C’è un misto di “autoironia”, da lui stesso raccomandata anche in privato ai politici che gli capita di ricevere e frequentare, e di salutare perfidia -per quanto sembri un ossimoro- nella scelta del verbo “inebriare” compiuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per denunciare gli inconvenienti di un potere male inteso e peggio esercitato, come “dominio”.
Il capo dello Stato ha parlato ai liceali convenuti sul Colle per una lezione di educazione civica, o di “pedagogia istituzionale”, come ha preferito definirla il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda, ma pensando al governo gialloverde, o ai suoi uomini di punta. Che sono notoriamente i vice presidenti del Consiglio Luigi Di Maio, per conto dei grillini, e Matteo Salvini, per conto dei leghisti: due vice che non si sentono in imbarazzo neppure quando sostituiscono il pur presente presidente del Consiglio Giuseppe Conte davanti alle telecamere nelle risposte ai giornalisti, quando a costoro è permesso di farne.
Inebriare equivale nel dizionario della lingua italiana a ubriacare. E solo un ubriaco- o un “non sobrio”, come ha detto recentemente Matteo Salvini del presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, che aveva appena espresso timori sui conti italiani per evitare che facciano prima o dopo la fine di quelli della Grecia prima del sostanziale commissariamento comunitario- può pensare nel governo di potersi sottrarre al controllo delle autorità di garanzia, a cominciare dalla Banca d’Italia per arrivare in fondo alla stessa Presidenza della Repubblica, negando loro la legittimità di una investitura popolare diretta. Che sarebbe la sola, secondo Di Maio e Salvini, a poter permettere rilievi e contestazioni all’esecutivo da parte di chi non ne fa parte e ignora che esso rappresenta “60 milioni di italiani”, come ha rivendicato in particolare il leader leghista.
Pazienza se il giurista Sabino Cassese, credo astemio, si è scomodato a consultare i risultati delle ultime elezioni politiche per ricordare che gli elettori del movimento grillino e della Lega sono stati all’incirca 19 milioni. Cosa che gli ha procurato la bocciatura del solito Fatto Quotidiano, insorto in prima pagina contro la pretesa del giudice emerito della Corte Costituzionale di difendere la Banca d’Italia, nello scontro col governo sulla valutazione dei conti della previdenza, scambiandola per “le 2 Camere”. Dove i gialloverdi dispongono di una maggioranza che li metterebbe al riparo da tutti e da tutto.
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