A guardarli nella foto che li ritrae in una stretta di mano ad Ostia, alla festa di un’associazione della Polizia, Sergio Mattarella e Matteo Salvini non sembrano per niente imbarazzati per lo scontro a distanza avuto il giorno prima sulla manovra economica e finanziaria ancora in cantiere, dopo la decisione di sforare sino al 2,4 per cento il deficit di bilancio rispetto al prodotto interno lordo.
Poi, vedendo il presidente della Repubblica e il vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno nella foto che li ritrae in rassegna davanti agli agenti schierati in loro onore, al sorriso sempre baldanzoso di Salvini si vede abbinato un volto per niente giulivo di Mattarella. Che sembra essersi ricordato nel frattempo della polemica corsa a distanza fra di loro sui conti dello Stato.
O forse Mattarella tra la stretta di mano con Salvini e il comune passaggio davanti alle guardie irrigidite nel saluto era stato raggiunto dalle notizie sui malumori dei grillini. Che, spiazzati dallo stesso Salvini il giorno prima nella polemica reazione alle preoccupazioni e ai moniti levatisi dal Quirinale sulla sorte dei risparmi degli italiani e quant’altro tutelati dalla Costituzione, avevano deciso di recuperare il terreno perduto dando a Mattarella praticamente dell’incompetente in materia di conti: “un uomo più di diritto che di economia”, secondo un giudizio attribuito al vice presidente del Consiglio a 5 Stelle Luigi Di Maio, a colloquio con compagni di partito. O addirittura vedendo anche nelle parole di Mattarella, oltre che nei commenti dei giornali al soldo degli speculatori, “un contributo a scoraggiare gli investitori e a mettere in agitazione i mercati”, secondo un sospetto o timore espresso dal sottosegretario pentastellato agli Esteri Manlio Di Stefano.
Dopo qualche ora tuttavia lo stesso sottosegretario ha cercato di correggersi precisando di avere voluto polemizzare solo con chi aveva “strumentalizzato” parole, preoccupazioni e moniti del capo dello Stato. D’altronde, i grillini non sono nuovi ad assalti e a ritirate nei rapporti col Quirinale, come avvenne nella ormai famosa notte di fine maggio in cui Di Maio in persona propose il cosiddetto “impeachment” di Mattarella, che aveva appena obbligato Giuseppe Conte a rinunciare al mandato di formare il governo, e poi, richiamato al telefono da Beppe Grillo in persona secondo versioni sinora non smentite, fece marcia indietro giustificandosi col fatto che Salvini non gli era andato appresso, per cui in Parlamento sarebbero mancati i voti necessari per realizzare l’offensiva.
Anche in questi giorni di manovre, economiche e politiche, Beppe Grillo risulta prudente, alquanto distante o comunque diverso dal Di Maio imbalconato a Palazzo Chigi per festeggiare il deficit al 2,4 per cento e incoraggiare il “popolo” accorso in piazza con bandiere e grida di gioia.
Nel blog dell’”elevato”, come lo stesso comico genovese si definisce rispetto a chi porta i gradi nel suo movimento, dagli avvenimenti più importanti e significativi della settimana appena trascorsa si trova curiosamente esclusa la conquista della quota 2,4. Grillo ha cominciato la sua rassegna con una pista ciclabile di plastica riciclabile -scusate il bisticcio pur voluto di parole- realizzata nella città olandese di Zwolle e l’ha chiusa con la proposta, davvero coraggiosa e geniale, di ridurre il ricorso ai sacchetti di plastica per i rifiuti mangiando il panino e bevendo l’acqua con l’accortezza di trangugiarne anche i contenitori.
Lo spazio abbandonato in retromarcia dai grillini nelle reazioni alle preoccupazioni di Mattarella è stato subito recuperato da Salvini. Che, lasciate Ostia e le autorità al seguito suo e di Mattarella, ha raggiunto non ricordo più quale località per sfottere mercati e quant’altri dicendo che lui il famoso spread già schizzato venerdì e atteso con ansia alla riapertura delle borse se lo mangia “a colazione”. Buon appetito, verrebbe voglia di rispondergli.
Qualche parola infine sul raduno romano di risveglio del Pd in Piazza del Popolo tra molte bandiere, il comizio del segretario reggente Maurizio Martina, il “cialtrone” gridato tra la gente a Di Maio da Matteo Renzi, per ritorsione contro l’”aguzzino” e persino l'”assassino” appena ricevuti, l’abbraccio di riconciliazione fra lo stesso Renzi e l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e gli inviti del pubblico all’unità: con la minuscola, visto che quella con la maiuscola ha cessato da tempo di arrivare nelle edicole.
Più della immancabile disputa sull’affluenza di pubblico, fra le settemila e le settantamila presenze, secondo chi le ha contate o calcolate, mi ha personalmente colpito l’assordante e imbarazzato silenzio opposto durante la manifestazione, sopra e sotto il palco, al rimprovero mosso dalle 5 Stelle al Pd di gridare ora contro il loro 2,4 per cento del deficit dopo avere affrontato le elezioni politiche del 4 marzo scorso proponendo un deficit al 2,9 per cento per tutta la durata della nuova legislatura.
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