Il compleanno di Berlusconi disturbato da notizie forse più di cortile che di corte

Dalla prima pagina della Stampa

 Anche se scritta e firmata a quattro mani da giornalisti solitamente ben informati come Ilario Lombardo e Francesco Oliva, con tanto di richiamo premiale in prima pagina sulla Stampa, mi sembra francamente più da cortile che da corte la notizia della “grana” scoppiata in Forza Italia. Dove Silvio Berlusconi, tra i festeggiamenti del suo ottantaseiesimo compleanno, avrebbe deciso di “gelare” il suo vice Antonio Tajani sulla strada delle trattative con Giorgia Meloni per la formazione del nuovo governo. 

Antonio Tajani

“Adesso tratto io”, sarebbe sbottato l’ex presidente del Consiglio raccogliendo proteste, malumori e altro di amici e collaboratori per il troppo spazio che l’ex presidente del Parlamento europeo si sarebbe preso, essendo peraltro direttamente interessato alla partecipazione al governo, pur se si è scritto di lui sui giornali anche come presidente della nuova Camera per i suoi trascorsi fortunati a Strasburgo. Sempre che la candidata a Palazzo Chigi non si imponga nel centrodestra con la tentazione di destinare per ragioni di galateo istituzionale e opportunità politica il vertice di Montecitorio all’opposizione: più in particolare al Pd, dove da una vita -si fa per dire- smania di arrivare Dario Franceschini, arrivatovi ad un palmo nel 2013, quando all’ultimo momento l’allora segretario del partito Pier Luigi Bersani gli preferì l’alleata di sinistra Laura Boldrini. 

I malumori, sospetti, sgambetti e simili non  mancano mai attorno ai leader, specie quando si è in un partito in difficoltà. E Forza Italia lo è, al di là delle smentite, perché perché è diventata elettoralmente l’ultima delle tre formazioni che più visibilmente la compongono. Solo centomila voti ormai la separano, all’esterno del centrodestra, dalla concorrenza del cosiddetto terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, dove sono state appena rielette le ministre ex berlusconiane Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini: le “traditrici”, “ingrate” e quant’altro, come gridato ad Arcore e dintorni all’annuncio del loro abbandono per protesta contro la fiducia appena negata al Senato al governo di Mario Draghi, insieme con i leghisti e i grillini di Giuseppe Conte. 

Dalla prima pagina del Corriere della Sera

La rappresentazione d’un Tajani allargato anche sul piano politico, oltre che ingrassato, stride obiettivamente col racconto da lui stesso appena fatto al Corriere della Sera degli incontri e colloqui telefonici con Giorgia Meloni. Di sé e delle sue ambizioni egli ha testualmente detto, anche a costo di un pò troppa retorica:. “Posso fare qualsiasi cosa. Ho fatto tutto nella vita. Farò quello che è utile, nell’interesse del Paese. E con la Meloni volutamente non ho fatto nomi. I nomi li farà Berlusconi alla fine”. 

Tajani al Corriere della Sera

”Di sicuro questo governo”, ha concluso  Tajani, come se davvero lo stesse vedendo nascere, “non cambierà politica estera. Resteranno strategiche le relazioni con Washington, Bruxelles e la Nato”. E sarà Berlusconi a concordare evidentemente con la Meloni i nomi da proporre al presidente della Repubblica per i Ministeri soprattutto degli Esteri e della Difesa. 

Rpreso da http://www.policymakermag.it

Ben tornato a Umberto Bossi in Parlamento, per carità, ma non da santo

Titolo del Dubbio

Meno male. Il recupero elettorale di Umberto Bossi ci ha risparmiato la telenovela  già intonata dall’immaginifico Matteo Salvini di un laticlavio riparatore di una esclusione  del fondatore della Lega Nord dopo 35 anni di presenza in Parlamento. Sarebbe stato davvero troppo, pur con tutto il rispetto, la comprensione umana, la solidarietà che merita, per carità, quello che a cavallo tra la prima e la seconda Repubblica fu scambiato un pò troppo generosamente per il profeta di un’altra Italia. Che -si disse anche questo- avrebbe potuto mettere a ferro e a fuoco ma si accontentò solo di insozzare di vernice nera i ponti autostradali del Nord per inneggiare alla forza potenzialmente risolutrice dell’Etna al Sud.

L’impatto con quella specie di barbaro  che mi apparve il senatur fu per me traumatico nella civilissima Milano, dove ero appena arrivato per dirigere Il Giorno e mi vidi denunciato da lui per diffamazione e associazione a delinquere avendone scritto criticamente, nello stesso numero, con altre firme del quotidiano allora dell’Eni. Alla richiesta di archiviazione avanzata da un pubblico ministero di origini meridionali come le mie seguì una distesa di manifesti a sfondo sostanzialmente razzista affissi per la città. 

L’orrore della Lega di Bossi

A Silvio Berlusconi, col quale me ne  ero lamentato sapendolo incuriosito del personaggio, ma anche a Cesare Romiti, l’amministratore delegato della Fiat che aveva appena dichiarato la tentazione di votare Lega se solo avesse potuto farlo senza la residenza anagrafica lontana dai territori del Carroccio, la cosa non era apparsa di particolare gravità. In fondo -mi si disse- era solo e tutta politica: un’escrescenza destinata a sgonfiarsi col  nuovo che ormai avanzava e avrebbe cambiato l’Italia. Mi feci il segno della croce. Ne è passata di acqua sotto i ponti, non solo del Po. Ne ho viste di passioni sfumare, di speranze svanire, di rabbie sbollire, di vite spegnersi nel suicidio, di sogni infrangere in Parlamento e fuori. Ma lui rimarrà al suo posto, per fortuna soltanto eletto, non santificato.  

Pubblicato sul Dubbio

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