Berlusconi a tutto campo nel suo ruolo di regista, ma altro ancora……

Dalla prima pagina della Stampa

La scelta di certo non è stata casuale. Silvio Berlusconi ha voluto lasciare i suoi messaggi sul nuovo governo proprio alla Stampa che gli aveva attribuito ieri un intervento a gamba tesa su Giorgia Meloni, peraltro attesa proprio oggi a Milano, perché gli lasciasse l’ultima parola -diciamo così- almeno su Forza Italia, ma anche su altro, nelle trattative sui nuovi ministri. Che dovranno essere -ha confermato in una intervista appunto alla storica testata torinese- il più possibile politici, pur con tutto il rispetto che meritano i tecnici. 

Di ambizioni personali l’ex presidente del Consiglio ha mostrato di coltivarne una sola “al di là di qualsiasi incarico formale, specialmente nello scenario internazionale”. “Quando le circostanze lo consentiranno -ha detto parlando del conflitto in Ucraina appena aggravato da Putin con l’annessione pseudoreferendaria delle zone occupate militarmente- sarò il primo a insistere per una soluzione diplomatica, perché considero la guerra intollerabile, la follia delle follie”. 

Par di capire che Berlusconi, forte di un vecchio rapporto di amicizia personale con Putin, per quanto affievolito negli ultimi tempi dalle sorprese riservate da Mosca anche a lui, voglia davvero riparare all’ultima, enorme gaffe commessa alla vigilia delle elezioni, quando disse che al Cremlino all’inizio volevano solo sostituire Zelensky e amici a Kiev con un pò di “persone per bene”. “Una soluzione diplomatica -ha tenuto a precisare questa volta, dichiarandosi in sintonia col governo uscente di Mario Draghi- implica l’assoluta unità dell’Occidente e non può contemplare in nessun caso il sacrificio della liberà e dei diritti del popolo ucraino”. Se sono rose fioriranno. Certo, sarebbe un gran bel colpo se il Cavaliere riuscisse da Arcore a rianimare uno scenario di pace in quest’Inferno che è diventata l’Europa. 

Mario Draghi

Non sono mancate curiosità anche nei dettagli, chiamiamoli così, della politica interna italiana, dove Berlusconi si è addentrato per riconoscere, per esempio, “il poderoso recupero dei 5 Stelle” compiuto da Giuseppe Conte e sottolineare la “modesta crescita” di Caro Calenda e di Matteo Renzi, avvenuta secondo lui senza “rubare” un solo voto alla sua Forza Italia. Che starebbe molto meglio di come la dipingono quanti l’hanno abbandonata. L’uomo, si sa, è coriaceo. E chissà che non gli riesca di contribuire, da quell’angolo della Brianza dove vive in una dimensione tutta sua, anche a tutelare Draghi come “patrimonio del Paese, al quale non possiamo rinunciare”. “Ovviamente avrebbe tutte le carte in regola per occupare un ruolo apicale nelle istituzioni internazionali”, ha detto Berlusconi pensando forse alla segreteria generale della Nato, dove aveva già tentato a suo tempo di fare arrivare il suo ministro della Difesa Antonio Martino. Che -benedett’uomo- non ne aveva tanta voglia perché l’incarico avrebbe troppo compromesso le sue abitudini di vita, a cominciare dal pisolino dopo pranzo rigorosamente in pigiama. Grandissimo Martino, andatosene via quest’anno all’improvviso e in punta di piedi.

E di Giorgia Meloni, la sua ex ministra, quasi una mascotte, ormai lanciata verso Palazzo Chigi ? “Prudente ed equilibrata”.

Ripreso da http://www.policymakermag.it

Per inseguire Conte il Pd perde anche il vecchio arco costituzionale

Titolo del Dubbio

Carlo Calenda mostra di non crederci molto. Rimane convinto che sia più probabile un suo sbarco su Marte che una riforma costituzionale come quella proposta o immaginata da Giorgia Meloni. Al cui governo  egli assegna pochi mesi di vita: il tempo forse della prima e unica conferenza stampa di fine anno. Matteo Renzi dal lontanissimo Giappone, pur con tutta la specializzazione che ha maturato costruendo e demolendo maggioranze, si è mostrato invece più cauto, una volta tanto meno sbrigativo. E anche dall’opposizione ha annunciato che col centrodestra “schiererà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali” perché “siamo sempre pronti a riscrivere insieme le regole”. 

Peraltro è svanito il pericolo di un’autosufficienza di Giorgia Meloni e alleati su questa strada, cioè di una maggioranza così larga da poter chiudere la partita direttamente in Parlamento con la procedura della doppia lettura prevista dall’articolo 138 della Costituzione, senza la verifica referendaria risultata fatale a precedenti tentativi riformisti di Silvio Berlusconi e dello stesso Renzi.

La disponibilità di quest’ultimo a partecipare ad un’organica, profonda modifica del sistema costituzionale invecchiato di oltre settant’anni -si vedrà di che tipo particolare di presidenzialismo, fra i vari esistenti altrove o da inventare appositamente per l’Italia, magari chiamandolo in latinorum come si è disgraziatamente fatto con le leggi elettorali- trova il Pd nella solita posizione scomoda di distrazione. 

La strada che il partito erede delle sinistre comunista e democristiana, più cespugli verdi e radicali, ha imboccato con l’annuncio delle dimissioni del segretario Enrico Letta e la prospettiva di un congresso straordinario è quella dell’inseguimento di Giuseppe Conte. Che riconosce, bontà sua, alla destra di avere vinto le elezioni, ma non la rappresentatività necessaria per fare certe cose.

Il compianto Ciriaco De Mita

Meno male che Ciriaco De Mita riposa in pace da maggio. E’ morto in tempo per risparmiarsi il funerale del suo “arco costituzionale” di sinistra e il concepimento, quanto meno, di uno di segno opposto.

Pubblicato sul Dubbio

Blog su WordPress.com.

Su ↑