Il ghiaccio della Marmolada ha forse travolto anche i disegni di crisi di governo

  Potrebbe essere finito sotto il ghiaccio della Marmolada, e il rinvio dell’incontro con Mario Draghi a mercoledì, anche il piano di crisi di Giuseppe Conte, se davvero il presidente del MoVimento 5 Stelle è stato davvero tentato dal disegno attribuitogli di fare uscire i “suoi” ministri dal governo rimanendo in maggioranza solo a parole, con l’appoggio esterno. Che Draghi ha già rifiutato avvertendo che una tale evenienza lo costringerebbe alle dimissioni per la grande importanza politica che continua ad attribuire ai grillini, pur mutilati di un’altra sessantina di parlamentari con la scissione di Luigi Di Maio, e ormai privi della maggioranza relativa in Parlamento conquistata nelle elezioni del 2018. 

Draghi sul posto della tragedia della Marmolada

Proprio la tragedia della Marmolada, come ha voluto far capire Draghi accorrendo personalmente sul posto e parlando della crisi ambientale che ne è all’origine, ha allungato l’elenco delle emergenze con le quali il governo è alle prese. Una crisi aggraverebbe le responsabilità di chi la dovesse o volesse provocare. Conte e il Consiglio Nazionale del suo movimento, la cui riunione propedeutica all’incontro con Draghi è stata anch’essa rinviata a domani, hanno   avuto pertanto l’occasione di un’ulteriore riflessione. 

Il problema di Conte, del resto, già prima della tragedia della Marmolada col bilancio di 7 morti e 5 dispersi, era più all’interno che all’esterno del suo movimento: più con quella Sibilla Cumana che è ormai diventato Beppe Grillo e con la voglia di opposizione che serpeggia fra quanti sperano, o s’illudono, di avere tempo a disposizione per fermare da un ruolo di opposizione, dichiarata o sostanziale, l’emorragia elettorale in corso, che col presidente del Consiglio. E con le pretese, e smentite da entrambi, pressioni di Draghi sul “garante” per “far fuori” Conte anche dalla presidenza del MoVimento affidatagli dopo la perdita di Palazzo Chigi. 

Titolo del Fatto Quotidiano

Quelli del Fatto Quotidiano, che si erano buttati a pesce sulle “rivelazioni” del sociologo Domenico De Masi circa la voglia di Draghi -ma forse anche di Grillo- di liberarsi definitivamente dell’ex presidente del Consiglio, continuano a soffiare sul fuoco. E a scommettere sulla permalosità sia personale sia politica di Conte. “Draghi -ha titolato   il giornale di Marco Travaglio- provoca Conte con l’ennesima fiducia” posta alla Camera sull’ormai controverso decreto “aiuti”, che contiene una norma a favore del termovalorizzatore a Roma e un’altra restrittiva del reddito di cittadinanza: una fiducia che, precedendo l’incontro con Draghi, sarebbe una specie di schiaffo al presidente e, più in generale, al Movimento 5 Stelle, decisi a trattare a Palazzo Chigi, fra l’altro, proprio sui due particolari controversi del decreto. 

Titolo del Foglio

Nonostante le pressioni, le rappresentazioni e quant’altro del Fatto Quotidiano, rappresentativo delle tendenze più radicali o estremiste delle 5 Stelle, Conte sembra tuttavia ancora una volta tentato anche dalle solite mosse dilatorie della sua avventura politica, derise una volta da Grillo come “penultimatum”. Il Foglio, per esempio, solitamente al corrente delle informazioni in possesso di Palazzo Chigi, nel confermare che “prima si vota la fiducia e solo dopo Draghi riceverà Conte”, ha riferito di queste parole che l’ex presidente del Consiglio si sarebbe lasciato scappare: “La gestiamo”. Gestiamo, cioè, anche la fiducia scomodissima che il governo ha voluto mettere  sul passaggio parlamentare del decreto “aiuti”, e delle parti indigeste ai duri pentastellati. Che lo stesso Grillo d’altronde aveva bacchettato nella sua recente e un pò tragicomica missione di ricognizione e d’ordine a Roma pronunciandosi contro una crisi per l’inceneritore in una Capitale sommersa dai rifiuti. 

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Grillo scende nell’Inferno di Dante. Ma è lui il problema di Conte

Titolo del Dubbio

Scherzo ma non troppo. L’avevo scritto  -qui, sul Dubbio- che per esplorare il MoVimento 5 Stelle, specie dopo la scissione di Luigi Di Maio, occorresse ripetere il viaggio di Dante nell’Inferno della sua Divina Commedia. E Beppe Grillo in persona, il fondatore, il “garante”, tornato a casa dopo una fuga da Roma, dove aveva concluso una missione di ricognizione e d’ordine aumentando il disordine nel suo movimento, si è immerso proprio nell’opera dantesca facendosi accompagnare da un Virgilio dei nostri tempi. Che sarebbe l’autore di Marsilio e insegnante di liceo Pasquale Almirante, un cui articolo di due anni fa egli ha riprodotto sul suo blog con tanto di ringraziamenti finali e titolo – “Fenomenologia del tradimento e del traditore”- sovrastato da un’illustrazione di Gustave Dorè del nono cerchio dell’Inferno dantesco: quello dove Lucifero si gode la compagnia dei suoi simili. 

Dal blog di Beppe Grillo

    Dal singolare della fenomenologia Grillo è passato al plurale dei traditori, andando anche oltre quelli sistemati da Dante nelle quattro zone del nono cerchio dell’Inferno: Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca, da Giuda, “il più famoso che si vendette per trenta denari, tradendo la fiducia”. E tutti hanno pensato a Luigi Di Maio scrivendone sui giornali, qualcuno cercando anche di raccoglierne le reazioni. Che sono state infastidite, ma non rancorose. 

Oltre ai nove cerchi dell’Inferno dantesco l’erudito Pasquale Almirante ha accompagnato Grillo in una sommaria rilettura di Shakespeare, di Dickens ed altri che hanno prodotto nelle loro opere figure di traditori e occasioni di tradimento. 

Di Charles Dickens, nel famosissimo David Copperfield che i meno giovani ricorderanno nella traduzione televisiva della Rai sceneggiata e diretta nel 1965 da Anton Giulio Majano, è la figura che sembra avere maggiormente colpito Grillo: Urial Heep, recitata in quello sceneggiato dal compianto Alberto Terrani. “Mani sempre umide e appiccicaticce, che non guarda mai negli occhi il suo interlocutore, che si contorce e che alla fine, dopo aver carpito tutti i segreti del suo benefattore, ne diventa socio attraverso sempre il tradimento e il mescolamento delle carte”, racconta Pasquale Almirante a Grillo. 

Luigi Di Maio

Oddio -mi sono chiesto- chi può essere scambiato per Urial Heep fra i tanti pentastellati, usciti o rimasti nel movimento, che Grillo ha conosciuto, persino allevato, e dai quali si è sentito tradito anche nella sua recente missione a Roma, interrotta dalla delusione e dalla rabbia per essersi sentito “strumentalizzato” -ha detto lui stesso- nelle confidenze fatte loro sui rapporti prevalentemente telefonici con Mario Draghi. Che, condividendo evidentemente il giudizio di “inadeguato” affibbiatogli una volta dallo stesso Grillo, gli avrebbe chiesto di “farlo fuori” dalla guida del movimento. Ne è seguita una tragedia, anzi una tragicommedia da cui si è capito solo che il problema di Conte, più che Draghi, è Grillo stesso. 

Purtroppo, almeno per soddisfare la mia curiosità, ho scarsa dimestichezza col mondo, parlamentare e non, delle 5 Stelle. Non ho mai stretto “mani sempre umide e appiccicaticce” o notato occhi “sfuggenti” nelle interlocuzioni avute. L’unico col quale mi sono scontrato una volta alla Camera -il non ancora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per avere lui indicato anni fa alla tv  nei giornalisti parlamentari in pensione i più sospettabili di lobbismo per far passare modifiche alle leggi utili a piccoli e grandi pseudocorruttori- mi guardò fisso negli occhi per dirmi che avrebbe continuato a sostenere quella convinzione che io gli avevo contestato.

Un autorevole amico reduce dal ricevimento di giovedì scorso fa a Villa Taverna per la festa americana dell’Indipendenza,  e che ha avuto modo di salutare e parlare col ministro degli Esteri Luigi Di Maio, accompagnato dalla bella fidanzata Virginia Saba avvolta in un lungo abito colore avorio, mi ha assicurato di averne raccolto uno sguardo ben diretto e di non avere stretto mani in qualche modo umide. E mi ha anche detto di non avere visto fra i grillini presenti il pur ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. 

Paola Taverna

Dalla lista dei presunti responsabili della delusione e della rabbia di Grillo confermo -dopo il disconoscimento di un post d’attacco sul suo sito internet all’amico Beppe e la punizione del responsabile- l’esclusione di Paola Taverna. Con la quale mi scuso peraltro di averla distrattamente indicata qualche giorno fa come vice presidente della Camera, anziché del Senato. 

Pubblicato sul Dubbio

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