Sgarbi dubita della vittoria elettorale del centrodestra e Ferrara scommette sul Pd

Collegato col salotto televisivo di Veronica Gentili, sulla rete 4 del Biscione, Vittorio Sgarbi ha ammesso che la vittoria elettorale del centrodestra non è più scontata dopo la partecipazione dei senatori berlusconiani e leghisti al fuoco contro Mario Draghi, specie se il segretario del Pd Enrico Letta saprà aprire alla dissidenza forzista e all’area di centro dove questa sta confluendo per natura. 

La conduttrice, scherzando ma non troppo, ha invitato un altro ospite da remoto, appartenente al Pd, a retribuire addirittura i consigli preziosi di Sgarbi. Che tuttavia credo non rischi di finire per questo nella lista degli ingrati alla quale Berlusconi ha già iscritto pubblicamente, fra gli altri, i ministri Mariastella Gelmini e Renato Brunetta, usciti da Forza Italia proprio per la fiducia negata al governo Draghi.

Sgarbi ha con Berlusconi un rapporto molto particolare. Per quanto gliene faccia e dica ogni tanto anche di grosse, il Cavaliere con lui è assai indulgente. E Sgarbi, debbo dire, sa anche prenderlo dal verso giusto dopo avergliene fatte e dette di grosse, ripeto, sino a ricevere entusiasticamente da lui missioni impossibili, o inverosimili. Come quella affidatagli alla fine dell’anno scorso di telefonare a destra e a sinistra per sostenere la corsa dell’ex presidente del Consiglio al Quirinale, risoltasi -anche quella volta- in un danno per Draghi, stoppato sulla strada del Colle anche dalla candidatura a quel punto solo di disturbo del Cavaliere. Una candidatura funzionale all’azione di contrasto contro il presidente del Consiglio condotta da Giuseppe Conte e da Matteo Salvini. La storia, si sa, molte volte si ripete. 

Dal Foglio di oggi

Non rischia di finire nella lista degli ingrati, per il tipo di rapporto personale che anche lui ha saputo instaurare e tenere con Berlusconi, neppure Giuliano Ferrara. Che ha appena scritto sul Foglio, fondato a suo tempo grazie al Cavaliere, una dichiarazione di voto per il 25 settembre a favore del Pd. E ha anche scherzato sull’annuncio appena fatto, o fatto fare, da Berlusconi di tornare in campo -come se ne fosse mai davvero uscito- per candidarsi al Senato. 

Giuliano Ferrara sul Foglio

“Sono cose che succedono”, ha scritto il ministro dei rapporti col Parlamento del primo governo Berlusconi, nel 1994: “cioè che il popolare moderato cristiano occidentale europeista Cav, al tempo l’Amor Nostro, essendo stato cacciato dal Senato da altri flou flou dell’epoca per via di certe cene eleganti, ora voglia tornarvi trionfalmente e vendicativamente e illuminatamente da presidente molto elegante in una giornata del prossimo mese di ottobre”. 

In verità, nel 2013 Berlusconi fu “cacciato” dal Senato non per le sue “cene” a nutrita e allegra partecipazione femminile, dopo una condanna definitiva, ancorché anacronistica, per frode fiscale: lui, che era già da tempo fra i maggiori contribuenti italiani. Una condanna emessa da una sezione estiva della Cassazione investita della causa sull’uscio della prescrizione del presunto reato e poi accusata da un suo stesso componente di essere stata di parte. Come di parte, pregiudizialmente avversa all’interessato, fu poi la decisione dell’allora presidente del Senato ed ex magistrato Pietro Grasso di far votare sulla decadenza di Berlusconi a scrutinio palese, temendo che lo scrutinio segreto potesse risultargli favorevole. 

Titolo del Foglio

Se è per questo, quindi, la voglia di rivincita di Berlusconi, col suo ritorno a Palazzo Madama, magari cercando di assumerne la presidenza, come già i suoi avversari sospettano, non sarebbe poi così strana o sorprendente come Giuliano Ferrara ha mostrato di ritenere con quelle “cose che succedono”. Il problema piuttosto è di sapere come tornerà il centrodestra in Parlamento, per fare che cosa e sotto la guida di chi, visto che lo stesso Foglio ha cercato di spiegare nella sua cronaca politica in prima pagina “tutta l’algebra politica di Salvini e del Cav. per fermare Meloni premier”,  in caso ora non più scontato di vittoria.    

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Berlusconi fuori dalla grazia di Dio per gli abbandoni di Forza Italia

Titolo del Dubbio

Silvio Berlusconi -con l’attenuante di essere fuori dalla grazia di Dio per l’”ingenerosità” attribuita a chi lo sta abbandonando dopo la la fiducia fatta negare a Mario Draghi al Senato al pari dei leghisti e dei grillini, un passo indietro all’opposizione spavalda della destra di Giorgia Meloni- ha scambiato pure lui in una raffica di interviste la stanchezza del presidente del Consiglio per rinuncia o, peggio, per fuga. Per cui sarebbe stato praticamente inutile cercare di trattenerlo.

Berlusconi alla Stampa di ieri
Mariastella Gelmini

Certo, Draghi era stufo. E non lo ha nemmeno nascosto con quel sorriso col quale è andato a dimettersi la seconda volta al Quirinale invogliando il presidente della Repubblica a sciogliere finalmente le Camere  della esaurita “centralità” grillina. Stufo, scocciato, fuori dalla grazia di Dio pure lui, per carità, ma non per questo rinunciatario, arreso, fuggiasco, come per settimane, anzi per mesi lo ha rappresentato il solito Fatto Quotidiano. E un pò, debbo dire, anche Il  Giornale della famiglia Berlusconi e La Verità di Maurizio Belpietro. 

Tutt’altro. Spalleggiato da Mattarella, che a chiusura della crisi ha spiegato personalmente dal Quirinale agli italiani, e ai partiti, che la cosiddetta ordinaria amministrazione lasciata al governo in campagna elettorale deve intendersi stavolta meno ordinaria del solito, trovandosi il Paese in mezzo a varie emergenze; spalleggiato, dicevo, da Mattarella in persona, Draghi è stato ben attento a non pregiudicare al governo dimissionario la gestione, appunto, delle elezioni. Se fosse stato davvero stanco e sfinito, deciso a scappare, Mattarella avrebbe dovuto trovare un altro al suo posto in questi frangenti -ripeto- tutt’altro che ordinari. 

Renato Brunetta
Brunetta sulla Stampa di ieri

Questo che cosa significa per gli addetti ai lavori? Dai quali mi rifiuto di credere che Berlusconi dopo una trentina d’anni di politica – e che politica- possa ritenersi estraneo per la sua vecchia e un pò “populista” avversione al cosiddetto “teatrino” dei palazzi romani: un’avversione ricordata pochi giorni fa dal suo amico Fedele Confalonieri e abbinata a quella di Beppe Grillo, e prima ancora di lui, di Umberto Bossi quando era ancora in salute fisica e politica: E si guadagnava le simpatie dello stesso Confalonieri, ora invece attratto, sempre politicamente, dal populismo -anch’esso- di Giorgia Meloni.

Che cosa significa -dicevo- la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi anche a Camere finalmente sciolte? Significa che il presidente del Consiglio con la sua famosa “agenda”, saggiamente non sprecata come quella di Mario Monti nel 2012 improvvisando un suo partito in vista del voto del 2013, sarà non il “convitato” ma il protagonista “di pietra” di questa breve, quasi fulminante campagna elettorale. Che egli ha contribuito in modo decisivo ad accorciare a due mesi, dai cinque, sei e forse anche più che avrebbero voluto molti altri per cuocerlo a fuoco lento sino alla fine ordinaria della legislatura. 

Mattarella e Draghi firmano i decreti elettorali

Chiamatelo poi sprovveduto o fuggiasco, questo astutissimo Draghi. Al quale le emergenze in corso -dalla guerra in Ucraina, con i suoi riflessi anche economici e quindi sociali, alla perdurante pandemia virale e allo stato gassoso di molti dei partiti e delle coalizioni che sapranno o vorranno creare o mantenere- daranno probabilmente altre occasioni per confermarsi in campagna elettorale come l’unica o la maggiore risorsa di cui disponga l’Italia. Accetto scommesse. Potrà vincere chi saprà davvero raccoglierne e rappresentarne l’agenda, appunto. Lo hanno   capito meglio di tutti, almeno sinora, i centristi sparsi e il segretario del Pd Enrico Letta, per fortuna del suo partito subentrato a Nicola Zingaretti. Che aveva scambiato Conte per “il punto di riferimento dei progressisti”, ma nel frattempo ricredutosi pure lui. 

Pubblicato sul Dubbio

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