Sciocchezzando tra Putin, Berlusconi, Salvini e Vittorio Feltri…

Chissà se Silvio Berlusconi ha incluso fra le “sciocchezze” contro l’amico Putin, da lui lamentate sul Corriere della Sera commentando le voci americane sugli aiuti del Cremlino ai partiti italiani di Matteo Salvini e di Beppe Grillo, anche il titolo del quotidiano Libero in prima pagina, che si compiace invece di quello sciocchezza per la parte riguardante la Lega. Di cui auspica con un “Magari” la vittoria di Salvini nelle prossime elezioni politiche: la vittoria di Salvini, ripeto, prima ancora del centrodestra. Che significherebbe nei fatti la sconfitta di Berlusconi, perché un centrodestra con Salvini vincente, nelle sue dichiarate ambizioni personali e politiche, sarebbe a conduzione leghista, non più forzista.

Libero, che appartiene al mondo editoriale del centrodestra, è da tempo il giornale più chiaramente simpatizzante della Lega, anche se da qualche tempo ha smesso di considerare Berlusconi “finito”, come previde o annunciò invece Vittorio Feltri l’anno scorso tornando a guidarlo, come direttore editoriale,   al termine di una seconda e lunga collaborazione col  Giornale di famiglia dell’ex presidente del Consiglio.

Libero, appunto, dal Giornale fondato nell’ormai lontano 1974 da Indro Montanelli, di cui prese il posto nel 1994 in coincidenza con la candidatura di Berlusconi a Palazzo Chigi osteggiata dallo spigolosissimo giornalista toscano, Vittorio Feltri liquidò a suo modo i rapporti col suo vecchio editore scrivendo di avere da lui molto ricevuto, ma meno di quanto egli gli avesse dato. Allora sembrava che il successore di Montanelli fosse attratto politicamente da Matteo Renzi e dalla causa referendaria della riforma costituzionale. Così almeno scrisse e protestò Maurizio Belpietro, sentitosi allontanato all’improvviso dalla direzione di Libero perché troppo antirenziano. E perciò messosi rapidamente alla ricerca di altri editori per fondare un nuovo giornale –la Verità- che vive francamente Renzi e il renzismo come ossessioni.

Le cose poi sul versante feltriano sono cambiate. La sconfitta referendaria di Renzi e le  successive difficoltà del segretario del Pd, non più presidente del Consiglio, hanno consigliato al direttore editoriale di Libero un aggiornamento. Di Berlusconi egli è tornato ad ammirare la vitalità, pur non risparmiandogli frecciate o addirittura attacchi, come quello di promettere troppo agli elettori, senza badare a spese. Che sono poi quelle degli altri, non del presidente di Forza Italia.

Più ruspante e credibile è tornata tuttavia ad apparire la Lega a Feltri, che già ai tempi di Umberto Bossi lo aveva attratto,  nei primi anni Novanta, quando Vittorio aveva ereditato un giornale agonizzante –l’Indipendente- rimettendolo per un po’ in piedi come megafono della Procura di Milano e delle sue indagini su Tangentopoli. Lo avrebbe poi ammesso lui stesso, in un vivace confronto col figlio Mattia, che glielo aveva rimproverato in un libro sul biennio del “terrore” giudiziario di “Mani pulite”.

Certo, Bossi ormai è da museo politico. Ma la Lega di Salvini deve apparire a Feltri senior non meno ruspante di quella dell’ex senatur, e persino meglio attrezzata, persino oltre i confini della vecchia Padania. Se poi a farne le spese, con o senza l’aiuto di Putin, sarà Berlusconi sicuramente Vittorio Feltri non si strapperà le vesti.

Travaglio scivola sulla cattiveria di giornata, destinata a Dell’Utri

So che è sempre minatissima la strada delle critiche alla satira, scritta o disegnata che sia. Si rischia di esagerare e sbagliare più di quanto si ritiene che abbia fatto il corsivista o il vignettista di turno. Ma credo che questa volta abbiano davvero oltrepassato il segno del buon senso e del buon gusto sia chi ha scritto sia chi ha deciso di pubblicare “la cattiveria” di giornata sul Fatto Quotidiano, dedicata al rifiuto di Marcello Dell’Utri di alimentarsi e di curarsi, volendo lasciarsi morire in carcere. Dove il tribunale di sorveglianza di Roma, a dispetto del parere anche del perito del magistrato d’accusa, ha deciso che l’ex parlamentare debba rimanere nonostante condizioni di salute che non un amico, ma un avversario politico come Pier Luigi Bersani ha ritenuto più che sufficienti per differire la pena a “un qualsiasi Pincopalla”.

Ebbene, il cattivo -senza virgolette- del giornale diretto da Marco Travaglio ha avuto la fantasia di attribuire lo sciopero della fame e delle cure deciso dal detenuto al proposito di dimagrire a tal punto da poter “provare a passare attraverso le sbarre” e riconquistare così la libertà prima di avere scontato del tutto la pena a sette anni.

Questa pena è stata comminata a Dell’Utri per quel  controverso reato di concorso esterno in associazione mafiosa creato artificiosamente dalla giurisprudenza e applicato con effetto retroattivo rispetto ai fatti addebitatigli in via definitiva. E destinati perciò a cadere con la bocciatura della giustizia europea, come è già avvenuto per Bruno Contrada. Vi dice nulla il nome di questo fedele servitore dello Stato, di cui la Polizia ha dovuto ricostruire la carriera restituendogli l’onore toltogli abusivamente dai tribunali italiani?

Contro Dell’Utri, che pure negli anni scorsi dovette sudare le proverbiali sette camicie per ottenere dal direttore del carcere dove era in quel momento rinchiuso il diritto di abbonarsi proprio al Fatto Quotidiano per riceverlo ogni giorno, il giornale di Travaglio è di una cattiveria -sempre senza virgolette- recidiva.

Già all’annuncio del suo sciopero della fame e delle cure, con un lungo titolo sopra la testata, il giornale travagliato aveva invitato a non prendere sul serio Dell’Utri, o comunque a non preoccuparsi, perché in carcere ci sono ottimi medici, in grado evidentemente di scongiurare anche i suicidi. Ma i fatti, quelli veri, come si evince consultando un po’ di dati, non mi sembrano confortare questa fiducia.

Ho la sensazione, spero sbagliata, che le sbarre fra le quali è rinchiuso Marcello Dell’Utri siano già troppo larghe rispetto a quelle nelle quali Travaglio ha deciso di chiudere spontaneamente la propria intelligenza, oltre al buon gusto.

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