Bocciatura psicanalitica, non ancora politica, di Renzi da parte di Scalfari

Il pendolo domenicale di Eugenio Scalfari questa volta ha colpito pesantemente quel discolo troppo solitario di Matteo Renzi, refrattario ai suoi preziosi consigli. Lo ha colpito con citazioni di Freud e di Massimo Recalcati, psicanalista pur estimatore del segretario del Pd e stimato, a sua volta, dal fondatore de La Repubblica.

Cominciamo da Freud, preso anche lui in prestito da Recalcati per altre circostanze, non riguardanti articoli o discorsi sull’ex presidente toscano del Consiglio: “L’uomo non è padrone neppure a casa sua”. Figuriamoci quindi quando quest’uomo vuole fare il padrone in un partito di cui è il segretario ma non il proprietario, come potrebbe essere invece considerato Silvio Berlusconi nel movimento da lui creato e chiamato Forza Italia.  Che tuttavia Scalfari non ha menzionato  in questo passaggio del suo lungo articolo settimanale.

Veniamo ora al Recalcati direttamente citato dal fondatore di Repubblica per dare al problema Renzi una dimensione non più politica ma psicanalitica: “L’accanimento nella volontà di governo che pretende di sopprimere il disordine tende sempre a rovesciarsi nel suo contrario. Un ordine ottenuto con l’applicazione crudele del potere è peggiore del male che vorrebbe curare”.

Con queste premesse psicanalitiche Scalfari si è messo a scrivere di Renzi al passato: “Era un uomo capace di buon governo ma aveva un grande difetto caratteriale. Voleva a tutti i costi comandare da solo: sistema incompatibile con una democrazia, soprattutto di sinistra (quella non più comunista dopo Enrico Berlinguer)”, ha precisato chi lo votò ripetutamente e orgogliosamente nei primi anni Ottanta, piangendolo nel vero senso della parola alla morte.

Tutto finito, quindi, con Renzi, pur sostenuto da Scalfari nella campagna referendaria dell’anno scorso  sulla riforma costituzionale, nonostante i limiti e le contraddizioni di quel progetto bocciato dagli elettori? No, neppure dopo la ramanzina psicanalitica. Qualcosa rimane ancora appeso, per i successivi movimenti, al pendolo di Barpapà, che ha raccontato di una telefonata recente conclusasi col “riconoscimento” da parte di Renzi degli errori che può avere commesso facendo praticamente finta di consultarsi con altri nel Pd, fra i quali Fassino, Franceschini, Andrea Orlando e Walter Veltroni, sicuro evidentemente di ottenerne il consenso o un dissenso aggirabile.

E così Scalfari, pago o quasi di questo ennesimo “riconoscimento”, si è rimesso in attesa di vederne gli effetti. Che secondo lui dovrebbero tradursi nella creazione al vertice del partito di un vero e proprio “Stato Maggiore”, al posto evidentemente del cosiddetto giglio magico contestato a Renzi dagli avversari, a cominciare naturalmente dagli scissionisti. Dei quali -a dire il vero- Scalfari evita sempre di prendere una difesa vera e propria.

 

 

Ripreso da http://www.formiche.net col titolo: Matteo Renzi, Eugenio Scalfari e i misurizzi democratici

Quel “renziano” del Giornale al regista accusato di molestie

Non credevo francamente ai  miei occhi vedendo il titolo dedicato in prima pagina dal Giornale della famiglia Berlusconi -dove ho lavorato per una decina d’anni dalla fondazione con Indro Montanelli- alla vicenda del regista Fausto Brizzi, anonimamente accusato di molestie, insorto con   smentite e minacce di querele, messosi in disparte sul lavoro per lo stress procuratogli dalla vicenda e insolentito da Asia Argento. Che è diventata  ormai una certificatrice di presunte violenze altrui dopo avere denunciato quelle procuratele tanti anni fa da Harvey Weinstein.

Più leggevo “Il regista renziano nei guai per molestie”, che è appunto il titolo dedicato a Fausto Brizzi dal quotidiano fondato da Montanelli nel lontano 1974 con Enzo Bettiza, Guido Piovene, Gianni Granzotto e altri ancora, più mi stropicciavo gli occhi e mi chiedevo se stessi proprio davanti alla prima pagina del Giornale. Sì, purtroppo era proprio il Giornale, non il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, che non è arrivato a usare le simpatie politiche del regista, e la sua partecipazione a non solo quali e quante edizioni del raduno dei renziani alla Leopolda fiorentina, per farlo riconoscere dai lettori.

Controprova della vergogna.jpg

“Weinstein all’italiana- Molestie, Brizzi nei guai- “Bugie”. Ma molla tutto”, ha titolato sobriamente sul regista il giornale -credo- più antirenziano sulla piazza.  Tanto antirenziano, il quotidiano di Travaglio, da riproporre nella stessa giornata sulla prima pagina in una vignetta di Mannelli il segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio in posa da defunto per far dire al presidente dellostesso Pd Matteo Orfini, a spiegazione della mancata partecipazione al corteo antimafioso promosso da grillini

Il sogno di Travaglio.jpg e compagni ad Ostia: “Meglio un morto in casa che un grillino all’uscio”.    

Ma torno al Giornale per dire semplicemente, da ex editorialista, tornato per un po’ a collaborarvi nella pagina dei commenti all’epoca della direzione di Maurizio Belpietro su proposta personale di Silvio Berlusconi, fattami davanti alla tomba di Bettino Craxi fresca ancora della terra rovesciata sulla bara, che per quel titolo sul regista “renziano” Brizzi gli editori dovrebbero sentirsi a disagio per primi.

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