
Verba volant, scripta manent. Nella trascrizione stampata dell’intervista elettronica di Giorgia Meloni al Corriere della Sera dopo il successo mediatico del convegno annuale dei suoi fratelli d’Italia c’è la conferma di tutta la problematicità, diciamo così, dell’adesione del centrodestra alla candidatura, sinora potenziale peraltro, di Silvio Berlusconi al Quirinale.

Non solo la giovane ex ministra dello stesso Berlusconi ha ribadito che di questa candidatura vanno verificati “i numeri” -non so se preventivamente, nei contatti con gli altri partiti o gruppi parlamentari, o anche nei fatti, cioè nelle prime votazioni solitamente riservate ai cosiddetti candidati di bandiera- ma ha parlato di “proposte”, al plurale, accennando alla posizione del centrodestra nel confronto con le altre forze politiche sul problema della successione a Sergio Mattarella.
E’ già da tempo che il Giornale della famiglia Berlusconi diffida negli articoli e nei titoli dei “ma” che accompagnano spesso gli apprezzamenti degli alleati per l’ex presidente del Consiglio fondatore del centro-destra, col trattino ripristinato dall’interessato negli ultimi mesi, e la loro disponibilità a sostenerne la corsa al Colle: una corsa da “patriota”, come proprio la Meloni ha tenuto a definire il Cavaliere per farlo entrare nella sagoma politica del presidente della Repubblica da lei disegnata arringando il suo pubblico.
Il direttore in persona del Giornale, strapazzato per questo come ricattatore dal solito Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, ha ammonito gli alleati di Berlusconi che rischiano davvero grosso con l’eventuale naufragio della sua candidatura, evidentemente non più tanto o solo potenziale. In particolare, con la rottura del centrodestra, con o senza trattino, sia la Meloni sia Matteo Salvini perderebbero la possibilità che pure si contendono di arrivare a Palazzo Chigi a cavallo di una coalizione elettoralmente vincente.

Non arrivo, per carità, alla malizia di sospettare anch’io, come altri, un certo malumore -e non solo prudenza- per gli ostacoli ai suoi progetti o desideri dietro la improvvisa rinuncia di Berlusconi alla partecipazione all’ultima presentazione -in ordine cronologico- dell’abituale libro di fine anno di Bruno Vespa. Ma di certo l’ex presidente del Consiglio non deve avere gradito i segnali d’intermittenza, quanto meno, provenienti dal suo campo anche dopo il verosimile allontanamento di una candidatura di Draghi al Quirinale per la proroga dello stato di emergenza in cui opera il governo. Che senza tanta guida potrebbe essere o apparire precario, sapendo bene quanto l’apparire e l’essere si assomiglino in politica. E non solo in magistratura, come ammonì saggiamente l’allora presidente della Repubblica Pertini parlando dell’autonomia e dell’indipendenza delle toghe ben prima di “Mani pulite” e di tutto il resto.
Pubblicato sul Dubbio
Rispondi