Gorgia Meloni incrocia le dita ed Enrico Letta i piedi in attesa del voto

In attesa ormai solo dei risultati delle elezioni di domani, nel silenzio finalmente caduto nelle piazze e nei salotti televisivi che ne sono stati un pò le succursali in una estate singolarissima, Giorgia Meloni incrocia le dita ed Enrico Letta i piedi. 

Silvio Berlusconi

La Meloni sente davvero a portata di mano la vittoria, liberata da altri rischi di gaffe di quello che -pensate un pò- si era offerto in Italia e all’estero come garante dell’europeismo, atlantismo, antiputinismo e quant’altro del suo centrodestra a trazione femminile. Lui, arrivato a sostenere, anzi a rivelare come in uno scoop che il suo amico di Mosca non voleva poi fare del male all’Ucraina invadendola a febbraio. Voleva solo sostituire Zelensky e i ministri di Kiev con “persone per bene”. Tutti a chiedersi, sgomenti, a destra e a sinistra, a ovest e ad est di Arcore, perché mai il Cavaliere non abbia più amici in grado di dargli buoni consigli. Nessuno che si ricordi dell’abitudine di Berlusconi di circondarsi più di cortigiani che di amici veri. 

Con quell’uscita francamente incredibile sulle “persone per bene” con le quali si poteva o doveva sostituire il governo ucraino nell’operazione di “denazificazione” proclamata a Mosca viene quasi la voglia di dire che per fortuna il centrodestra, sfumata anche la trazione leghista, è finito nelle mani della Meloni.

E i piedi di Enrico Letta? Sono quelli che, a leggere certe cronache del comizio di chiusura nella piazza romana del Popolo, già traballavano sul palco agli occhi degli amici di partito pronti a sfilargli la segreteria, come nel 2014 gli avevano sfilato, o avevano permesso a Matteo Renzi di sfilargli Palazzo Chigi. Magari, questa volta gli concederanno l’onore -o disonore, secondo le preferenze- di un congresso, ordinario a marzo o anticipato di qualche mese, nella previsione assai diffusa di una sconfitta in quella che poi è stata una corsa non alla vittoria, pur invocata a parole, ma ad un contenuto insuccesso.

Nicola Zingaretti

Per essere sincero, tuttavia, il segretario del Pd non mi sembra quel mezzo o intero deficiente rappresentato da critici ed avversari. Egli paga gli effetti, prima ancora dei suoi errori, dell’eredità lasciatagli da Nicola Zingaretti, fuggendo praticamente dal Nazareno, con l’inopinata promozione di Giuseppe Conte al “punto più alto di riferimento dei progressisti”. Al quale giustamente, anche a costo di compromettere la cosiddetta competitività col centrodestra  di Giorgia Meloni,     lui non ha voluto perdonare la rottura con Mario Draghi. Nè ha voluto mettersi pavidamente in fila per riagganciare il professore, avvocato eccetera eccetera dopo le elezioni, dalle quali sembra che, riesumando al Sud la buonanima di Achille Lauro,  il presidente pentastellato stia uscendo un pò meglio di quando vi è entrato con la spinta verso lo scioglimento anticipato delle Camere. Non gli sono tremati né polsi né palpebre all’annuncio della indisponibilità di Conte a riprendere rapporti col Pd prima che i vari Goffredo Bettini, Andrea Orlando, forse persino Dario Franceschini non ne cambino “il gruppo dirigente”, come se costoro peraltro non ne avessero o non ne facessero parte.

Mario Draghi a New York
Il banchetto di Conte nel 2021

Ospite abbastanza tranquillo ieri sera di Enrico Mentana,, seduto sulla sua poltroncina non come su un trespolo, Letta ha voluto difendere Draghi dagli assalti e dai disprezzi di Conte, che non ne ha mai digerito l’arrivo a Palazzo Chigi, al suo posto. Egli aveva fatto solo finta di esservisi rassegnato improvvisando quel banco in piazza, fra lo stesso Palazzo Chigi e Montecitorio, per un gesto di disponibilità a sostenerne il governo anomalo, da salute pubblica, chiesto dal presidente della Repubblica nella impossibilità, in quel momento, di sciogliere le Camere con una pandemia ancora virulenta. Di Draghi -ha ammonito Enrico Letta, come aveva fatto qualche giorno prima il vecchio Henry Kissinger parlandone a New York a livello internazionale- è prematuro pensare che sia davvero un uomo uscito di scena. 

Ripreso da http://www.startmg.it e http://www.policymakermag.it

Persino Matteo Renzi si affaccia alla via giudiziaria alla politica….

Dal Foglio di ieri
Titolo del Dubbio

Immagino il godimento procurato a Matteo Renzi dalla monografia del “camaleontico” Giuseppe Conte scritta a nove mani, fra autori e coordinatori, per la Repubblica di ieri e quella più solitaria ma ugualmente urticante di Giuliano Ferrara sul Foglio. Che però si è tolta alla fine –in cauda venenum, come dicevano nell’antica Roma- la soddisfazione di ricordare al suo ex “royal baby” dei primi tempi declinanti di Silvio Berlusconi la permanente insidia anche per i “liberalriformisti” del cosiddetto terzo polo costituita dall’ultima versione molto di sinistra del presidente del MoVimento 5 Stelle. “L’uomo di Volturara Appula, ridente paesino dell’Italia autentica”, ha chiosato il fondatore del Foglio trattenendo per sé il segreto addirittura di Google su quella terra pugliese una volta infestata di avvoltoi. 

Giuseppe Conte

Più contesti o deprezzi Conte più fai felice Renzi, che non si lascia scappare occasione per vantarsi di averlo salvato nel 2019 da un turno anticipato di elezioni reclamato da Matteo Salvini sulle spiagge della Romagna per ottenere i famosi e imprudenti “pieni poteri”, ma di averlo poi disarcionato da Palazzo Ghigi per farvi arrivare il per niente stanco e abulico Mario Draghi immaginato, descritto e quant’altro dagli estimatori del professore e “avvocato d’affari”, si diceva prima ch’egli stesso si scoprisse “avvocato del popolo”. Ora addirittura delle plebi, soprattutto meridionali. 

L’ultimo libro di Renzi

Spavaldo sino alla provocazione, più ancora dello stesso Conte, tanto da compiacersi nell’ultimo libro ancora fresco di stampa dell’antipatico o del “mostro” che gli danno gli avversari, Matteo Renzi ha in qualche modo concluso la sua campagna elettorale annunciando di avere querelato per diffamazione il Camaleonte, che lo aveva appena sfidato a comiziare al Sud, “senza scorta”, contro il cosiddetto reddito…grillino di cittadinanza: una fortuna simile alle scarpe e agli spaghetti della buonanima di Achille Lauro. Ah, Renzi, Renzi. Pure tu scommetti sulla via giudiziaria alla politica….

Pubblicato sul Dubbio

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