Matteo Renzi Cicerone penalizzato dalla lite fra Salvini e Berlusconi sulla Rai

            A rimetterci, nella lite scoppiata fra la Lega e Forza Italia sulla presidenza della Rai, destinata da Matteo Salvini a Marcello Foa e naufragata nella commissione parlamentare di vigilanza, è stato Matteo Renzi. I cui otto documentari televisivi sulla sua Firenze, con l’ex segretario del Pd in veste di Cicerone, sono stati rifiutati da Mediaset, cioè dalle televisioni di Silvio Berlusconi, con una mossa a sorpresa fatta annunciare da Pier Silvio Berlusconi, quando tutto sembrava già concordato con Lucio Presta, il produttore di Renzi.

            Già accusato dal leader leghista di avere fatto allineare i forzisti nella commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai alla opposizione praticata dal Pd, papà Berlusconi non se l’è probabilmente sentita di fornire al suo curioso alleato e insieme antagonista Salvini, come conferma dei suoi sospetti, un accordo fra Mediaset e Renzi. Che -forse colpevole peraltro anche di essere stato per un po’ il “royal baby” di Berlusconi festeggiato da Giuliano Ferrara- dovrà pertanto cercarsi, col suo produttore, un altro interlocutore commerciale, difficilmente individuabile peraltro nella Rai, coi tempi che corrono nell’ente radiotelevisivo di Stato. Dove l’ex presidente del Consiglio, oltre che ex segretario del Pd, è accusato dai suoi avversari di avere spadroneggiato quando è toccato a lui il turno delle lottizzazioni.

            Vittima di un conflitto d’interessi alla rovescia di Berlusconi, il cui gruppo multimediale ha dovuto rinunciare per motivi politici a quello che poteva essere un buon affare, Matteo Renzi Cicerone ha comunque confermato al produttore Presta tutti i suoi impegni extra-parlamentari.

            Nel pomeriggio di martedì 21 agosto cominceranno nella piazza fiorentina del Duomo le riprese per i documentari illustrati e commentati dall’ex sindaco, peraltro, della città. Il giorno dopo, salvo anticipi, le riprese si sposteranno nel Palazzo Medici Riccardi, dove Renzi cominciò la sua scalata al potere politico come presidente della Provincia di Firenze. Chissà se poi non gli verrà la voglia di ripercorre nelle vesti di Cicerone anche altri palazzi e piazze, stavolta romane, del suo itinerario politico: per esempio, via del Nazareno, Palazzo Chigi, Palazzo Madama, la sede del Senato sfuggito alla sua riforma costituzionale il 4 dicembre del 2016 con un referendum che ne interruppe la bruciante esperienza di capo del governo.

Le imprecazioni che Beppe Grillo non ha saputo risparmiarsi tra i morti

            Ha qualcosa di almeno anacronistico la caccia allo sciacallo che, con l’aria di deplorarla mandando il solito vaffa.. al massimo dei decibel, Beppe Grillo ha contribuito ad aprire di fronte alle polemiche sul crollo del viadotto autostradale Morandi nella sua Genova.

            L’anacronismo sta nell’incontrovertibile responsabilità che anche i grillini si sono assunti, nella ricerca delle responsabilità o coperture politiche, liquidando cinque anni fa con documenti sbrigativamente tolti in questi giorni dalla rete come “favoletta” il rischio di crollo di quell’importante infrastruttura. Un rischio avvertito e denunciato dagli avversari delle 5 Stelle favorevoli all’abbattimento del ponte e alla costruzione di una “grondaia” alternativa.

            Adesso i grillini, al governo con un presidente del Consiglio, un vice presidente e un bel po’ di ministri, fra i quali quello competente del settore, possono pure alzare la voce, prendersela con i soliti governi “precedenti”, bruciare mediaticamente Benetton, ritirare le concessioni alle sue Autostrade, farne precipitare i titoli in borsa insieme col ponte Morandi,  irridere i controlli vantati, e risultati chiaramente e -si spera- inconsapevolmente insufficienti,  rifiutare l’impegno di ricostruire in cinque mesi ciò che è caduto provocando tante vittime.

             Si può anche aprire, come si è cominciato subito a fare con le grida del ministro leghista dell’Interno Matteo Salvini, l’ennesima polemica sui vincoli europei, peraltro già contestati da Bruxelles, mentre  sale il costo dell’ingente debito pubblico italiano. Si può anche proclamare e celebrare in prima fila il lutto nazionale e quello cittadino, ma quella “favoletta del crollo” gridata dai grillini quando erano all’opposizione e si poteva intervenire per evitarlo, non consente loro di tirarsi fuori dalla vicenda, compresa la caccia agli sciacalli. E tanto meno consente  al loro capo, “garante”, “elevato” e quant’altro di mandare gli avversari a quel posto.

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