Quel vaffa… a sorpresa di Mario Draghi all’Unione Europea

Miracolo a Roma, questa volta non a Milano come nel famoso film drammatico di Vittorio De Sica nel 1951. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, l’ex presidente della Banca Centrale Europea, quello che salvò l’euro da morte prematura, il super europeista che i grillini immaginavano al servizio dei poteri forti, anzi fortissimi, prima di ricevere il contrordine dal comico fondatore e garante del Movimento 5 Stelle, a costo di spaccarsi e di impazzire, ha preso in prestito proprio da Grillo un vaffa..e l’ha scagliato contro i mammasantissima di Bruxelles e dintorni. Che avevano appena protestato contro le ultime misure adottate a Roma contro il traffico da Covid, chiamiamolo così, lungo le frontiere nazionali.  

Titolo del Riformista

Ora ci sarebbe solo da capire, leggendo i giornali di varia tendenza, se questo miracolo di un Draghi improvvisamente “sovranista”, o “patriota”, per dirla con la sempre più rampante Giorgia Meloni, cresciuta come un fungo dopo la pioggia caduta sull’ultimo raduno dei fratelli d’Italia, lo dobbiamo più al Covid e alle sue varianti o alla corsa al Quirinale. Cui il presidente del Consiglio è stato iscritto d’ufficio in concorrenza, fra gli altri, con un Silvio Berlusconi tanto sinceramente e fortemente europeista da  poter compensare da solo gli errori, pasticci e quant’altro dei suoi alleati nel centro-destra, con tanto di trattino.

Titolo di Libero

Il punto interrogativo, e in rosso, che ha messo Libero alla “mossa per il Colle” attribuita, o attribuibile, a Draghi nel suo scontro da “patriota” con i maggiorenti dell’Unione Europea sembra più pleonastico che altro. E si sposa un pò, sotto sotto, con l’acredine di un giornale apparentemente opposto come Il Fatto Quotidiano. Il cui direttore Marco Travaglio, incoraggiato sinistramente dall’andamento della pandemia, che potrebbe ridurre o eliminare il vantaggio acquisito contro di essa  da Draghi sul predecessore Giuseppe Conte -“l’amor loro” dei “fattisti”, chiamiamoli così- ha commentato o sfottuto: “Il migliore dei Migliori, con 129 morti e 23 mila infetti in 24 ore, che fa? Con un occhio al Colle, pensa di fermare Omicron alla frontiera con la quarantena per stranieri non vaccinati, come se non avessimo decine di migliaia di pendolari che fanno la spola con Svizzera, Francia e Austria. Se non ci fosse da piangere, verrebbe da ridere”. 

Titolo di Domani
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano

Per fortuna di Draghi un transfuga del Fatto che ora dirige il nuovo giornale di Carlo De Benedetti, Domani, cioè Stefano Feltri, omonimo e nulla di più di papà Vittorio e figlio Mattia, ha provveduto a inzuccherare, diciamo così, lo scontro del presidente del Consiglio italiano con l’Unione Europea. Non con quest’ultima ce l’avrebbe il Draghi a sorpresa sovranista ma con la sua “burocrazia”, incapace di valutare i dati della pandemia e le conseguenti misure imposte al governo italiano. 

Titolo del Giornale

Neppure il Giornale della famiglia Berlusconi, anch’esso forse “con un occhio al Colle”, come dicono al Fatto Quotidiano, è arrivato a tanta comprensione e difesa del Draghi a sorpresa sovranista. Al quotidiano che fu di Indro Montanelli hanno preferito la versione dura del “tampone a chi entra in Italia” trasformatosi nel “primo scontro Draghi-Europa”, in coincidenza o in sintonia -come preferite- con “l’ira del centrodestra sui migranti”. 

Ah. ripeto, che strani  effetti non so se più del Covid -questo perfido nemico che ce ne combina di tutti i colori, alla faccia anche del generale Francesco Paolo Figliuolo e del suo medagliere sul petto- o di una corsa al Quirinale che deforma anche i sampietrini sui quali si svolge. 

Ripreso da http://www.startmag.it

Come la Meloni preoccupa Berlusconi a voce e per iscritto

Titolo del Dubbio

Verba volant, scripta manent. Nella trascrizione stampata dell’intervista elettronica di Giorgia Meloni al Corriere della Sera dopo il successo mediatico del convegno annuale dei suoi fratelli d’Italia c’è la conferma di tutta la problematicità, diciamo così, dell’adesione del centrodestra alla candidatura, sinora potenziale peraltro, di Silvio Berlusconi al Quirinale. 

Meloni al Corriere della Sera

Non solo la giovane ex ministra dello stesso Berlusconi ha ribadito che di questa candidatura vanno verificati “i numeri” -non so se preventivamente, nei contatti con gli altri partiti o gruppi parlamentari, o anche nei fatti, cioè nelle prime votazioni solitamente riservate ai cosiddetti candidati di bandiera- ma ha parlato di “proposte”, al plurale, accennando alla posizione del centrodestra nel  confronto con le altre forze politiche sul problema della successione a Sergio Mattarella. 

E’ già da tempo che il Giornale della famiglia Berlusconi diffida negli articoli e nei titoli dei “ma” che accompagnano spesso gli apprezzamenti degli alleati per l’ex presidente del Consiglio fondatore del centro-destra, col trattino ripristinato dall’interessato negli ultimi mesi, e la loro disponibilità a sostenerne la corsa al Colle: una corsa da “patriota”, come proprio la Meloni ha tenuto a definire il Cavaliere per farlo entrare nella sagoma politica del presidente della Repubblica da lei disegnata arringando il suo pubblico. 

Il direttore in persona del Giornale, strapazzato per questo come ricattatore dal solito Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, ha ammonito gli alleati di Berlusconi che rischiano davvero grosso con l’eventuale naufragio della sua candidatura, evidentemente non più tanto o solo potenziale. In particolare, con la rottura del centrodestra, con o senza trattino, sia la Meloni sia Matteo Salvini perderebbero la possibilità che pure si contendono di arrivare a Palazzo Chigi a cavallo di una coalizione elettoralmente vincente. 

Silvio Berlusconi

Non arrivo, per carità, alla malizia di sospettare anch’io, come altri, un certo malumore -e non solo prudenza-  per gli ostacoli ai suoi progetti o desideri dietro la improvvisa rinuncia di Berlusconi alla partecipazione all’ultima presentazione -in ordine cronologico- dell’abituale libro di fine anno di Bruno Vespa. Ma di certo l’ex presidente del Consiglio non deve avere gradito i segnali d’intermittenza, quanto meno, provenienti dal suo campo anche dopo  il verosimile allontanamento di una candidatura di Draghi al Quirinale per la proroga dello stato di emergenza in cui opera il governo. Che senza tanta guida potrebbe essere o apparire precario, sapendo bene quanto l’apparire e l’essere si assomiglino in politica. E non solo in magistratura, come ammonì saggiamente l’allora presidente della Repubblica Pertini parlando dell’autonomia e dell’indipendenza delle toghe ben prima di “Mani pulite” e di tutto il resto.

Pubblicato sul Dubbio

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