Trovo un pò sospette la coralità e la rapidità censorie -perché di censura si è trattato, sia pure a diffusione avvenuta- contro il sabato galeotto di Paola Perego in televisione, alla Rai.
Ad occhio e croce, sul piano giornalistico, l’argomento c’era. Non era inventato perché basta frequentare un bar, un autobus, un mercato, un barbiere o un parrucchiere per sentir parlare degli italiani attratti dalle donne dell’est, e a volte persino delle proteste delle mogli e fidanzate italiane per la concorrenza che viene dal freddo, si sarebbe detto negli anni della omonima cortina. E ciò senza dare per forza delle mignotte -scusate la parolaccia- alle straniere, o dei maniaci a chi le corteggia.
La rivolta contro la Perego -ma curiosamente non contro i responsabili della struttura da cui doveva dipendere per forza la sua trasmissione- mi puzza tanto di conformismo.
Non è che si è voluto approfittare della prima occasione per far pagare alla conduttrice, intrattenitrice o come altro la vogliamo chiamare alcune “colpe” quali quelle di essere brava e carina? E di avere avuto una trasmissione alla quale aspirava, magari, una o un concorrente troppo deluso? L’invidia è il più conformistico e diffuso dei vizi umani.
Adesso insultatemi pure, sospettando magari che io sia a “libro paga” del danaroso compagno di Paola Perego, anche se non conosco né l’uno né l’altra.
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