Il flop di Di Maio al Circo ex Massimo pur dopo la vittoria contro il condono fiscale

             Pur depurato dello scudo penale, dei beni all’estero e di quant’altro di criminale e indecente, presunto o reale, aveva mandato su tutte le furie il vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio, sino a definirne il testo manipolato e a minacciare una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma, il decreto legge sul condono fiscale appena approvato da un Consiglio dei Ministri appositamente convocato da un insolitamente solerte presidente Giuseppe Conte non è riuscito a scaldare i cuori, o solo a ridurre la diffidenza del pubblico pentastellato radunato al Circo Massimo. Dove Di Maio, Giggino per gli amici, ha voluto correre da Palazzo Chigi, accorciando una conferenza stampa con lo stesso Conte e col vice presidente leghista Matteo Salvimi, per dare il lieto annuncio. E per spiegare di essere riuscito a salvare lo slogan grillino dell’onestà dalle grinfie e dai condizionamenti dell’alleanza col Carroccio.

            Circo Massimo.jpgGià ridotto di suo dal Massimo al Minimo per l’affluenza di pubblico, il Circo romano della quinta edizione della festa Italia 5 Stelle ha riservato al vice presidente del Consiglio in maniche di camicia arrotolate, e occhiaie allargate per le “tre ore di lotta” vissute a Palazzo Chigi, un’accoglienza modesta. Che è diventata ancora più evidente quando il presidente della Camera Roberto Fico – sempre più insofferente verso l’alleanza di governo con i leghisti, e perciò liquidato altrettanto frequentemente da Salvini come un emulo di precedenti guastafeste delle maggioranze di turno avvicendatisi al vertice di Montecitorio, quali Gianfranco Fini a destra e Fausto Bertinotti a sinistra- ha ammonito gridando: “Non dimentichiamo chi eravamo”, al passato dunque.

            E’ come se Fico, già indicato nei soliti retroscena politici come l’uomo che potrebbe riscattare il suo movimento dalla vergogna, o giù di lì, dell’alleanza con i leghisti preparandone un’altra col Pd, già coltivata d’altronde durante le consultazioni del capo dello Stati per la formazione del primo governo di questa diciottesima legislatura, avesse voluto rimpiangere il passato del suo pur giovane partito, salito forse troppo presto al potere.

            Forse è proprio al presidente dissidente della Camera che ha voluto riferirsi il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio prendendo le difese di Di Maio con questo incipit, pur al ribasso, del suo editoriale a commento della vicenda del decreto sul condono fiscale: “Ingenui o sprovveduti, o incompetenti, o raggirati che siano stati, i cinque stelle salvano la faccia in extremis”.

            Sul fronte opposto chi invece non avrebbe salvato né la faccia nè altro sarebbe stato Salvini, pur avendo ottenuto nuove e compensative concessioni dai grillini sul fronte della sicurezza e del contrasto all’immigrazione, tra leggi all’esame delle Camere e il consenso all’invio di altri mezzi e uomini della Polizia sulla frontiera occidentale. Dove la gendarmeria francese ha l’abitudine ormai di scaricare clandestinamente in territorio italiano i clandestini, a loro volta, scoperti dalle sue parti, e non sempre provenienti dall’Italia. Bel campione di europeismo il presidente d’oltr’Alpe Emmanuel  Macron, promosso da Eugenio Scalfari nel fondo domenicale della sua Repubblica di carta come l’uomo più a sinistra, o quasi, rimasto all’opera nel vecchio Continente.

            Rolli.jpgUn Alessandro Sallusti particolarmente  irritato, direttore del Giornale della famiglia Berlusconi, traducendo in parole ancora più dure la delusione e le preoccupazioni espresse dal Cavaliere nel Trentino, dove si vota a livello amministrativo, ha svillaneggiato Salvini “tradito dall’amante”, cioè da Di Maio, e non dalla “moglie”. Che sarebbe naturalmente Forza Italia, pronta comunque a perdonarlo se dovesse virilmente reagire alle corna di Di Maio tornando a casa, nel centrodestra.  

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