Lo spettacolo davvero insolito di una separazione consensuale in politica

La notizia è talmente controcorrente rispetto all’andazzo politico che non se n’é trovata traccia nelle prime pagine dei giornali, pur generose con tutti gli starnuti e i sospiri che si levano dai partiti vecchi e nuovi, grandi e piccoli, persino minuscoli, con percentuali elettorali da prefisso telefonico nei sondaggi che si inseguono in questa fine di legislatura. Sto scrivendo della separazione consensuale di Alternativa Popolare, già Nuovo Centro Destra, decisa all’unanimità dalla direzione nazionale al termine di due riunioni in cui nessuno ha insultato l’altro, e tanto meno gli ha lanciato contro sedie, o portacenere, o bicchiere, o solo una penna biro, o una dichiarazione alle agenzie di stampa.

Tutti si sono trovati d’accordo a lasciarsi senza rancori e recriminazioni da mettere in piazza, come si diceva una volta delle lavandaie. Ciascuno si accaserà dove vorrà nei campi, chiamiamoli così, delle elezioni di marzo. Chi vorrà tornarsene da Silvio Berlusconi, poco importa se per affetto, convinzione o opportunismo, visto che l’uomo di Arcore è rimasto primattore, lo farà a suo rischio e pericolo, visto che da quelle parti si sprecano ancora i veti contro chi ha osato governare col Pd  dopo l’ordine impartito dall’allora Cavaliere di passare all’opposizione, quattro anni fa. Chi invece vorrà rimanere con Matteo Renzi, allestendo una lista di apparentamento col Pd, lo farà senza sentirsi dare dai suoi concorrenti del poltronista incallito, e senza più incorrere nei veti di una certa sinistra uscita dall’orbita dell’ex presidente toscano del Consiglio.

La separazione -pensate un pò- è stata ed è così consensuale che i filoberlusconiani e i filorenziani hanno deciso di restare negli stessi gruppi parlamentari sino alle elezioni, oltre quindi lo scioglimento formale delle Camere, per conservare gli uni e gli altri il vantaggio di presentare le loro liste senza dovere raccogliere la quantità sproporzionata di firme prescritta da una legge contro la quale sta protestando un giorno si e l’altro pure la radicale Emma Bonino. Che è impegnata pure lei, senza avere però un gruppo parlamentare alle spalle, ad allestire con gli amici una lista apparentata col Pd.

Di controcorrente, o insolito, come preferite, nella separazione consensuale di quelli che ruppero a suo tempo con l’allora Cavaliere definendosi  con Angelino Alfano “diversamente berlusconiani”, c’è stata anche la rinuncia dello stesso Alfano a ricandidarsi: una rinuncia finalizzata, per il ruolo di leader da lui  svolto in quella rottura, a facilitare l’accasamento elettorale degli amici.

Questo Alfano, messo in croce per una legislatura come un poltronista da record, aggiungendo i Ministeri addirittura dell’Interno e degli Esteri a quello della Giustizia guidato nella precedente legislatura, quando era il delfino di Berlusconi, prima di sentirsi negare il famoso “quid”, si è rivelato decisamente migliore dei suoi critici ed avversari. Negarlo sarebbe da disonesti.

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