Tutti i miracoli, ma a rovescio, di Putin e dei suoi protettori anche in Italia

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano

Questo Putin da quando ha smesso di distrarsi con la pesca, la caccia, la palestra, le telefonate a o dall’amico italiano Silvio, riuscito dal canto suo a farlo giocare a casa col cane di famiglia, e si è messo a fare solo il capo del Cremlino, si sta rivelando l’uomo dei miracoli, invidiato anche dal Patriarca di Mosca. Ma dei miracoli a rovescio, contro se stesso e il popolo che lo ha eletto, è vero, come ha ricordato oggi Marco Travaglio sul suo giornale contestando a Mario Draghi di stare a Palazzo Chigi senza essere stato votato da nessuno. E questo nessuno, come l’omonimo dell’Odissea, sarebbe addrittura il Parlamento, che ha accordato a Draghi la fiducia ogni volta che gli è stata chiesta. E lo ha autorizzato “quasi all’unanimità”, come il presidente del Consiglio ricorda continuamente ai suoi critici, di aiutare anche militarmente l’Ucraina invasa e aggredita dalle truppe russe. 

In particolare, questo campione della democrazia -anch’essa però al rovescio perché chi dissente o usa solo parole diverse da quelle autorizzate da Putin in tema e in tempo di guerra finisce in galera- voleva allontanare i vicini dall’odiata Nato e li ha invece avvicinati, come dimostra la rapidità con la quale vi stanno aderendo, per esempio, i paesi baltici di una certa tradizione neutralistica. Voleva uccidere il presidente ucraino Zelensky o tradurlo in catene a Mosca come trofeo nella festa della vittoria sui nazisti il 9 maggio prossimo e ne ha fatto invece un leader mondiale, addirittura il campione della Resistenza, con la maiuscola riservata in Italia a quella dei partigiani del biennio 1943-45. Voleva impossessarsi, se non di tutto almeno di alcune parti importanti e preziose del Paese confinante e le sta distruggendo. Persino le Chiese vengono scoperchiate da quest’uomo dei miracoli a rovescio benedetto e invidiato, ripeto, dal Patriarca di Mosca. 

Eppure, di quest’uomo assai singolare, disponendo di un buon arsenale di armi  nucleari, comprese quelle cedutegli dagli ucraini dopo la fine dell’Unione Sovietica col consenso  di un Occidente sprovveduto; di quest’uomo assai singolare, dicevo, sono protettori paesi e partiti, anche in Italia, che hanno deciso di aiutare l’Ucraina a difendersi. A difendersi -dicono costoro, compreso il maggiore partito ancora della coalizione di governo da noi, cioè il MoVimento 5 Stelle presieduto da Conte- ma non a vincere sconfiggendo e ricacciando l’invasore. Bel modo di difendersi e di aiutare a difendersi, scommettendo solo sulla rinuncia di un avversario che non ha alcuna intenzione di fermarsi, anzi intensifica quotidianamente i suoi attacchi solo correggendo o aggiornando le traiettorie dei missili e i percorsi delle truppe. Ma che razza di modo di ragionare è questo? 

L’editoriale del Corriere della Sera

Sragionare, direi, cioè dare i numeri. E perdere la memoria, come oggi sul Corriere della Sera l’editorialista e storico Ernesto Galli della Loggia contesta alla sinistra italiana ricordandole, fra l’altro, che già nel 1976, quando ancora c’era l’Unione Sovietica e quello italiano era il partito comunista più forte dell’Occidente, lo storico segretario Enrico Berlinguer si sentiva  e dichiarava protetto più dalla Nato che dai rapporti di amicizia, affinità e quant’altro con Mosca. Sto scrivendo del famoso “strappo”che Armando Cossutta rimproverò al segretario del Pci cominciando a farsi finanziare dal Cremlino i suoi progetti di scissione. 

Titolo del Riformista
Titolo del Fatto Quotidiano

La memoria di certa sinistra storica  è  davvero corta. E produce anch’essa miracoli, come i titoli oggi politicamente sovrapponibili di due giornali che abitualmente se ne dicono e se ne danno di santa ragione. Sono Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio e Il Riformista di Piero Sansonetti. Il primo ha gridato, con Conte scrupolosamente intervistato, su sfondo scuro: “No ai tank: sulle armi pesanti. Draghi parli alle Camere e si voti”. ll secondo, su sfondo chiaro: “C’era una volta il Parlamento. Ora c’è la guerra”. 

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Pera scarica Salvini e sponsorizza Meloni in un centrodestra conservatore

Giorgia Meloni all’apertura delle conferenza programmatica del suo partito
Titolo del Dubbio

Marcello Pera, il veterano ormai degli intellettuali a suo tempo arruolati da Silvio Berlusconi nel centrodestra, e salito più in alto di tutti arrivando con la Presidenza del Senato alla seconda carica dello Stato, fra il 2001 e il 2006, dev’essersi stancato di spingere inutilmente Matteo Salvini sulla strada di un’evoluzione europeistica e atlantica, percorsa invece più nitidamente nella Lega da Giancarlo Giorgetti. La stanchezza si avverte  nella decisione di sponsorizzare praticamente con la sua partecipazione la conferenza programmatica del partito di Giorgia Meloni apertasi a Milano, dopo avere accettato inviti  ad altri eventi dei fratelli d’Italia. 

Titolo del Quotidiano Nazionale
L’intervista dell’ex presidente del Senato

Nella bella intervista, al suo solito, rilasciata per Il Dubbio a Giacomo Puletti l’ex presidente del Senato ha apprezzato e accreditato la posizione politica di Giorgia Meloni, appunto, nel momento in cui l’ex ministra è vista e vissuta con sospetto nel centrodestra per avere superato tutti elettoralmente, anche il Pd fuori della combinazione berlusconiana, continuiamo a chiamarla così per essere stata fondata dal Cavaliere di Arcore sulle ceneri giudiziarie e politiche della cosiddetta prima Repubblica. Il sorpasso elettorale nel centrodestra ha messo praticamente in gara  la Meloni per la guida del governo dopo che Berlusconi aveva accettato, in vista delle elezioni del 2018, il principio che la candidatura a Palazzo Chigi spetta al partito più votato. 

Ora per aggirare quella concessione, preferita al ricorso, suggerito invece da altri, alle primarie adottate nello schieramento opposto comunemente chiamato centrosinistra, Berlusconi e Salvini sono tentati da una federazione, che sorpasserebbe la Meloni. E risparmierebbe al centrodestra la trasformazione, indesiderata da Forza Italia e dalla Lega, di destra-centro o “destra-destra”, come l’ha chiamata Pera nella sua intervista precisando di non condividere per niente una simile evenienza.

Piuttosto -ha sostenuto praticamente l’ex presidente del Senato- tutto il centrodestra, profittando proprio della strada imboccata dalla Meloni a livello anche internazionale, con le sue scelte a cominciare dal Parlamento europeo, dovrebbe decidersi ad assumere la fisionomia e forse anche il nome di partito conservatore. Che a Pera non dispiace affatto, pur essendo lui di provenienza socialista, ma sapendo di vivere in un contesto assai cambiato rispetto a quella sua vecchia simpatia. 

D’altronde, buona parte dell’elettorato ma anche della rappresentanza parlamentare  e dirigenziale di quello che fu il Psi di Bettino Craxi si trasferì subito nel 1994 e anni successivi in Forza Italia, e anche nell’allora Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini: per esempio, in quest’ultimo caso, il compianto e mio carissimo amico Massimo Pini. Che aveva rappresentato il partito di Craxi nella Rai e all’Iri. 

Pera ha parlato nella sua intervista di un “nuovo conservatorismo”. Che renderebbe il centrodestra italiano simile ai tory britannici e al Partito Repubblicano americano, dove per fortuna -vorrei aggiungere- è passato il ciclone di Donald Trump e della sua sostanziale politica isolazionistica praticata col motto degli Stati Uniti prima di tutti e di tutto. 

Pera con Papa Benedetto XVI

Abituato da filosofo a ragionare con la testa e non con i piedi, come spesso accade invece ai politici improvvisati, fra i quali a suo modo eccelle, a mio avviso, il Giuseppe Conte assurto alla presidenza del MoVimento 5 Stelle, Pera ha ricordato all’amico Berlusconi che le sue posizioni in politica estera e spesso anche interna sono vicine a quelle più della Meloni che di Salvini, col quale invece l’ex presidente del Consiglio mostra di sentirsi più in sintonia, specie da quando è capitato ad entrambi di partecipare al governo di Mario Draghi. Alla cui costituzione invece la Meloni si oppose, salvo poi avere con Draghi in persona, specie ultimamente con i problemi creati dalla guerra in Ucraina, rapporti migliori di Salvini. Ma non solo con Draghi, essendosi la giovane leader dei fratelli d’Italia abituata a confrontarsi anche con Enrico Letta.

Pubblicato sul Dubbio

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