Se bastasse un sorriso alla sinistra per sognare una rivincita chissà quando….

Francesco Piccolo
Dalla prima pagina di Repubblica

Neppure piccolo di fatto sembra possibile quel “sorriso” che Francesco Piccolo, con la maiuscola del suo cognome, in un articolo forse troppo ingenuo su Repubblica ha esortato la sinistra a opporre fiduciosamente alla sua sconfitta elettorale, storica secondo alcuni ma per niente secondo altri come Francesco Boccia, del Pd. Che, orgoglioso dell’alleanza  con i grillini sopravvissuta nella sua Puglia governata spavaldamente da Michele Emiliano, preferisce considerare l’accaduto un incidente: una sconfitta e basta, come tante che si possono subire in politica per circostanze sfortunate o errori riparabili. Fra i quali andrebbe  annoverato anche quello compiuto dal segretario piddino Enrico Letta di non perdonare a Giuseppe Conte, e a quel che è rimasto del MoVimento 5 Stelle, di non avere neppure sfiduciato ma solo negato l’ultimo voto di fiducia a Mario Draghi nel tratto conclusivo della ormai scorsa legislatura. 

Vignetta della Stampa
Vignetta del Corriere della Sera

Tra un Letta finito come una tigre scuoiata sotto la scrivania del Nazareno nella vignetta di Emilio Giannelli sul Corriere della Sera, e un’Italia immaginariamente di sinistra che, secondo Sergio Stajno sulla Stampa non sa se essere   “orgogliosa” o “incazzata” per la donna in arrivo per la prima volta alla guida di un governo classificabile come il più a destra nella storia nazionale dopo quello di Benito Mussolini, ci sarebbe in realtà ben poco da ridere, o solo da sorridere. O da riconoscersi in quella fotografia festante d’archivio del Pd scelta nella redazione culturale di Repubblica per corredare “le idee” di Piccolo. Che con semplicità persino imbarazzante, in una versione aggiornata della vecchia protesta di Luca Ricolfi contro una sinistra a vocazione “antipatica”, ha esortato la sua parte politica a diventare “popolare” dopo tanta indigestione di “populismo”. Che è stata fatta inseguendo gli alleati di turno: ultimi proprio i grillini del Parlamento tagliato e della povertà sconfitta in una notte d’estate a Palazzo Chigi -ricordate?- giocando sui decimali di uno sforamento dei parametri europei di bilancio e  su un reddito di cittadinanza a toccare il quale si rischierebbe -ha appena avvertito Conte col dietino alzato in una conferenza stampa a Montecitorio- una incontenibile guerra civile. 

Ad una sinistra “responsabile da sempre”, con convinzione quasi togliattiana, per tornare a sorridere e a vincere basterebbe, secondo Piccolo, una miscela fatta di “un pò di leggerezza e di idee grandi”. Una parola, verrebbe da dire assistendo al sostanziale avvio del dibattito congressuale nel Pd avvenuto con l’annuncio delle dimissioni del segretario e della indisponibilità a ricandidarsi per non compromettere -è sembrato di capire- la ripresa dei rapporti con un partito, quello delle 5 Stelle, che dalle urne è uscito gareggiando nelle perdite con la Lega di Matteo Salvini: il primo alleato dei grillini e di Conte- non dimentichiamo neppure questo- nella legislatura scorsa. 

Lettera di Umberto Ranieri al Foglio di ieri
Umberto Ranieri

Ho sentito sollevarsi nel Pd contro tanta rassegnazione alla resa, piuttosto che al sorriso, solo la voce, a Napoli, di Umberto Ranieri: un migliorista della scuola comunista del vecchio Giorgio Napolitano. Era stato anche l’unico, nell’aula di Montecitorio negli anni Ottanta, quando Bettino Craxi diventò presidente del Consiglio, a chiedere ai compagni che gli sedevano accanto perché mai un socialista non dovesse essere considerato di sinistra. E sorridergli, piuttosto che sognarlo forse già allora in galera. 

Il ritorno di Conte all’Opa di Beppe Grillo sul Pd, nel 2009

Dal Fatto Quotidiano di ieri
Dal Fatto Quotidiano di ieri

In quell’Enrico Letta che “si ritira” e Giuseppe Conte che “si allarga” nella titolazione del Fatto Quotidiano sugli effetti dei risultati elettorali, evidentemente considerati più importanti sul fronte dell’opposizione che del governo di centrodestra, c’è tutto il paradosso della situazione politica. Che sembra tornata improvvisamente indietro di 13 anni, quando Beppe Grillo d’estate tentò d’infilarsi nel Pd iscrivendosi alla sezione sarda di Arzachena per scalare addirittura la segreteria abbandonata da un Walter Veltroni troppo assediato dalle solite correnti. 

Titolo del Dubbio

Il Pd, retto allora da Dario Franceschini in attesa di un congresso che sarebbe stato vinto da Pier Luigi Bersani, respinse con forza il comico genovese. Che reagì improvvisando il suo MoVimento 5 Stelle, portandolo in Parlamento già quattro anni dopo, umiliando  Bersani nel tentativo di formare con l’aiuto dei grillini un governo “di minoranza e combattimento” e infine vincendo le elezioni successive, nel 2018. 

Sembra incredibile, ma la storia in qualche modo si ripete con la sostanziale opa appena lanciata da Conte sul Pd reclamando le dimissioni di Enrico Letta, ottenendole e mettendosi a capo di un’opposizione “non dura ma durissima”, in attesa di giudicare il “nuovo gruppo dirigente” del Nazareno e di decidere -praticamente- se condizionarlo dall’esterno o vaporizzarlo. E tutto questo, sempre da parte di Conte, con Grillo stordito che certamente non lo considerava capace di tanto, alla testa di un movimento uscito dalle urne più che dimezzato rispetto alle elezioni precedenti., avendo perso per strada quasi sei milioni di voti. E un Pd che, per quanto malmesso, per carità, si è piazzato meglio dei pentastellati.

Bettini al Fatto Quotidiano
Gofredo Bettini

L’ìmpareggiabile Goffredo Bettini, che  dall’interno del Pd, aveva già promosso Conte l’anno scorso a “punto di riferimento altissimo” dei progressisti, ha avvertito in una intervista, naturalmente al Fatto Quotidiano, “gruppi editoriali e salotti” a non pretendere di scegliere loro il novo segretario. Potrebbe  forse bastare e avanzare lo stesso Conte.

Pubblicato sul Dubbio

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Blog su WordPress.com.

Su ↑