Di Maio si vaccina dai suoi compagni di partito. E offre un assist a Berlusconi

            Luigi Di Maio si è vaccinato, sia pure a suo modo, dal rischio di essere travolto al governo dalle “idee malsane”- ha detto in una intervista al Corriere della Sera- che circolano nel suo partito contro i vaccini.

            “Da quando sono capo politico del Movimento 5 Stelle, non siamo mai stati contro”, si è vantato il vice presidente del Consiglio scaricando quindi su Beppe Grillo, che lo ha preceduto in quella funzione, la responsabilità dello spazio lasciato alle campagne contro i vaccini.

            Anche in riferimento alle polemiche sviluppatesi sul tentativo della ministra della Sanità, e sua collega di partito, Giulia Grillo di rendere “flessibile” l’obbligo ereditato dal precedente governo di vaccinare i bambini per mandarli a scuola, Di Maio ha cercato di sterzare. “Il nuovo anno scolastico -ha detto- inizierà in regime di decreto Lorenzin”, per cui chi ha cercato di fare il furbo, o la furba, con false autocertificazioni sappia che “rischia fino a due anni di galera”. “Non si gioca con la salute”, ha insistito il vice presidente del Consiglio, pur precisando poi che l’obbligo della vaccinazione dovrà essere rapportato al “rischio di epidemia” valutato dalle competenti autorità sanitarie. Fra le cui pieghe la ministra omonima del Grillo “garante, elevato” e quant’altro del Movimento 5 Stelle ha tuttavia applicato l’aggettivo “flessibile” al dovere immunitario imposto dalla legge.

            Un altro fianco debole dell’azione di governo su cui Grillo ha cercato di intervenire con la sua intervista al Corriere della Sera è quello finanziario, dopo il rischio avvertito più volte dal sottosegretario leghista a Palazzo Chigi,  Giancarlo Giorgetti, di un attacco speculativo ai titoli di Stato italiani a fine agosto, o a settembre, quando si dovrà varare davvero, e non più a parole, la legge di bilancio, ex finanziaria. E verranno al pettine tutti i nodi: sia quelli dei costi delle riforme concordate nel contratto fra grillini e leghisti, sia quelli delle compatibilità con i vincoli dei trattati europei.

           Giannelli.jpg Su questo versante, a dire la verità, Di Maio è stato più apodittico che concreto, per cui si è un po’ meritata, sulla prima pagina dello stesso Corriere della Sera, la vignetta di Emilio Giannelli che scherza sui rapporti fra il presidente del Consiglio Conte, i suoi due vice presidenti e il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che è un po’ l’incubo degli altri tre.

           E’ proprio Tria, sostenuto dalla fiducia del presidente della Repubblica, che detiene davvero le chiavi della sorte del governo, fra le prospettive di una crisi o di una prosecuzione almeno sino alle elezioni europee della primavera prossima, se non per tutti i cinque anni della legislatura sperati da Di Maio scommettendo sulla tenuta dell’asse col suo omologo leghista. “Salvini e io ci capiamo al volo e medieremo tra di noi”, ha assicurato il vice presidente grillino del Consiglio, incoraggiato anche dal fatto che “sono a un punto critico i rapporti tra i sedicenti alleati” del centrodestra, cioè fra lo stesso Salvini e Silvio Berlusconi.

            Anche a costo, tuttavia, di incrinare la fiducia appena espressa sulla tenuta dell’asse con Salvini, e quindi con la Lega, Di Maio ha liquidato con una certa insofferenza come “speranze delle opposizioni” i timori del sottosegretario Giorgetti sull’imminente attacco degli speculatori finanziari ai titoli di Stato italiani. Ed ha avvertito agenzie di rating, cancellerie e quant’altro che “noi non siamo ricattabili”, come sarebbe stato invece nell’estate del 2011 l’ultimo governo di Silvio Berlusconi. Che, quindi, sarebbe caduto non per la debolezza dei conti italiani, non per il livello altissimo del debito, non per le impennate dello spread, e neppure per i guai giudiziari dell’allora presidente del Consiglio, ma per la paura del Cavaliere di compromettere le sorti delle sue aziende resistendo ad oltranza a Palazzo Chigi. Cioè per un conflitto d’interessi alla rovescia.

            Questa potrebbe anche essere una spiegazione degli eventi di sette anni fa apprezzata da Berlusconi, già vantatosi di “patriottismo” cedendo il passo a Mario Monte, ma restio forse  a ringraziare adesso Di Maio dalla cabina di regia dell’opposizione parlamentare e mediatica di Forza Italia al governo in carica.

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