Mi permetto di segnalare all’attenzione di chi legge la sfida che, volente o nolente, una deputata delle 5 stelle ha finito per mandare al “garante” del suo movimento onorando nella camera ardente di Montecitorio, allestita nella sala Aldo Moro, la salma di Stefano Rodotà: il giurista ed ex parlamentare candidato da Beppe Grillo alle elezioni presidenziali del 2013 e poi liquidato alla solita maniera, dandogli dell’”ottuagenario miracolato dalla rete, sbrinato di fresco dal mausoleo” quando il professore osò sollevare qualche riserva e critica sull’uso proprio della “rete” e altre cose ancora.
La deputata che si è lodevolmente distinta dalla odiosa censura praticata a Stefano Rodotà, ignorandone anche la notizia della morte sul blog personale di Beppe Grillo e su quello delle stelle, si chiama Laura Castelli, eletta a Torino, 31 anni da compiere a settembre. La signora non ha avuto paura di mescolarsi agli odiati Giorgio Napolitano, Giuliano Amato, Paolo Gentiloni e altri.
Ho inviato all’onorevole Castelli con la posta elettronica della Camera -cui si può accedere facendo una ricerca di rete col nome e cognome della parlamentare- un telegramma di complimenti e di incoraggiamento. Ciò mentre il blog di Grillo continuava nella striscia gialla sotto la testata il suo qualunquistico conto alla rovescia dei giorni, ore, minuti e secondi mancanti alla maturazione delle “pensioni privilegiate dei parlamentari” di prima nomina, che costituiscono per il movimento delle 5 stelle il problema più grave e più urgente del Paese, la prima mostruosità da impedire o abbattere.
L’onorevole Laura Castelli è una delle tanti parlamentari che maturerà questo diritto -avverte il blog di Grillo mentre scrivo- fra 82 giorni, 10 ore, 57 minuti e 49 secondi.
Il povero Stefano Rodotà percepiva anche lui un vitalizio per i 15 anni trascorsi come parlamentare alla Camera, diventandone anche vice presidente. Speriamo che il movimento delle 5 stelle non gli contesti anche questo da morto, oltre al “mausoleo” e all’età. E non chieda alla vedova di restituire tutto, sino all’ultimo centesimo, rinunciando naturalmente alla cosiddetta reversibilità.
Peccato che la democrazia italiana sia stata ridotta a questo livello di dibattito politico in nome dell’”onestà, onestà, onestà” gridata ai funerali di Gianroberto Casaleggio. Tre volte onestà, due in meno -chissà perché- delle cinque stelle del movimento.