Mattarella spinto sempre di più, suo malgrado, verso la conferma

Se, pur preso da imballaggi ed altro per il tanto desiderato ritorno a casa, Sergio Mattarella avesse fissato un appuntamento col medico per gli ormai insopportabili fischi nelle orecchie, gli converrebbe disdirlo perché sarebbe una visita sprecata. Non è malato. E’ solo assediato da una situazione politica, con particolare riferimento alla corsa per la sua successione alla Presidenza della Repubblica, che spinge sempre più persone, partiti, correnti e giornali a pensare e puntare su una conferma, suo malgrado. 

Non importa ormai per quale ragione -dalla convinzione che una rielezione sia ormai il modo più facile per fermare la candidatura di Silvio Berlusconi alla paura che Mario Draghi al Quirinale apra la strada ad una crisi di governo insolubile- ma aumenta anche nei palazzi di memoria pasoliniana la voglia, la tentazione e quant’altro del cosiddetto Mattarella bis. 

Marzio Breda a Domani
Marzio Breda a Domani

Già qualche giorno fa, in una intervista al quotidiano Domani, il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda raccontava di avere “raccolto un eloquente silenzio” alle domande che faceva “in alto” sulla eventualità che “il quadro politico si andasse spappolando e i partiti dimostrassero di  non avere uno straccio di accordo, e quindi si ripetesse la scena del 2013, quando tutti i leader fecero una processione” al Colle convincendo Giorgio Napolitano a farsi confermare. L’”eloquente silenzio” significava non so se più paura o rassegnazione. Certo è che lo stesso Breda riconosceva che “congelare il tandem Mattarella-Draghi sarebbe la soluzione più comoda e anche quella probabilmente più utile al paese”. 

Titolo odierno di Domani
Titolo della Stampa

Il giornale di Carlo De Benedetti che raccoglieva queste parole di Breda ha oggi titolato su tutta la prima pagina riassumendo le informazioni politiche: “I piani del Pd e Cinque stelle per costruire il Mattarella bis”. E La Stampa, che lo stesso De Benedetti di recente ha indicato come il quotidiano di cui si fida di più dopo il suo: “Un piano Mattarella bis col via libera di Salvini”. Che quindi marcia a suo modo, diciamo così, con le altre componenti del centrodestra per la candidatura sbandierata di Berlusconi, tornato a Roma -dicono le cronache-per controllare più da vicino gli alleati e, più in generale, la situazione. 

Titolo del Messaggero
Titolo del Foglio

Gli altri quotidiani non sono da meno. Il Mattarella bis è riproposto, in particolare, dal Messaggero che sottolinea l’impegno di Enrico Letta; dal Foglio, che coinvolge Giuseppe Conte addirittura in funzione anti-Letta, ancora fermo evidentemente alla tentazione di aiutare l’elezione di Draghi, e da Libero con lo  “Spiraglio Mattarella”  aperto soprattutto dall’emergenza pandemica.

Titolo del Giornale
Michele Ainis su Repubblica del 10 gennaio

Anche il Giornale della famiglia Berlusconi ha dovuto titolare sul Mattarella bis prendendosela col segretario del Pd, che avrebbe gettato “la maschera”, e scommettendo sulla capacità o volontà di Dario Franceschini di “tramare” per qualche complicazione. Non parliamo poi della delusione o preoccupazione del Fatto Quotidiano, fra i primi a schierarsi contro il bis e ad incitare Mattarella a prendere a parolacce chi gli glielo proponeva. Ora Marco Travaglio col suo vignettista Riccardo Mannelli ha imparruccato da donna il presidente uscente della Repubblica per scherzare beffardamente  sulla possibilità che egli finisca per farsi convincere a restare ancora un pò al Quirinale, almeno in attesa delle nuove Camere. Rispetto alle quali quelle in  via di scadenza, nel 2023, sono un mezzo rottame praticamente riconosciuto qualche giorno su fa su Repubblica anche dal costituzionalista Michele Ainis.

Berlusconi “processato” dalla sua ex assistente senatrice Rossi

Titolo del Dubbio

Pur nel dissenso sempre più convinto dalla ostinazione con la quale è di fatto entrato nella corsa al Quirinale, o si lascia così rappresentare dalle cronache politiche, sino a minacciare l’uscita del suo partito dal governo se fosse eletto Mario Draghi, ritengo che Silvio Berlusconi meriti di essere difeso da certi processi politici. Che si aggiungono a quelli giudiziari ancora in corso contro di lui come stravaganti appendici ad un’assoluzione definitiva per la lontana vicenda Ruby.

Dalla prima pagina della Stampa del 9 gennaio

La senatrice Mariarosaria Rossi -a lungo assistente dell’ex presidente del Consiglio, sempre generoso con i suoi collaboratori promuovendoli parlamentari grazie a leggi elettorali compiacenti comodamente usate anche dai suoi avversari- ha appena accusato Berlusconi, in un “intervento” sulla Stampa, di avere perduto l’anno scorso, di questi tempi, la irripetibile occasione avuta per giocarsi bene la carta del Quirinale. Gli sarebbe bastato imboccare con la  stessa Rossi la strada del cosiddetto Conte ter. 

La senatrice uscita da Forza Italia fu tra i parlamentari ricevuti personalmente da Giuseppe Conte nella ricerca dei “volenterosi”, “responsabili”, “costruttori” e simili disposti a farlo sopravvivere ad una crisi che peraltro egli aveva cercato di ritardare al massimo, sino a provocare una certa insofferenza al Quirinale. Dove pure il paziente Sergio Mattarella gli aveva lasciato un pò di tempo a disposizione per cercare di allargare la maggioranza dopo la defezione dei renziani, decisivi al Senato.

La senatrice Rossi alla Stampa

Leggete qui il ragionamento o il racconto, come preferite, della senatrice Rossi, che -si legge sulle biografie internettiane- si era guadagnata da giovanissima l’attenzione e gli apprezzamenti del Cavaliere per le  sue capacità organizzative, non limitate all’ambiente delle discoteche romane malignamente attribuitele dagli antipatizzanti. “Tutti – ha scritto la signora- si scagliarono contro il povero Giuseppi, nessuno gli tese la mano, a parte qualche parlamentare (come la sottoscritta) ribattezzato poi dalla vulgata come “responsabile”. E Silvio Berlusconi? Anche lui non gli offrì sostegno. Non importava se infuriava la tempesta del Covid, non importava se si metteva a rischio il piano nazionale di ripresa. Niente. Conte doveva cadere. Fu proprio in quei giorni che Berlusconi non pensò a quanto sarebbero potute cambiare le cose se lui avesse sostenuto il Conte ter. Non immaginò come quella mossa lo avrebbe smarcato da quel marasma di centrodestra offrendogli una nuova vita politica”. Vita politica tra virgolette naturalmente.

La senatrice Rossi alla Stampa

Presa, anzi travolta da una certa nostalgia di Conte, la senatrice Rossi ha rimproverato a Berlusconi di non avere capito che con l’appoggio al sopracitato “Giuseppi” di conio trumpiano “sarebbe stato ancora una volta il Salvatore della Patria, esattamente come in quel magico 1994” in cui scese in politica sconfiggendo la sinistra  allegramente raccolta contro di lui da Achille Occhetto. “Ma c’è di più, avrebbe compiuto -ha continuato la senatrice sempre scrivendo di Berlusconi- un altro miracolo politico, forse il più grande mai riuscito. Avrebbe trasformato il tramonto di una stagione politica durata quasi 30 anni in una nuova aurora ed oggi non parleremmo di Draghi Presidente della Repubblica ma solo di Berlusconi perché sarebbe stato il Presidente di tutti gli italiani”. Magari eletto in Parlamento -debbo presumere- anche dai grillini, almeno da quelli di tendenza Conte, grati del sostegno avuto per non perdere Palazzo Chigi e convertiti ad una concezione, diciamo così, un pò mercantile anche di una istituzione come la Presidenza della Repubblica. 

Giuseppe Conte

Senza volerle mancare di rispetto, e neppure dubitare della sua esperienza imprenditoriale di recupero dei crediti maturata con l’ex marito nella società Euro Service Group, secondo le biografie internettiane consultabili facilmente con un clic, mi consenta la senatrice Rossi di dubitare della capacità sua e del stesso Berlusconi, se vi si fosse prestato, di recuperare nella corsa di queste settimane al Quirinale il credito presuntivamente procuratosi partecipando all’operazione di un terzo governo Conte.

La politica è un pò più complessa, difficile, persino perfida di quanto non possa pensare la senatrice Rossi, pur con i suoi quattordici anni di esperienza parlamentare sulle spalle, comprensivi di quelli trascorsi come assistente o comunque nella schiera più ristretta di Berlusconi. Del quale teneva l’agenda, come si dice in gergo politico non in senso spregiativo ma elogiativo. 

Per quanti crediti si possano vantare, a ragione e non solo a torto, acquisiti con o senza disinvoltura, con repentini e opportunistici cambiamenti di linea, di alleati e di quant’altro, questi non bastano mai in politica ad assicurare, specie a distanza, il risultato propostosi in partenza o maturato successivamente. Ne sanno qualcosa, per non parlare dei morti eccellenti ormai della cosiddetta prima Repubblica, da Fanfani a Moro e ad Andreotti, gli sconfitti ancora superstiti delle corse al Quirinale preparate con cura e largo, anzi eccessivo anticipo, coltivando rapporti e promuovendo iniziative alla stregua di investimenti politici. 

Pubblicato sul Dubbio

In doveroso e commosso ricordo di David Sassoli

Titolo del Dubbio

Caro David, ora che -ahimè- non ci sei più, e quindi con un ritardo imperdonabile, voglio chiederti scusa dell’amaro rifiuto che più di 30 anni fa da direttore del Giorno opposi alla tua aspirazione ad essere promosso da redattore ordinario a inviato, forte peraltro di un’offerta da te ricevuta di assunzione alla Rai. 

Per quanto tu con lealtà fossi un pò all’opposizione interna, chiamiamola così, con altri colleghi che non condividevano la mia linea politica di sostegno al pentapartito del famoso Caf, acronimo dell’alleanza fra Craxi, Andreotti e Forlani, il mio rifiuto fu motivato da ragioni di anzianità, essendo tu appena diventato giornalista professionista ed essendovi altri colleghi, ugualmente validi, che aspiravano da più tempo a quella nomina. 

Pur consolato dal fatto di vederti affermare nella carriera – e che carriera- alla Rai, dove tu fosti poi realmente assunto, ti assicuro che ad ogni tuo passo in avanti, sino al tuo salto nella politica, dove replicasti l’abitudine al meritato successo, non mi sono mai pentito abbastanza di quel rifiuto. E non ho mai avuto il coraggio di dirtelo negli incontri occasionali e sempre cordiali avuti nei corridoi di Montecitorio. Ti dirò che ad ogni tuo successo, figurati alla tua elezione a presidente del Parlamento Europeo, si riapriva dentro di me la ferita di quel pomeriggio in cui dissi quel maledetto no alla tua promozione fattami chiedere dal comitato di redazione. 

Ho pensato solo di disobbligarmi un pò di quel torto votandoti al Parlamento Europeo quando vi fosti candidato, pur non essendo io  un elettore abituale o convinto del Pd per la sciagurata decisione presa dal nostro comune amico Walter Veltroni di confermare l’alleanza elettorale, a suo tempo, con Antonio Di Pietro e rifiutare contemporaneamente quella con i radicali. Fu una cosa della quale ancora oggi, a tanti anni di distanza, non riesco a capire bene le ragioni. 

David Sassoli con Ursula von der Leyen

Ora che – ripeto- te ne sai andato, così presto, così improvvisamente e così dolorosamente quando ancora la politica avrebbe potuto riservarti altre soddisfazioni, pur nella rinuncia da te annunciata di recente a tentare la conferma alla presidenza del Parlamento Europeo, nella realistica valutazione delle condizioni politiche in cui andava maturando ormai la successione, non mi resta che l’orgoglio di averti avuto sia pure per poco fra i miei colleghi di redazione e il rimpianto di non averti saputo trattenere: un rimpianto per niente mitigato, come invece ho per un pò pensato, dalle capacità professionali, umane e civili che hai sempre più potuto dimostrare. 

Un addio a te, anzi un arrivederci nella nostra comune fede cristiana, e un abbraccio, carissimo David, ai tuoi familiari che non ho avuto la possibilità di conoscere. 

Pubblicato sul Dubbio

                                                                                         

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