Ben tornato a Giuliano Ferrara dopo la pausa impostagli da un infarto superato come solo lui avrebbe potuto e voluto, con quell’ostinazione di vivere, combattere e pensare che lo contraddistingue. E di cui hanno fatto le spese in tanti, fra televisione e carta stampata, compreso il sottoscritto in un’occasione ormai lontana. Che fu da lui stesso sanata assai signorilmente, a dispetto della frequente irruenza, con una collaborazione al suo Foglio di cui serbo un buon ricordo, dopo l’esperienza della direzione del Giorno che era stata l’occasione del nostro scontro

Giuliano, col quale ho peraltro scoperto di avere condiviso, sia pure in anni diversi, avendo lui tredici anni meno di me, la frequentazione del liceo classico del Convitto Nazionale di Roma, ha ripreso a scrivere con la sua inconfondibile “firma” dell’elefantino rosso occupandosi della crisi internazionale che occupa le prime pagine dei giornali: tra le minacce di Putin di invadere l’Ucraina, anche a costo di danneggiarsi, e la solita debolezza dell’Europa “di nuovo in ballo sull’abisso”.
La precedenza data da Giuliano ai temi internazionali è stata forse dettata da motivi di sicurezza che né la moglie, né il fratello, né gli amici, né i medici hanno avuto bisogno -credo- di segnalargli o consigliargli. A rioccuparsi subito della politica interna italiana, dei partiti che l’affollano, dei leader, leaderini e comparse che vi salgono e ne scendono come da una giostra, peraltro all’indomani della mancata elezione di Mario Draghi al Quirinale, da lui fortemente sostenuta già dall’estate scorsa, Giulianone avrebbe rischiato di rimettere a troppo dura prova il suo cuore appena riparato a dovere. Ma, statene certi, questa coda di pausa, diciamo così, durerà poco. E guai a chi gli capiterà sotto.
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