoltà, sino a fargli rischiare la squalifica.        

Berlusconi e Sgarbi in una foto d’archivio
L’intervista di Sgarbi alla Stampa di ieri

 Stremato dalle telefonate alla ricerca di consensi a Berlusconi fuori dall’area di centrodestra ma anche dentro, visto l’andirivieni verificatosi pure tra forzasti e simili in questi ultimi tempi,  Sgarbi si è lasciato andare con Antonio Bavetti, della Stampa, fra i suoi divani, quadri, sculture e ninnoli. E ha rivelato che di sicuri Berlusconi dispone solo di 390 voti, non dei 450 e più vantati sinora, già insufficienti a fargli raggiungere dal quarto scrutinio in poi i 505 necessari all’elezione.

         “È sul punto di cedere”, pur dando l’impressione di essere ancora “sparato”, ha detto Sgarbi dell’amico accomunandolo inconsapevolmente all’immagine che del segretario socialista Francesco De Martino dava il compagno di partito Ferdinando Santi raccontando dei suoi rapporti tanto con la Dc quanto col Pci: “Resiste fino a un momento prima di cedere”.

           Incalzato sul dopo-rinuncia, ormai, dell’ex presidente del Consiglio, Sgarbi ne ha anticipato, previsto, intuito, come preferite, il sostegno ad una conferma di Mattarella, tanto non gli passa evidentemente per la testa il ripiegamento su un altro candidato del centrodestra meno “divisivo”, direbbero gli avversari e forse anche l’alleato Matteo Salvini.

Berlusconi in cappotto

           E Mario Draghi, così calorosamente sostenuto da Berlusconi alla nomina a presidente del Consiglio vantandosi di averlo portato lui al vertice della Banca Centrale Europea negli anni d’oro della guida del governo? Niente. Eppure anche Sgarbi, prima di mettersi al telefono, telefonino e quant’altro a disposizione del Cavaliere per sostenerlo nella corsa al Quirinale, lo aveva pubblicamente esortato a spendersi per l’elezione di Draghi. Evidentemente Berlusconi non ha gradito che nel frattempo questa soluzione sia diventata l’obiettivo del segretario del Pd Enrico Letta, per quanto, o ancor più perché condiviso dallo zio Gianni. Che è di casa, eccome, nelle residenze del Cavaliere.

           Tutto sommato, a questo punto dobbiamo a Sgarbi sulla vicenda quirinalizia più notizie di quante non ne abbiano sino date i cronisti al seguito della corsa. Grazie, Vittorio. Pace fatta dopo qualche tua intemperanza nell’aula della Camera con la presidente di turno che ti ho contestata.

Pubblicato sul Dubbio

                                                                          

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