Meloni rovescia i rapporti immaginati da Berlusconi: è lei la garante

Il fotomontaggo sfottente del Fattp Quotidiano

Per quanto affiancata sorridente in una immaginaria operetta sul Fatto Quotidiano ad un Silvio Berlusconi pluridecorato al servizio di Putin, Giorgia Meloni ha preso pubblicamente e nitidamente le distanze dalle sortite del suo curioso e ormai un pò troppo ingombrante alleato avvertendo che mettersi fuori dalla Nato di fronte alla guerra in Ucraina significa mettersi fuori dal governo che lei si è proposta di fare prima ancora di riceverne l’incarico dal capo dello Stato. “Anche a costo di non farlo”, ha aggiunto la Meloni pensando -suppongo- alle complicazioni che potrebbero derivare, per esempio, da una imbarazzante impossibilità di proporre o ottenere dal presidente della Repubblica la nomina reclamata da Berlusconi del suo vice in Forza Italia, Antonio Tajani, a ministro degli Esteri.  

Quest’ultimo, per carità, non sarà d’accordo con la interpretazione sostanzialmente giustificazionista della guerra di Putin all’Ucraina ribadita da Berlusconi – peraltro in una orgogliosa e sostanziale rivendicazione di leadership addirittura mondiale- ma è stato pur messo in  difficoltà dal suo referente politico. 

Dalla prima pagina del Corriere della Sera

Si deve forse alla consapevolezza di questa obiettiva realtà se lo stesso Berlusconi ha avvertito all’ultimo momento la opportunità di una intervista al Corriere della Sera significativamente titolata in prima pagina così: “Dissidi? Voglio Giorgia premier. E condanno l’attacco russo”. Che però Berlusconi continua a considerare provocato anche dal comportamento del presidente ucraino Zelensky, per quanto sostenuto e aiutato militarmente dall’Italia con deliberazioni parlamentari approvate costantemente pure da Forza Italia. 

Antonio Polito sul Corriere della Sera

Se voleva essere una pezza questa intervista di Berlusconi, peraltro puntigliosa nel rivendicare la “diversità” delle forze che compongono il centrodestra, si è rivelata peggiore del buco a leggere l’editoriale dello stesso Corriere della Sera, affidato ad Antonio Polito, sulla “strada accidentata” della Meloni verso Palazzo Chigi. “Non basta l’età, né le compagnie, né l’indole da scorpione che punga anche chi se lo sta portando sulle spalle al governo, né un residuo maschilista che lo spinge a contestare l’autorità esercitata da una giovane donna, che lui non a caso chiama con sprezzo “signora”, e alla quale arriva a ricordare da dove viene il reddito del compagno”, cioè da Mediaset; “non basta tutto questo -ha scritto Polito- a sperare perché alla vigilia delle consultazioni il Cavaliere se ne vada ancora in giro depositando trappole sulla strada della futura premier”. 

Titolo della Stampa
Titolo di Repubblica

Si vedrà ora se la la “roulette russa” lamentata da Repubblica o quel Berlusconi che “sta con Putin” riproposto dalla Stampa saranno disinnescati dal tentativo di Giorgia Meloni di rovesciare praticamente i ruoli proposti da Silvio Berlusconi già in campagna elettorale, quando i sondaggi davano per scontata e netta la prevalenza della destra.  L’ex presidente del Consiglio rivendicò allora per sé il ruolo di “garante” -ricordate?- dell’europeismo, moderatismo, europeismo, atlantismo e altro ancora del futuro governo. 

Titolo di Libero
Titolo del Corriere della Sera

Ora è la Meloni che, in coincidenza con l’apertura delle consultazioni al Quirinale, garantisce in proprio tutti questi ismi contro un Berlusconi che si insegue tra dichiarazioni, precisazioni, smentite e tutto il repertorio di quello che una volta lui definiva con disprezzo “il teatrino della politica”. Sono parti rovesciate e, a dir poco, sorprendenti che hanno segnato l’avvio di questa legislatura e vedremo se e fino a quando destinate ad accompagnarne gli sviluppi. “Giorgia, vai avanti”, l’ha appena incoraggiato Libero dopo avere ieri gridato “Silvio, fermati”. 

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Berlusconi si traveste da Cossiga e piccona il centrodestra targato Meloni

Titolo del Dubbio

Le notizie da ma anche su Silvio Berlusconi arrivano ai e sui giornali come le picconate del compianto Francesco Cossiga nell’ultimo anno, all’incirca, del suo settennato al Quirinale: sempre in tempo per sfasciare le prime pagine, far deperire come frutta marcia un bel pò di articoli, aggiornarli più volte, farne cestinare irreparabilmente alcuni e improvvisarne altri in una rincorsa affannosa fra le redazioni e spesso il presidente della Repubblica in persona. Che si compiaceva ogni tanto a telefonare alle redazioni per verificare gli effetti delle sue sortite, fasi anticipare i titoli e quant’altro.

Alla fine eravamo davvero sfiniti lui e noi, rassegnati a replicare la sera o la notte successiva. Ogni tanto torno a sognarmele quelle notti come in un incubo. E temo che accada anche all’ambasciatore Ludovico Ortona, ottant’anni belli che compiuti, che dalla sua postazione quirinalizia di portavoce doveva paradossalmente assecondare ma al tempo stesso contenere quel fiume in piena che era diventato il capo dello Stato. 

Per sua e nostra fortuna Berlusconi è stato appena rieletto soltanto senatore della Repubblica, ma sta facendo una bella concorrenza, a suo modo, al compianto Cossiga in questo avventuroso avvio della nuova legislatura montando e smontando tregue più o meno armate, spiazzando persino gli amici, sino a farsi invitare da alcuni di provata fede come Alessandro Sallusti a smetterla per carità, perché -ha stampato Libero in rosso sulla prima pagina- “avanti così finisce male”.  Anche per Berlusconi, temo, e non solo per gli altri, a cominciare naturalmente dalla “signora Meloni”, come lui ha ripreso a chiamare con una certa distanza la sua ex ministra della Gioventù in attesa dell’incarico di presidente del Consiglio.

Berlusconi festeggia Licia Ronzulli capogruppo di Forza Italia al Senato

L’attenuante che gli amici del Cavaliere non sufficientemente in confidenza come Alessandro Sallusti per invocarlo pubblicamente a fermarsi gli riconoscono in questa piena di sorprese e di rivelazioni, dalla lista  dei ministri alle lettere e ai doni di Putin, è che Forza Italia ha ancora bisogno del suo fondatore per non dissolversi. E che il centrodestra, a sua volta, avrebbe ancora bisogno di Forza Italia per non essere tutto e solo destra, costretto dalle circostanze a governare nel passaggio più difficile del Paese, fra emergenze di ogni tipo rispetto alle quali forse impallidiscono anche quelle gestite da Mario Draghi, purtroppo rimosso di fatto anzitempo.

In questa situazione “assicurare entro questa settimana un governo al Paese non è un’opzione, ma un obbligo, un dovere”, ha scritto sul Giornale di famiglia di Berlusconi il direttore Augusto Minzolini ripetendo un pò, se non ricordo male, le parole proprio di Draghi al suo esordio da presidente del Consiglio davanti alle Camere nel 2021. 

Giorgia Meloni

Ma il problema di Gorgia Meloni in questo avvio -ripeto- di legislatura è di formare appunto un governo, di solida e ben definita maggioranza, dopo un passaggio elettorale col quale si è voluto chiudere la stagione degli esecutivi di una certa anomalia. Il problema non è di formare un governo comunque e di lanciarlo come un oggetto misterioso su un Parlamento dove peraltro una delle due Camere non si è neppure attrezzata alle nuove, ridotte dimensioni con un regolamento aggiornato. Un simile governo – temo per chi lo volesse mettere nel conto derubricando magari a folclore quello che sta accadendo nel centrodestra- non sarebbe permesso da Mattarella, cui spetta di nominarlo, per quanto sollevato -come scrivevo ieri- dalla decisione dello stesso centrodestra di partecipare unito alle consultazioni di rito al Quirinale. 

Pubblicato sul Dubbio

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