L’avventura surreale del comandante del pattugliatore bloccato con i migranti

            Spero che il capitano di fregata Massimo Kothmeir alla fine dell’avventura che sta vivendo nel porto di Catania, al comando del pattugliatore della Guardia Costiera bloccata dal vice presidente del Consiglio e ministro degli Interni con 133 immigrati soccorsi in mare tra Malta e Lampedusa e con i 45 uomini del suo equipaggio, non debba parafrasare in qualche modo il mio amico e compianto Gustavo De Meo. Che era un deputato democristiano di Foggia arcinoto e arcisimpatico in Transatlantico e dintorni, alla Camera, per la quantità di barzellette che sfornava parlando anche di cose serie, anzi serissime.

            Legato all’allora presidente del Consiglio Aldo Moro, pugliese peraltro come lui, cercava sempre di assecondarlo prevedendone desideri, esigenze e quant’altro. Una volta, sottosegretario al Ministero della Difesa, sapendo che  Moro non conosceva le pur famosissime isole Tremiti, gli mise a disposizione nel porto di Manfredonia una fregata per portarvelo.

            Alla conclusione della prima crisi di governo successiva a quel viaggio il povero De Meo non si vide confermato nell’incarico, vittima dei soliti giochi fra le correnti dello scudocrociato, dove ministeri e sottosegretariati venivano distribuiti applicando le percentuali dei gruppi di appartenenza certificati via via da un manuale. Il cui ’autore, Massimiliano Cencelli, lo aggiornava ad ogni congresso della Dc, o ad ogni variazione avvertita quando si riuniva il Consiglio Nazionale.

            Il gruppo degli amici di Moro in occasione di quella crisi fu ritenuto sopravvalutato dai capi della corrente cui pure Moro apparteneva, quella dei dorotei, i cui dirigenti raccolti attorno al segretario del partito Mariano Rumor reclamarono, fra gli altri, il posto proprio di De Meo. Che Moro sacrificò senza neppure scrivergli due righe di spiegazioni e di rammarico, come invece ritenne di fare qualche tempo dopo con Bernardo Mattarella, il padre dell’attuale presidente della Repubblica: moroteo pure lui e ministro uscente, allora, del Commercio Estero. Che ricevette una bella lettera di spiegazioni, elogi e ringraziamento scritta a mano dal presidente del Consiglio,  poi rivelatasi utile anche per vincere una causa per diffamazione contro il sociologo siciliano, e quindi conterraneo, Danilo Dolci molto attivo sul fronte antimafioso.

            Il povero De Meo, comunque compensato politicamente con altre destinazioni, la maggiore delle quali per importanza e durata fu quella di principale Questore della Camera, si divertì a tradurre la sua delusione in un biglietto scritto a mano a Moro e da lui stesso riferito ai giornalisti parlamentari che partecipavano alle sue conversazioni nei corridoi parlamentari e alla buvette di Montecitorio. “Caro Aldo, resto contento -diceva il biglietto- di averti offerto una fregata per visitare le Tremiti e prendo atto di essere stato ricambiato con una fregatura. Tuo ugualmente e sempre amico Gustavo”. Bellissimo. Poi verificai e Moro me ne diede conferma ridendone ancora di gusto, per nulla ferito. Egli sapeva che di De Meo poteva continuare a fidarsi. E infatti quando, dopo le elezioni politiche del 1968, i “dorotei” lo sfrattarono da Palazzo Chigi e Moro allestì una propria corrente chiamata senza alcuno sforzo di fantasia “amici dell’onorevole Moro”, il primo a aderirvi fu proprio Gustavo De Meo. Che consumò così anche la sua vendetta contro chi ne aveva imposto la sostituzione come sottosegretario alla Difesa.

            Ma torniamo al nostro, diciamo così, capitano di fregata e comandante del pattugliatore della Guardia Costiera Massimo Kothmeir, per il quale si stanno sprecando gli elogi di quanti salgono e scendono dalla sua nave per ispezionarne, visitarne e quant’altro il carico, contrapponendo la sua gentilezza, correttezza eccetera eccetera agli ordini “disumani”, secondo l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, ricevuti direttamente via facebok da Salvini. Che gli ha intimato di non cedere a sollecitazioni di nessun tipo contrarie ai suoi ordini, gli venissero pure dall’ammiraglio in persona.

            L’unico ordine che Salvini  permetterebbe all’ufficiale di subire, pur non essendo d’accordo, sarebbe quello del capo dello Stato e delle Forze Armate. Ma Sergio Mattarella ha deciso, almeno per ora, di starsene silenzioso alla finestra per non togliere le castagne dal fuoco al ministro dell’Interno, capace di ricavare dal proprio dissenso gridato ai quattro venti anche vantaggi elettorali, visti gli umori prevalenti nel Paese contro gli immigrati e, giustamente, contro l’Europa indisponibile a farsene carico collettivamente, o disponibile solo a parole.

            Il povero capitano-comandante, disciplinato a tutto, e di temperamento gioviale, si starà forse chiedendo che cosa davvero lo attenderà, o gli spetterà, a chiusura della vicenda surreale finitagli tra i piedi, o le mostrine, dopo avere collezionato tanti elogi da avversari e critici del governo in carica.

Mattarella manda a dire a Conte e a Salvini su migranti a Catania, e dintorni….

            C’è anche il presidente della Repubblica tra gli spettatori, a distanza, dello spettacolo in corso nel porto di Catania, dove si sprecano visite di ogni tipo al pattugliatore della Guardia Costiera da cui il ministro dell’Interno Salvini ha ordinato in diretta facebook al comandante Massimo Kothmeir di non lasciare scendere nessuno dei 133 migranti rimasti a bordo dopo lo sbarco dei 27 minori senza accompagnamento e quello appena ordinato di 17 adulti scoperti in condizioni di salute particolarmente precarie, di cui 11 donne.

            In una vacanza alla Maddalena, in Sardegna, già guastatagli dalla tragedia del crollo del viadotto Morandi a Genova, Sergio Mattarella ha deciso di  rendere pan per focaccia al piano di Salvini di tenere il punto in Sicilia, in Italia, in Europa e nel mondo intero, a spese sue.

           Mattarella si è convinto, non a torto, che il leader leghista si aspetti da lui, come con la stessa nave il mese scorso, ma a Trapani e con un altro carico di migranti, una telefonata di “persuasione”, intesa come ordine, al presidente del Consiglio per fargli disporre lo sbarco. Che consentirebbe un attimo dopo al ministro dell’Interno di rivendicare orgogliosamente il proprio dissenso, ricavare consenso popolare e scaricare l’eventuale impopolarità su Quirinale e Palazzo Chigi. Ma soprattutto sul Quirinale, perché anche i grillini potrebbero cavarsela dicendo che, una volta tanto, e per motivi magari di galateo istituzionale, il loro Conte ha dovuto fare l’esecutore di qualcosa di diverso dal famoso “contratto” di governo gialloverde.

            No. Questa volta, smentendo di fatto tutte le voci, indiscrezioni e quant’altro su chissà quali e quante telefonate già scambiate col presidente del Consiglio per attivarlo di nuovo, Mattarella ha deciso di non dare direttamente consigli e tanto meno ordini, per quanto la Costituzione gli affidi il comando delle Forze Armate, e quindi anche del povero, sfortunato comandante della nave della Guardia Costiera bloccata a Catania. Che è diventato, suo malgrado, il protagonista più stravagante di questa vicenda non più soltanto italiana.

            Con due soli bagni “chimici” a disposizione di più di duecento persone, compreso l’equipaggio, e con le mascherine imposte ai visitatori forse anche per questo, oltre che per numerosi casi di scabbia a bordo, l’ufficiale deve farsi in quattro, come si dice, tra gente che sale e scende dal suo pattugliatore: dal garante dei detenuti, senza virgolette, al deputato, dal senatore al consigliere regionale e allo stesso presidente dell’assemblea regionale siciliana, il forzista Gianfranco Miccichè. Che per protesta, fra l’altro, contro le stesse “mutandine” che le undici migranti bloccate a bordo indossano da più di dieci giorni, come se quelle degli uomini non meritassero la stessa comprensione, ha approfittato del primo microfono  a portata di voce per dare dello “stronzo” al vice presidente del Consiglio Salvini, oltre che ministro dell’Interno.

           disegno capitano.jpg Immagino l’imbarazzo in cui deve essersi sentito il comandante Kothmeir, comunque tanto orgoglioso delle sue operazioni in mare per soccorrere migranti a rischio di annegamento da avere recentemente innalzato a simbolo del suo profilo facebook il disegno, regalatogli per riconoscenza da un’associazione di volontari a Lampedusa, di una barca di disperati sollevata con le mani dall’acqua.

            Breda.jpgMa torniamo a Mattarella e alla sua scelta del silenzio, motivata con un messaggio in bottiglia, diciamo così, affidato al quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda. Che senza l’uso di condizionali e quant’altro adoperati di solito per cautelarsi da smentite o precisazioni, ha avvertito che al punto in cui sono arrivate le cose il capo dello Stato “si aspetta” che a “sbloccare” la situazione sia con decisione e piena autonomia il presidente del Consiglio, cui “compete la direzione politica dell’esecutivo”, cioè del governo. Ma che invece risulta stia pensando, mentre scrivo, solo a come reagire al rifiuto oppostoi sinora da Bruxelles alla richiesta italiana di una distribuzione dei migranti bloccati sulla nave a Catania fra più paesi dell’Unione Europea.

            In un altro passo del messaggio in bottiglia affidato al quirinalista del Corriere Mattarella ha fatto sapere di “non volere consentire a nessuno”, né al presidente del Consiglio né al ministro dell’Interno, né a grillini né a leghisti, di “utilizzare il suo nome”, eseguendone consigli  o ordini in dichiarato dissenso, “per lucrare dividendi elettorali”. E ciò non pensando necessariamente a una crisi e ad elezioni anticipate, vista la indisponibilità annunciata da Salvini a dimettersi, ma bastando e avanzando -ha ricordato in una parentesi Mario Breda- le elezioni della primavera dell’anno prossimo per il rinnovo del Parlamento Europeo: un’occasione buona a misurare la quantità dei consensi e, quindi la consistenza della forza politica degli attori in campo, al governo o all’opposizione.

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