

In pendenza di negoziati ma anche di ogni sorta di preparativi di resistenza degli ucraini ai russi decisi a divorarseli secondo le peggiori tradizioni sovietiche, quel furbacchione del mio carissimo amico Paolo Mieli con finta ingenuità o scetticismo si è chiesto sul Corriere della Sera, un pò da giornalista e un pò da storico, “quando è stato che Zelensky ha incautamente lanciato il guanto di sfida all’autocrate di Mosca”. “Che giorno, che mese, che anno?” ha insistito l’editorialista ed ex direttore del più diffuso giornale italiano.

Non più tardi del 2009, appena eletto presidente degli Stati Uniti, “Obama -ha raccontato Mieli con la sua solita precisione- volle verificare con l’allora segretario generale della Nato, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, lo stato della “pratica Ucraina e Georgia” (25 marzo)”, praticamente aspiranti all’adesione all’Alleanza Atlantica, dove sono confluite ben 15 Repubbliche ex sovietiche. “Pur senza citarle esplicitamente, Obama disse che le cose -ha raccontato ancora Mieli- sarebbero andate avanti stando attenti a non urtare la suscettibilità russa. Nel luglio di quello stesso anno (2009) Obama si recò a Mosca, incontrò Putin e furono rose e fiori. Poi venne il 2014 con piazza Maldan”, la più centrale di Kiev, “la “rivoluzione arancione” a cui si accompagnò l’annessione russa della Crimea. Le cose si complicarono. Da quel momento la questione Ucraina-Nato è rimasta lì, sospesa. Niente è accaduto che possa giustificare l’apertura di una crisi di queste proporzioni”.


Eh no, caro il mio Paolo. Il 20 maggio di cinque anni dopo, 2019, il comico ucraino Volodymir Oleksamdroviyc Zalens’kyi, col quale mi scuso se gli ho involontariamente storpiato i nomi, replicò in qualche modo nel suo paese, superandolo alla grande, il più anziano o meno giovane collega italiano Beppe Grillo, diventato l’anno prima da noi il leader del partito più rappresentato in Parlamento. Zelensky fu addirittura eletto presidente dell’Ucraina con più del 70 per cento dei voti e maneggiò con la solita irruenza dei comici quella specie di bomba atomica che, nella situazione geopolitica dove si muoveva, diversa -per fortuna di Grillo- da quella italiana, era il progetto di adesione alla Nato. I grillini invece volevano uscirne.
Ecco, caro il mio Paolo, che cosa può accadere quando la politica finisce nelle mani o fra i piedi, e non so cos’altro, di un comico. E si preferisce prendersela, come ha fatto appunto Mieli, col politico di professione Enrico Letta, segretario del Pd, che si è lasciato recentemente scappare in una intervista alla Stampa che l’Ucraina avrebbe dovuto già entrare da tempo nella Nato, all’ombra della quale si sarebbe probabilmente risparmiata ciò che le sta accadendo perché Putin sarebbe morto d’indigestione sanguigna, come un Dracula imperiale,


A proposito del segretario del Pd, tuttavia, diversamente da mio amico Mieli, ripeto, io non gli rimpvererei tanto il pur incauto ranmarico per il troppo tempo perduto per sbrigare la “pratica” dell’Ucraina nella Nato. Gli rimprovererei piuttosto il troppo tempo che sta continuando a perdere inseguendo come alleati di governo, in una “compagnia larga”, i grillini. Dei quali diffido molto che si possa dire, in caso di difficoltà, quello che Repubblica ha scritto oggi di Zelensky, sinora rifiutatosi di fuggire dal suo paese su qualche aereo o elicottero di fortuna: “un guerriero per caso”. Guerriero chi? Uno come Grillo che si lanciò fuori da un’auto per non morire con gli ospiti che aveva a bordo nella sua spericolata gita in montagna? O Giuseppe Conte? Che da “avvocato del popolo” -ricordate?- avrebbe ben potuto fare il vice presidente del partito di Zelensky chiamato “Servitore del Popolo”. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse invece da piangere.
C’è stata sì la provocazione a Putin,e tuttora anche gli occidentali continuano a comportarsi in maniera pericolosa …
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*sono d’accordo. La comicità ha tuttavia complicato le cose, cara Maria.* *Francesco Damato* *www.graffidamato.com *
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