Putin penosamente ridottosi ad una riedizione di Breznev nel suo Cremlino

Visto che lo ha fatto, con la solita spavalderia, e in piena guerra in corso in Ucraina, per farci “riflettere due volte” in Occidente, di cui ha scoperto tutto il satanismo con l’approvazione e la benedizione del Patriarca di Mosca, vi dirò che quel missile intercontinentale appena testato da Putin ed esibito come un gioiello, progettato per volare e colpire a 18 mila chilometri di distanza, ridotti a 5 mila nella prova, percorsi in soli 15 minuti, non mi ha fatto nessuna paura. Come non lo ha fatto al Pentagono, oltre Oceano, dove hanno peraltro precisato di essere stati informati del test con l’anticipo stabilito da un trattato internazionale sulla materia. 

Walter Veltroni sul Corriere della Sera del 19 aprile
Titolo del Giornale

Le valutazioni del Pentagono sono naturalmente tutte militari, cioè tecniche. Le mie modestissime riflessioni sono puramente umorali, o politiche. Più ancora di un “bullo”, come lo ha definito in prima pagina il Giornale, ma ancor prima, qualche giorno fa, sul Corriere della Sera Walter Veltroni pur non nominandolo ma alludendo chiaramente a lui in un bell’articolo sulle paure dei bambini in tempi di guerra, Putin col suo ultimo missile mi sembra un disperato, precocemente invecchiato al Cremlino nel fisico e nella mente come il per niente compianto Leonida Breznev, ridottosi in brache di tela, prima ancora dell’invasione  funesta dell’Afghanistan, a furia di sfidare e inseguire l’Occidente sfornando, impiantando e lanciando missili, per prova o davvero. 

Alla fine l’allora Unione Sovietica si schiantò. Essa collassò economicamente e socialmente, consegnando la vittoria all’Occidente senza che questo avesse bisogno di sparare un solo colpo, né in aria né contro il famoso muro di Berlino demolito dagli stessi tedeschi che esso aveva separato per tanto tempo. 

Leonid Breznev

Bastò che noi -sì, proprio noi italiani, così generalmente considerati indecisi e inaffidabili nelle alleanze, incapaci di chiudere una guerra con gli stessi alleati dell’inizio- senza lasciarci intimidire dagli SS 2O seminati dappertutto all’Est dall’Unione Sovietica di Breznev, installassimo i Pershing dell’Alleanza Atlantica, come i tedeschi dell’Ovest, nella base siciliana di Comiso, tra le solite proteste dei pacifisti a senso unico.

Alla ricerca alquanto costosa di altri missili con cui rimpiazzare gli SS 20 o solo cercando di aumentare la produzione dei vecchi, i russi si ridussero alla miseria. Potrà finire così anche con Putin, per quanto egli si stia sforzando da qualche settimana di esorcizzare gli ammonimenti persino pubblici della pur fedelissima -una volta- governatrice della Banca Centrale del Paese: eroica solo a rimanere al suo posto, attendendo di essere eliminata, spero non anche fisicamente. 

Dalla prima pagina del Corriere della Sera

In questa dissolvenza di Putin nelle immagini degli ultimi gerarchi del defunto comunismo sovietico trovo penosi anche i tanti “però” che continuano a levarsi dalle nostre parti nel sostegno agli ucraini che resistono all’invasione russa. Sono i “però” non solo del professore Alessandro Orsini -distinto da Putin ma solidale, sbertucciato oggi sul Corriere della Sera da Massimo Gramellini, che ha fatto delle sue parole e dei suoi ragionamenti televisivi un linguaggio chiamato “Orsinese”- ma anche, per esempio, dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. 

Giuseppe Conte

Quest’ultimo ha parlato appunto in stretto “orsinese” ieri sera nel salotto televisivo di Lilli Gruber, procurandosi dell’”ambiguo”  anche dalla conduttrice, non riuscitasi a trattenere dal fatto che l’ospite fosse poco elegantemente solo contro tutti nel tentativo di stare con un piede nella maggioranza e l’altro all’opposizione del governo impegnato ad aiutare anche militarmente gli ucraini. 

La senatrice a vita Segre al Corriere della Sera

Per fortuna la maggioranza non dipende più come una volta dai grillini. E c’è una figura un pò sacrale, col suo passato nei campi di sterminio nazisti, la senatrice a vita Liliana Segre, che ha il coraggio di cantare, diciamo così, per gli ucraini sulla prima pagina del giornale italiano più diffuso la “Bella ciao” negata loro dai rappresentanti -ahimè- dell’associazione dei partigiani finanziata dallo Stato. 

Ripreso da http://www.policymakrmag.it

Maledetta guerra, che semina morte e divide le coscienze anche delle vittime

Titolo del Riformista
Titolo del Dubbio

Il caso ha voluto che la notizia dell’annuncio, da parte del ministro degli Esteri russo Sergej Viktoric Lavrov, della esclusione dell’uso delle armi nucleari nella guerra in Ucraina mi raggiungesse sul computer appena dopo avere letto sul Riformista un articolo del direttore ed amico Piero Sansonetti -cui peraltro debbo il mio  primo approdo come collaboratore a questo giornale- che mi aveva particolarmente colpito per un passaggio proprio sul rischio  di degenerazione atomica del conflitto scatenato da Putin.  Un rischio che sarebbe stato sottovalutato, o messo addirittura nel conto “allegramente”, da chi non ha contrastato abbastanza questo evento. O addirittura, anche a sinistra, dove Sansonetti si colloca orgogliosamente, vi partecipa in qualche modo da intellettuale, o da politico, sostenendo gli aiuti militari all’Ucraina forniti anche dall’Italia. E in qualche modo appiattendosi sulla linea del presidente americano Joe Biden, poco interessato -si deve presumere- ad una trattativa con Putin, e conseguente pace, nel momento in cui gli dà del macellaio o del genocida. 

Analogo alle preoccupazioni e alle delusioni di Sansonetti è stato, a destra, un articolo di Marcello Veneziani sulla Verità diretta da Maurizio Belpietro, amareggiato pure lui che dalla sua parte politica ci sia troppo allineamento alla politica di Biden e troppo interesse ad una guerra così pericolosa e peraltro vicina a casa nostra, in Europa. L’allusione maggiore è forse a Giorgia Meloni e ai suoi “fratelli d’Italia”.

Contrariamente a quanto forse vi aspettereste, non ho tratto dall’annuncio del ministro degli Esteri russo un motivo più che sufficiente per considerare superate o comunque non condivisibili le preoccupazioni di Sansonetti, pur apparsemi particolarmente stringenti proprio nel passaggio sul rischio dell’uso delle armi nucleari da parte di un Putin messo alle strette, con le spalle al muro, o come altro preferite, dalla forte resistenza degli ucraini alimentata dai sostenitori al di là e al di qua dell’Atlantico. Ho continuato invece a riflettere con una certa inquietudine sull’articolo di Sansonetti chiedendomi se non avesse ragione nella denuncia di una certa prigionia di parte della sinistra -come per Veneziani di parte della destra- “nel sangue del Novecento”, il secolo cosiddetto breve delle due guerre mondiali, cioè delle due carneficine. Che avrebbero dovuto bastare e avanzare per farci ripudiare la guerra davvero, sul piano politico e  morale, come previsto d’altronde dall’articolo 11 della Costituzione col suo “ripudio” come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. 

        E’ un articolo, quest’ultimo, che peraltro è stato invocato nel dibattito o confronto politico contro gli aiuti militari all’Ucraina ai quali l’Italia concorre. E  invocato con tale forza e insistenza che il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato è personalmente intervenuto a favore della posizione del governo ricordando “le limitazioni di sovranità” consentite dallo stesso articolo della Costituzione, se “necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” perseguite dalle “organizzazioni internazionali” di cui facciamo parte. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, dal canto suo, ha ricordato che la linea del governo è stata approvata “quasi all’unanimità” dal Parlamento. Tutto a posto, quindi, sul piano costituzionale.

  C’è sì del novecentesco, cioè del secolo scorso, come dice Sansonetti, nella promozione, partecipazione e persino rassegnazione alla guerra. O nella considerazione che sia “follia la resa”, come Piero ha voluto scrivere anche nel titolo del suo robusto articolo di riflessione e allarme, non confondibile per uno dei soliti articoli o delle solite invettive pacifiste: spesso peraltro di un pacifismo a senso unico, invocato solo quando serve per combattere l’avversario politico di turno, o l’alleato scomodo. 

Sansonetti sul Riformista
Piero Sansonetti

C’è tuttavia un altro passaggio dell’articolo di Sansonetti che, pur volendo dubitare dell’attendibilità, sincerità. convinzione e quant’altro del ministro degli Esteri russo -e, più in generale, del Cremlino incredibilmente avventuratosi in questa guerra sconsiderata e altrettanto incredibilmente benedetta dal Patriarca di Mosca- che non condivido proprio. E’ quello in cui Piero ha messo sullo stesso piano e “fuori discussione l’eroismo degli ucraini e i sacrifici dei soldati russi”  in questa maledetta guerra che ci riporta- ripeto- al Novecento, ma che purtroppo è stata preceduta e accompagnata da altre  – più di trenta- anche in questo secolo che avevamo sperato diverso. 

Stento francamente, specie dopo gli altri 400 cadaveri scoperti a Bucha, a inserire nei “sacrifici” ciò che i soldati russi hanno fatto e lasciato sul territorio ucraino sia avanzando sia, o ancor più, retrocedendo. Lo scrivo pur al netto delle operazioni e cortine propagandistiche che annebbiano tutte le guerre, su tutti i fronti. 

Pubblicato sul Dubbio

Ripreso da http://www.startmag.it il 23-4-22

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