Con la lunga e assai esposta carriera giudiziaria che ha alle spalle, e con gli imputati eccellenti dei quali ha potuto occuparsi, a cominciare naturalmente dal compianto Giulio Andreotti, la cui assoluzione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa egli ha sempre contestato per la prescrizione applicata ai rapporti avuti dal leader democristiano in Sicilia fino al 1980, quando esisteva solo il reato di associazione a delinquere, Gian Carlo Caselli ha ritenuto di dovere scendere in campo per difendere il pubblico ministero di Agrigento Luigi Patronaggio. Che è un magistrato, secondo Caselli, encomiabilmente “protagonista senza protagonismi”, salito a ispezionare la nave militare italiana Diciotti nel porto di Catania, protetto dall’equipaggio e dalla mascherina sanitaria, per accertare di persona le condizioni restrittive in cui si trovavano i migranti soccorsi in mare. E che ha finito per mandare davanti al cosiddetto tribunale dei ministri di Palermo il vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini e il suo capo di Gabinetto per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio.
Il patronaggio, rigorosamente al minuscolo, offerto o prestato da Caselli al Patronaggio altrettanto rigorosamente al maiuscolo mi sembra francamente un po’ al di sotto delle aspettative per un magistrato come l’ex capo della Procura di Palermo. Che ha rispolverato, fra l’altro, contro Salvini e quanti lo difendono la polemica, molto in voga negli anni di Silvio Berlusconi e dei suoi amici al governo, contro la pretesa degli imputati di difendersi “dai” piuttosto che “nei” processi. Ma Salvini ha chiesto esattamente il contrario.
Alla notizia delle indagini condotte a carico dei suoi collaboratori al Viminale il ministro dell’Interno si è assunta la piena responsabilità degli ordini loro impartiti ed ha chiesto di essere interrogato subito. E alla notizia della trasmissione degli atti dalla Procura di Agrigento a quella di Palermo per innescare il procedimento davanti al cosiddetto tribunale dei ministri Salvini ha gridato sì “vergogna” ma ha sollecitato il Senato, dove la pratica dovrà arrivare per la necessaria autorizzazione a procedere eventualmente richiesta dalla Procura palermitana, a concederla perché non deve l’ora non di sottrarsi al processo, ma di affrontarlo. Di che cosa stiamo parlando quindi, caro dottor Caselli? Di quale “crociata antigiudiziaria in corso da 25 anni”, e forse anche di più, visto che Lei ad un certo punto ha citato anche gli attacchi delle brigate rosse alla magistratura.
La materia del contendere mi sembra francamente altra, ben altra. E’ la coincidenza, o sovrapposizione dell’inchiesta giudiziaria con o sulla gestione politica -ripeto, politica- dei soccorsi in mare prestati dal pattugliatore della Guardia Costiera poi ispezionato a Catania dal capo della Procura di Agrigento, dal blocco della nave disposto dal ministro in attesa o nella speranza, infine realizzata, di distribuirne il carico fra più destinazioni, e infine -se permette il dottor Caselli- la congruità delle imputazioni mosse da Luigi Patronaggio.
A questo proposito mi permetto di fare mia l’osservazione di un collega insospettabile, per la sua predisposizione a favore delle Procure, come il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, col quale peraltro Caselli ha frequenti e sempre puntuali rapporti di collaborazione.
Ebbene, pur dando a Salvini del “cazzaro verde” e persino dell’ignorante -secondo me a torto- per avere scambiato per “immunità parlamentare” il passaggio della procedura giudiziaria avviata da Patronaggio attraverso un voto di autorizzazione del Senato, che potrebbe anche negarla nel superiore interesse dello Stato, considerata la natura politica e sempre discrezionale delle decisioni di un ministro, o dello stesso presidente del Consiglio; pur dando, ripeto, del “cazzaro verde” al titolare leghista del Viminale, Travaglio ha fatto presente che le accuse di sequestro di persona e di arresto illegale non possono stare insieme. L’una esclude l’altra. E mi sembra francamente vero e logico. Dell’abuso di ufficio, infine, neppure parlo dopo che un altro insospettabile, l’ex ministro ed ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, parlandone a proposito di una vicenda giudiziaria riguardante il sindaco allora grillino di Parma, lo paragonò al sovraccarico di un camion per il suo conducente.