Brividi ad Arcore per la nube del sondaggio che dà Berlusconi sorpassabile anche da Calenda

Il sondaggio appena condotto per Otto e mezzo

  Pare dunque che ad Arcore e dintorni, più ancora di quella grande nube nera levatasi sulla Lombardia per un incendio, vista d’altronde da quelle parti più in televisione che ad occhio nudo perché fortunatamente distante, abbia creato un certo panico un sondaggio elettorale di Demopolis condotto per il salotto televisivo di Lilli Gruber, su la 7. Un sondaggio peraltro che rischia di essere ricordato più a lungo del solito perché da dopodomani- 10 settembre- non se ne potranno pubblicare altri, troppo vicini al 25, il giorno del voto. 

Augusto Minzolini sul Giornale

E’ valsa poco la consolazione della distanza ormai incolmabile fra il centrodestra e la coalizione rimasta nelle mani di Enrico Letta. Una consolazione modesta rispetto alle dimensioni, all’interno del centrodestra, della crescita di Giorgia Meloni. Che con quel 25 per cento non solo e non tanto ha sorpassato ulteriormente all’esterno il Pd, ma all’interno  ha superato di parecchio la somma dei voti della Lega e di Forza Italia. E’ una circostanza che delude un pò la principale aspettativa berlusconiana emersa dagli editoriali del Giornale di famiglia del Cavaliere. Nell’ultimo dei quali, oggi, si legge  ancora che “la scelta è tra chi tra i partiti del centrodestra vuole che il profilo del futuro governo abbia l’imprinting della destra, populista o sovranista poco importa, e chi invece preferisce che il proprio voto garantisca un esecutivo più attento all’Europa o ai valori liberali”. “Da qui non si scappa”, ha avvertito il direttore Augusto Minzolini.  

Berlusconi collegato a Porta a Porta

Ebbene, Forza Italia è lontana non solo dal 20 per cento sognato da Silvio Berlusconi- che in un collegamento televisivo con Bruno Vespa se n’è quasi scusato dicendo di averla sparata così grossa per motivare i suoi- ma anche dall’obiettivo più modesto e realistico di un risultato genericamente a due cifre. Il partito del Cavaliere è dannatamente sotto il 7 per cento, sia pure di uno starnuto per ora, accreditato al cosiddetto terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Che è nato dichiaratamente per togliere voti, da posizioni di centro, sia al Pd sia, appunto, a Forza Italia. E pare che stia riuscendo a farlo ai danni più dell’una che dell’altro. 

Gelmini e Carfagna con Calenda

Un aiuto su questa strada a Calenda e a Renzi è dato naturalmente dalle ministre ex forziste Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, in ordine rigorosamente alfabetico,  candidatesi nel terzo polo dopo il contributo dato a sorpresa anche da Berlusconi, e non solo da Salvini, ad un assottigliamento tale della maggioranza uscente di questa legislatura da avere spinto alle dimissioni Mario Draghi. Che peraltro -non dimentichiamo- era stato contrastato personalmente da Berlusconi come candidato al Quirinale perché insostituibile a Palazzo Chigi. 

Mario Draghi

Non si è rivelato proprio un capolavoro di coerenza di fronte a quel che sarebbe poi accaduto, per quanto Berlusconi si difenda sostenendo che, se lo avesse voluto davvero, Draghi avrebbe potuto restare al suo posto dopo la fiducia negatagli dai grillini scaricandoli e cambiando maggioranza. Ma Draghi -va detto anche questo- può difendersi a sua volta  dicendo che la disponibilità del Pd, oltre che sua personale, ad una simile operazione non era certa. Di certa invece è rimasta sul tavolo la fiducia a Draghi negata anche dal partito di Berlusconi, e da quello di Salvini, dopo il disimpegno grillino. 

Della Carfagna e della Gelmini -per non parlare di Renato Brunetta, ritiratosi proprio dalla politica- Berlusconi ha ritenuto di liquidare il dissenso facendone denunciare il “tradimento” dalla solita corte, di donne ma anche di uomini, alla quale lui permette di liquidare i rapporti politici col criterio dei favori, premi eccetera ricevuti e dati. Almeno la buonanima di Palmiro Togliatti nel Pci si avvolgeva nella bandiera non personale dell’ideologia per liquidare i dissidenti come “pidocchi nella criniera del cavallo”. Con Berlusconi invece tutto su riduce alla fine sul piano personale. Peccato, anche per lui.  

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Se la crisi d’identità della politica finisce in una mostra d’arte

Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo

Dichiaratamente e orgogliosamente ispirato al Quarto Stato, il celebre capolavoro di Giuseppe Pellizza da Volpedo, ammirando il quale sono cresciute generazioni di socialisti inconsapevoli che ad un certo punto della storia d’Italia e della sua sinistra essi sarebbero diventati, o sarebbero stati trattati come intrusi, Bruno Pellegrino ha finito per tradurre a sua insaputa -ma non so fino a che punto- in una proiezione della campagna elettorale in corso una mostra di maschere da lui dipinte su ferro. Che lo stesso ex senatore del Psi degli anni di Bettino Craxi ha  rivelato di usare come “un materiale molto più docile di quanto non si possa immaginare”. “Io -ha spiegato- lo taglio con il plasma e lo dipingo come fosse una tela”. 

Bruno Pellegrino

Sempre Bruno, il mio amico Bruno, assorto e felice nella sua fuga ormai da una politica nella quale c’è davvero poco in cui si possa riconoscere. al pari di molti altri, a cominciare dal sottoscritto, ha dichiarato di essersi “impegnato a trasformare volti anonimi in individui con la loro personalità, che possono comunque essere individuati come massa critica, ma sviluppano le loro identità con le loro storie, che camminano, e i loro mondi che si incrociano, e le loro culture che si contaminano, dando a ciascuno di loro un’anima, puntando sul colore in modo impressionistico per trasmettere emozioni”. 

Pagatogli tuttavia questo contributo di cronaca, Bruno mi perdonerà la libertà di visione, lettura, interpretazione e quant’altro che mi sono presa collegando le sue maschere un pò agli spettatori e un pò anche agli attori della primizia politica che è stata ed è ancora la campagna elettorale estiva di questo bizzarro  2022. 

Giovanna Melandri

Nel Corner del Maxxi -il museo nazionale delle arti del XXI secolo, che ospita la mostra di Pellegrino intitolata Personae- di fronte alle 63 sculture bidimensionali, e alle 6 grandi maschere allineate poco prima, mi sono sentito come ad uno spettacolo forse ancor più politico che artistico. E mi ha un pò consolato, come se avessi trovato una sponda emotiva,  un’opinione espressa dalla sempre bella Giovanna Melandri, presidente del museo. “Sono persone con la loro spirituale individualità -ha detto l’ex ministra della cultura parlando delle maschere di Bruno- che possono diventare anche terreno per una nuova politica”. Nuova, appunto, come in tanti la cercano, l’aspettano, la reclamano delusi da quella attuale o prevalente, che abbonda più di parole che di idee, di luoghi comuni più che di proposte innovative, di insolenze più che di rispetto, di paure più che di fiducie. 

Sbaglierò, per carità, essendo forse fra quelli che invecchiando peggiorano anziché migliorare come il buon vino. Ma non è forse un caso che visitando la mostra fra i primi, poco dopo l’inaugurazione, mi sono ritrovato con persone che ritengo -per come le conosco  o ne ho interpretato più o meno recenti sortite o silenzi- ugualmente deluse dalla politica di questi tempi, di questi protagonisti, di questi attori. Persone di varie provenienze o culture -messe in ordine rigorosamente alfabetico dopo averle viste- come Pierluigi Battista, Luigi Compagna, Anna Finocchiaro e Marco Follini.  Con i quali mi scuso in anticipo se mai non dovessero gradire questa citazione. 

Ho l’impressione che il 25 settembre in cabina elettorale mi torneranno alla mente le maschere di Bruno, che rimarranno esposte al Maxxi sino a oggi 8 settembre. Chissà se mi aiuteranno a scegliere meglio. Ma di certo voterò, considerando l’astensionismo l’altra faccia dell’evasione fiscale. 

Pubblicato sul Dubbio

Blog su WordPress.com.

Su ↑