La falsa partenza del centrodestra riconosciuta anche da Berlusconi

Mattia Feltri sulla Stampa
Alessandro Sallusti su Libero

E’ una parola far capire a Silvio Berlusconi, come ha scritto su Libero Alessandro Sallusti, che “deve farsi una ragione del fatto che in questo momento della vita non ha i numeri per comandare in politica come è abituato a fare da sempre”. Ma è una parola anche far capire a Giorgia Meloni, ormai lanciata verso Palazzo Chigi, che “deve tenere conto, nei modi e nella sostanza, che non si trova di fronte a un leader qualunque ma a un uomo che ha scritto pagine importanti nella storia di questo paese”, sempre secondo Sallusti. Un uomo, tuttavia, che Mattia Feltri sulla Stampa considera  ormai “abbattuto” dalla destra “in tre minuti”, contro i trent’anni sprecati dalla “vecchia sinistra” cercando di essere lei a farlo fuori. 

Titolo del Giornale

Immagino che di questa specie di necrologio Berlusconi non sia per niente convinto, fermo a considerare quella di ieri al Senato, con l’elezione di Ignazio La Russa a presidente con i voti di una ventina di “franchi tiratori” dell’opposizione, sostituitisi a Forza Italia renitente alla leva, chiamiamola così, soltanto una “falsa partenza”, secondo il titolo del Giornale di famiglia dell’ex presidente del Consiglio. Che giù 24 ore prima aveva avvertito che qualcosa non andava ai nastri, appunto, di partenza raccontando che il Cavaliere era “tornato” al Senato, con tanto di foto e di commozione, ma “il centrodestra quasi”. 

Il voto di Berlusconi al Senato

Di fronte a quanto è accaduto con e per l’elezione di Ignazio La Russa alla seconda carica dello Stato, prontamente ricevuto con i dovuti onori al Quirinale, lo spettacolo più inutile ma al tempo stesso più scontato è quello della caccia ai traditori, cioè a quella ventina di senatori che hanno sterilizzato le assenze polemiche dei forzisti. Una caccia alla quale persino Berlusconi ha in qualche modo partecipato avvelenando anche lui i pozzi: per esempio, decidendo all’ultimo momento di votare, dopo avere disarmato i suoi senatori. 

Titolo del Riformista

Un esperto di queste cose, Pier Luigi Bersani, avendoci rimesso a suo tempo il posto sia di presidente del Consiglio incaricato sia di segretario del Pd per non essere riuscito a fare eleggere nessuno dei suoi candidati al Quirinale alla scadenza del mandato di Giorgio Napolitano, ha riso in televisione di questa caccia ai traditori. E ha consigliato di leggerne bene solo “il segnale” di disponibilità ad aiutare il centrodestra in affanno nel proseguimento di questa diciannovesima legislatura, da mettere in qualche modo in sicurezza come altre si segno politico opposto in passato. Una legislatura che non avrà una luna di miele, ma di fiele, secondo il perfido titolo del Riformista, convinto peraltro che “la grana” non sia Licia Ronzulli, sostenuta nelle sue ambizioni ministeriali da Berlusconi contro le resistenze della Meloni, ma “la strategia politica” del Cavaliere.  

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