Se un suicidio non basta a soddisfare il giustizialista di turno…

La notizia del Fatto Quotidiano
Il lungo richiamo nella prima pagina, disteso sulla testata

Questa Camera dei Deputati anch’essa uscente, mancando poco più di un anno alla sua scadenza, ma sino all’altro ieri difesa ad oltranza sotto le cinque stelle nella sua legittimità per niente compromessa dal precoce invecchiamento imposto a tutto il Parlamento dagli stessi pentastellati con la riforma che ne ha ridotto i seggi, occupati quindi oggi da troppi e troppo costosi fannulloni; questa Camera, dicevo, ha perduto improvvisamente la sua dignità agli occhi e alle orecchie di Marco Travaglio. Che deve essersi sentito ferito nel suo onore di cittadino dall’applauso di solidarietà levatosi ieri nell’aula di Montecitorio, appunto, verso il suicida Angelo Buzzi, sparatosi alla testa nel suo appartamento a Torino dopo otto anni -dico otto- di processo, un’assoluzione in primo grado, due condanne in appello e un passaggio per la Cassazione. E ciò per avere incassato dalla Regione Piemonte, di cui era stato consigliere forzista, “oltre 10 mila euro per pasti al ristorante in periodo di vacanza o quando non era presente”. Così riassume tutta la vicenda lo stesso giornale diretto da Travaglio in una notizia interna un pò meno lunga di questo titolo  di richiamo disteso in prima pagina sulla testata: “La Camera commemora e applaude il forzista piemontese Burzi, suicida dopo la condanna per spese private a carico della Regione. Manca solo il monumento”. 

L’editoriale di Marco Travaglio

Fedele alla promessa “Sarò franco” incorniciata sul suo editoriale, Travaglio ha scritto. testualmente: “Nel Paese di Sottosopra non deve discolparsi chi vuole al Quirinale un puttaniere pregiudicato che ha frodato il suo Paese e finanziato la mafia, ma chi inorridisce all’idea. La Camera celebra un consigliere regionale che si uccide dopo la condanna per essersi pagato le spese private coi soldi nostri, confondendo suicidio e assoluzione”. Burzi, cioè, si sarebbe ammazzato per assolversi. O si sarebbe ucciso per fare dispetto alla giustizia, come quel famoso marito alla moglie. 

Sarò franco anch’io nel mio piccolo, molto piccolo. Inorridisco a questo modo di scrivere di un suicidio, e anche di un’assemblea parlamentare spintasi a tanta comprensione e solidarietà. Inorridisco ancora più di Travaglio  all’idea di Berlusconi che aspira al Quirinale. O solo al laticlavio, come sospetta qualche suo amico convinto che alla fine l’ex presidente del Consiglio finirà per tirare la volata a qualcun altro, magari a quello stesso Draghi che per ora egli vorrebbe ben chiuso a chiave in qualche stanza di Palazzo Chigi almeno sino al 2023, con rancio da detenuto.  

Importunata anche la scienza per contrastare Draghi al Quirinale

Mario Draghi

Capisco, per carità, pur non condividendole, le ragioni politiche di quanti si oppongono non alla candidatura, che l’interessato non ha posto, ma alla “disponibilità” manifestata da Mario Draghi ad una sua elezione al Quirinale come “nonno al servizio delle istituzioni”. E considero  prevalemte, tra queste ragioni, la paura che si ha -ad un certo livello politico, appunto- di avere per sette anni al Quirinale un uomo del prestigio personale come il presidente del Consiglio in carica, rispettoso dei partiti, di cui ha parlato meglio di quanto non meritassero nella conferenza stampa di fine anno, ma non per questo rassegnato a farsene condizionare più del dovuto o del necessario. E tanto meno a prestarsi a fare da sponda, come hanno fatto spesso molti dei suo predecessori nella guida del governo, a qualche partito in modo speciale, o persino a qualche sua corrente. Sette anni di una personalità del genere alla Presidenza della Repubblica possono ben essere immaginati come una specie di ossessione per chi è abituato a tutt’altra musica, o spartito. 

L’intervista della capogruppo al Senato dei 5 Stelle

Tanta comprensione però non arriva ad averne anche per un’intervista appena rilasciata contro l’ipotesi di Draghi al Quirinale dalla presidente del gruppo 5 Stelle al Senato, ancora fresca di elezione, Maria Domenica Castellone, Mariolina per gli amici. La quale ha detto al Corriere della Sera: “Io non amo il totonomi. Sono una scienziata e anche in questo mi piacciono le analisi basate sui dati. E’ innegabile che l’Italia ora abbia bisogno di stabilità e di credibilità a livello internazionale, Questo governo è nato per completare la campagna vaccinale e attuare il piano nazionale di ripresa. Entrambi i percorsi sono ancora incompiuti. Anzi uno, il piano della ripresa, è appena partito. E per questo ritengo opportuno che il presidente Draghi prosegua il lavoro intrapreso”.  Così anche la capogruppo grillina del Senato ha cercato di conficcare il suo chiodo nelle mani e nei piedi del presidente del Consiglio per crocifiggerlo a Palazzo Chigi, considerando evidentemente nessun altro in condizione di sostituirlo e sostituendosi a lui  nel ruolo eventuale di capo dello Stato. Al quale spetta la nomina del capo del governo. Lo abbiamo visto bene proprio in occasione dell’arrivo di Draghi a Palazzo Chigi, disposto da Sergio Mattarella in modo del tutto autonomo dai partiti consultati per la soluzione dell’ultima crisi, anche se Matteo Renzi cercò subito di mettere il cappello sulla scelta attribuendosene il merito. 

Paola Taverna al Senato
Roberto Fico alla Camera

Non vorrei mancare di rispetto per la giovane dottoressa in medicina, specializzata nella cura dei tumori, ricercatrice con tanto di curriculum. La quale può ben inorgoglirsi in un movimento in cui il più alto incarico istituzionale a sua disposizione -quello di presidente della Camera- è coperto da Roberto Fico, laureatosi a Trieste in scienze della comunicazione con una tesi sull’identità sociale e linguistica della musica neomelodica napoletana, e il secondo incarico – quello di vice presidente del Senato- a Paola Taverna. Che prima di essere eletta senatrice era stata per 13 anni impiegata in un poliambulatorio di analisi cliniche. Ma, pur con tanti palmi sopra i compagni di partito, temo che Mariolina Castellone abbia un pò esagerato a scomodare la scienza per motivare la valutazione tutta politica di una questione -quella quirinalizia- che sta in fondo dominando nel dibattito pubblico più ancora delle misure adottate e da adottare nella lotta alla pandemia in versione Omicron. 

Ripreso da http://www.startmag.it

Conte tradito dal maschilismo… quirinalizio dei grillini

Titolo del Dubbio

Poteva o addirittura doveva essere una geniale via d’uscita, ma l’edizione tutta al femminile della corsa al Quirinale immaginata da Giuseppe Conte, o attribuitagli un pò da tutti i giornali dopo il fermo natalizio di due giorni, sembra essersi già risolta in una complicazione per l’ex presidente del Consiglio. Che, per quante consultazioni si fosse preoccupato di fare all’interno del MoVimento condotto nel minaccioso silenzio del “garante” Beppe Grillo, ha incontrato o scoperto enormi difficoltà alla comparsa delle prime indiscrezioni sulla sua ricerca della donna più adatta per un esordio quirinalizio.

            Era già apparso un segnale negativo il sostanziale silenzio del Fatto Quotidiano, che gode di una certa attenzione e influenza sotto le cinque stelle: un silenzio -si è subito sospettato- indicativo del timore di Marco Travaglio di vedere aumentare, anziché ridurre le sue paure di cattive sorprese da una corsa che gli ha procurato l’ossessione di un Silvio Berlusconi, o di un Giuliano Amato, o di un Sergio Mattarella alla fine convertito all’offerta di una conferma a tempo, come avvenne con Giorgio Napolitano nel 2013. Che peraltro Travaglio ritenne dal primo momento fintamente contrario ad una rielezione, impegnato invece da anni, se non da mesi, a predisporre il terreno di un prolungamento del suo “regno”. Tutti chiamavamo Napolitano sui giornali italiani, ma anche altri sui giornali stranieri, “Re Giorgio”: e non solo per la somiglianza fisica al compianto Umberto di Savoia, su cui lo stesso presidente della Repubblica  aveva scherzato negli anni giovanili.  Così come Bruno Vespa scherza  ancora sulla somiglianza a Mussolini decantata e spiegata  una volta in televisione anche da Alessandra, la nipote parlamentare del Duce.

            Il povero Conte, colto di sorpresa dalle prime reazioni non entusiasmanti alla sua idea di un epilogo femminile della corsa al Quirinale, e tradotta in particolare da Repubblica in una rosa di tre candidate come Elisabetta Belloni, Letizia Moratti e Paola Severino, in ordine rigorosamente alfabetico, ha cercato di correre ai ripari con riunioni e incontri suppletivi all’interno del MoVimento 5 Stelle. Cui una volta tanto Luigi Di Maio ha potuto sottrarsi con una giustificazione inoppugnabile, essendo in missione in Tunisia. Ma tanta attività consultoria di recupero non è bastata ad evitare interviste urticanti come quella concessa al Corriere della Sera dall’ex ministro Vincenzo Spadafora. Che reclama una discussione impossibile nel Consiglio Nazionale messo nello statuto del MoVimento e non ancora formalizzato dal presidente.

            In questa situazione rischia di naufragare anche la candidatura al Quirinale appena lanciata, tramite l’ospitale Foglio, della giudice costituzionale Silvana Sciarra, eletta alla Consulta dalle Camere nel 2014 con una maggioranza che sembrò allora di terzo tipo: estesa dai grillini al Pd di Matteo Renzi e a Forza Italia.

Pubblicato sul Dubbio

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