Quando hanno ricevuto dall’amico Jacopo Fo, figlio dello scomparso premio Nobel Dario, un articolo in difesa di Maria Elena Boschi dagli attacchi secondo lui sessisti, o maschilisti, rivoltele all’ombra o col pretesto della vicenda della banca vice presieduta per un po’ dal padre, immagino che al Fatto Quotidiano si siano chiesti, increduli, che cosa farne. Increduli, perché il giornale diretto da Marco Travaglio si è distinto, a dir poco, contro la renziana ex ministra delle riforme e dei rapporti col Parlamento, ora sottosegretaria di Paolo Gentiloni alla presidenza del Consiglio.
Per un po’ in redazione debbono essere stati tentati di liquidare il problema ripetendosi a memoria un aforisma famoso di Pietro Metastasio. Che dice: “Voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale. Non si trattien lo strale, quando dall’arco uscì”. Ma con quell’impertinente di Jacopo Fo il “sen” del Metastasio calza fino ad un certo punto, perché più ancora del senno del figlio di Dario c’era da parlare del seno della Boschi e di tutto il resto della sua avvenenza fisica, comprese le caviglie appoggiate sui tacchi misura 12.
La decisione alla fine è stata salomonica. L’articolo è stato diffuso dall’edizione digitale del Fatto Quotidiano con questo titolo: “Banche, l’uso del seno della Boschi come arma di distrazione di massa”. Cioè, per distrarre l’attenzione dal vero scandalo delle banche e dai loro responsabili, compresi i tanti amici degli amici, rimasti generalmente sconosciuti, oltre che impuniti, che hanno potuto ottenere prestiti smisurati contando di non restituirli perché vi avrebbero provveduto i contribuenti: i soliti noti che pagano le tasse al posto degli evasori incalliti.
Vediamo che cosa succede, debbono essersi detti nel giornale di Travaglio pensando ai naviganti, o “webeti”, come li ha chiamati una volta Enrico Mentana. In effetti, l’articolo non è passato inosservato. Sino al momento in cui ho consultato il sito del Fatto Quotidiano ho contato 103 commenti, non tutti contrari con grande sorpresa –penso- per quanti imbottiscono le edizioni cartacee di quel giornale di pallottole d’inchiostro contro i malcapitati di turno, uomini o donne che siano. Qualcuno, come un certo Iumberto, ha proposto davvero, non per scherzo o dileggio, “un’ovazione di un quarto d’ora” per l’autore, attore e scrittore, come il giornale ha presentato Iacopo Fo ai lettori. Un altro, Roberto, ha scritto: “Bravo, Jacopo, finalmente qualcuno ci porta sul pianeta Terra”, con i richiami evidentemente a tutti quegli impuniti sfuggiti all’attenzione dei vignettisti e degli editorialisti accecati dalle fattezze della Boschi.
In verità, anche i dissidenti si sono generalmente contenuti. “A Jacopo, che stai a dì”, gli ha chiesto tale Ortottico, sorpreso dalle “scemenze” di tanto figlio. “Franca Rame, grande attrice e gran bella donna, se avesse letto queste amenità, ti avrebbe sculacciato e lasciato senza paghetta per una settimana”, gli ha scritto bonariamente Brian Beagle. “Tutto giusto, caro Jacopo, ma vieni a scriverlo proprio qui, sul Fatto ?”, gli ha chiesto, incredulo, Udovich.
Con la sigla Sp 1959 un navigante ha cercato di contestare a Jacopo Fo l’opportunità di occuparsi “di argomenti per i quali non si ha alcuna preparazione, tanto per scrivere qualcosa”. Ma si è visto rispondere a dovere, avendo probabilmente avuto, Iacopo, occasioni di rapporti non felici con le banche.
Naturalmente tutto rimarrà invariato nella linea e nello stile del Fatto Quotidiano destinato alle edicole. La Boschi non si faccia illusioni.