Ci sarà pure un modo diverso di convivere e discutere, senza annunciare di avere già tolto la tenda e di averla messa nello zaino per ripiantarla altrove, come ha appena fatto Romano Prodi, peraltro in un partito dove sembra che non abbia da tempo neppure rinnovato la tessera, o senza trasferire il proprio ufficio in una stanza con porta blindata e videocitofono, come ha appena fatto il risegretario del Pd Matteo Renzi al Nazareno. Dove accadono oggettivamente le cose più stravaganti da un bel po’ di tempo in qua: dal tacchino sul tetto alla mucca nei corridoi avvertiti da Pier Luigi Bersani, quando ancora faceva parte del Pd, alla scelta appunto di Renzi, sia pure presa qualche tempo fa per ragioni logistiche ma infelicemente attuata proprio in questi giorni, di barricarsi in una stanza che, fra gli altri inconvenienti d’immagine, ha quello di essere stato l’ufficio dell’allora tesoriere del movimento della Margherita, Luigi Lusi. Che aveva le sue buone ragioni di barricarsi, visto che vi accumulava per sé tanto di quel danaro da essersi procurato una condanna a 7 anni di carcere.
Dio mio, risegretario Renzi, non poteva aspettare qualche altro giorno o settimana per un trasloco così infelice? Senza perdere di colpo sul piano iconoclastico il vantaggio procuratogli con un eccesso di reazione da Prodi. Del quale il meno che si possa dire è che è un po’ troppo permaloso, essendosela presa così tanto per una critica che francamente non mi sembrava strampalata come quella rivoltagli da Renzi di avere esagerato col vinavil e altra colla durante la campagna elettorale appena conclusa in modo a dir poco catastrofico, proponendo e inseguendo coalizioni di ulivo o di altre piante e denominazioni finite tutte un po’ troppo miseramente proprio sotto la guida prodiana, a distanza di dieci anni l’una dall’altra.
Obiettivamente, se fra i milioni di elettori che ormai affollano il primo partito italiano, quello degli astenuti, c’era qualcuno tentato di votare per il Pd di Renzi, piuttosto che tornare a votare per un Silvio Berlusconi risorto ma pur sempre alle prese con un Matteo Salvini gonfio di consensi, almeno rispetto ai tempi della Lega di Umberto Bossi, certamente non è stato incoraggiato a farlo dal Prodi in giro con secchi di colla nella galassia, ormai, della sinistra. Né sono passati dall’astensionismo alla sinistra quelli che potevano farlo avendo candidati di centrosinistra a sindaci da aiutare nei ballottaggi.
In realtà, considerando anche critiche, minacce e quant’altro dei vari Dario Franceschini, Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e via elencando, stiamo assistendo agli sviluppi di un fenomeno da noi avvertito e denunciato -qui sul Dubbio- già all’indomani della bocciatura referendaria della riforma costituzionale. E’ il fenomeno di un antirenzismo ossessivo, che si porta appresso una non meno ossessiva difesa di Renzi, che vede spesso complotti anche quando non esistono. E si cautela con mosse spesso avventate, o con polemiche quanto meno premature, come quelle sul diritto di tornare a Palazzo Chigi, senza prima sapere per fare quale governo, e con chi.
Le ossessioni sono tossiche, da ogni parte. La sinistra peraltro già n’è rimasta vittima con danni, a mio modestissimo avviso, non riparati e forse ormai irreparabili. Alludo all’anticraxismo ossessivo degli anni Ottanta e Novanta, alla fine ricambiato moltiplicando le rovine. Non riuscirono a trarre beneficio né la sinistra anticraxiana né il craxismo anticomunista. Ci guadagnò solo il peggiore giustizialismo. Seguirono il rovesciamento dei rapporti fra la politica e la magistratura, l’unificazione delle carriere, sarcasticamente lamentata più volte da Luciano Violante, dei pubblici ministeri e dei cronisti o inviati giudiziari di punta e l’imbarbarimento della lotta politica, non essendo né bastata né avanzata la fine della cosiddetta prima Repubblica e dei partiti storici di quella che fu la democrazia italiana.
Peccato, un vero peccato. Sia per chi smonta e rimonta tende sia per chi si barrica in uffici blindati nel momento peraltro più inopportuno, a dispetto -ahimè- della crisi che va maturando anche fra i grillini, ugualmente e giustamente temuti sia da Renzi sia da Berlusconi. Di quelli che si illudono invece di potervisi alleare e magari anche di strumentalizzarli, sia da sinistra sia da destra, non parlo neppure, tanto sono fuori dal mondo, ben oltre le stelle del comico prestato alla politica.
Pubblicato su Il Dubbio, a pagina 15 dei commenti e analisi
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