
Poteva o addirittura doveva essere una geniale via d’uscita, ma l’edizione tutta al femminile della corsa al Quirinale immaginata da Giuseppe Conte, o attribuitagli un pò da tutti i giornali dopo il fermo natalizio di due giorni, sembra essersi già risolta in una complicazione per l’ex presidente del Consiglio. Che, per quante consultazioni si fosse preoccupato di fare all’interno del MoVimento condotto nel minaccioso silenzio del “garante” Beppe Grillo, ha incontrato o scoperto enormi difficoltà alla comparsa delle prime indiscrezioni sulla sua ricerca della donna più adatta per un esordio quirinalizio.
Era già apparso un segnale negativo il sostanziale silenzio del Fatto Quotidiano, che gode di una certa attenzione e influenza sotto le cinque stelle: un silenzio -si è subito sospettato- indicativo del timore di Marco Travaglio di vedere aumentare, anziché ridurre le sue paure di cattive sorprese da una corsa che gli ha procurato l’ossessione di un Silvio Berlusconi, o di un Giuliano Amato, o di un Sergio Mattarella alla fine convertito all’offerta di una conferma a tempo, come avvenne con Giorgio Napolitano nel 2013. Che peraltro Travaglio ritenne dal primo momento fintamente contrario ad una rielezione, impegnato invece da anni, se non da mesi, a predisporre il terreno di un prolungamento del suo “regno”. Tutti chiamavamo Napolitano sui giornali italiani, ma anche altri sui giornali stranieri, “Re Giorgio”: e non solo per la somiglianza fisica al compianto Umberto di Savoia, su cui lo stesso presidente della Repubblica aveva scherzato negli anni giovanili. Così come Bruno Vespa scherza ancora sulla somiglianza a Mussolini decantata e spiegata una volta in televisione anche da Alessandra, la nipote parlamentare del Duce.
Il povero Conte, colto di sorpresa dalle prime reazioni non entusiasmanti alla sua idea di un epilogo femminile della corsa al Quirinale, e tradotta in particolare da Repubblica in una rosa di tre candidate come Elisabetta Belloni, Letizia Moratti e Paola Severino, in ordine rigorosamente alfabetico, ha cercato di correre ai ripari con riunioni e incontri suppletivi all’interno del MoVimento 5 Stelle. Cui una volta tanto Luigi Di Maio ha potuto sottrarsi con una giustificazione inoppugnabile, essendo in missione in Tunisia. Ma tanta attività consultoria di recupero non è bastata ad evitare interviste urticanti come quella concessa al Corriere della Sera dall’ex ministro Vincenzo Spadafora. Che reclama una discussione impossibile nel Consiglio Nazionale messo nello statuto del MoVimento e non ancora formalizzato dal presidente.
In questa situazione rischia di naufragare anche la candidatura al Quirinale appena lanciata, tramite l’ospitale Foglio, della giudice costituzionale Silvana Sciarra, eletta alla Consulta dalle Camere nel 2014 con una maggioranza che sembrò allora di terzo tipo: estesa dai grillini al Pd di Matteo Renzi e a Forza Italia.
Pubblicato sul Dubbio
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