Berlusconi a sorpresa sommerge di elogi Giorgia Meloni

Silvio Berlusconi al Senato

Persino Berlusconi -verrebbe da dire dopo tutti i problemi che le ha creato nel cantiere del governo, e quelli che un suo intervento annunciato per oggi al Senato sembravano in arrivo- si è sbracciato a casa in elogi del discorso programmatico di Giorgia Meloni alla Camera. Dove i sì alla fiducia sono stati  ieri sera 235 e i no 154. 

Titolo del Giornale

“Assai pregevole, definitivo, chiaro, condivisibile” sono gli aggettivi del Cavaliere, che pure la Meloni presentando il suo governo non aveva trovato, o voluto trovare il modo di citare non foss’altro come fondatore del  centrodestra, tornato  con lei a Palazzo Chigi  undici anni dopo l’uscita di Berlusconi. “Giorgia cambia marcia”, ha titolato il Giornale di famiglia, come per spiegare il maggiore apprezzamento, chiamiamolo così, dell’ex presidente del Consiglio nei riguardi della sua ex ministra salita così in alto. Dove l’amico e ministro della Difesa Guido Crosetto ha previsto o auspicato che rimanga per “dieci anni”, il doppio di quelli propostisi pubblicamente dall’interessata forse sentendosi ancora un pò “underdog”, cioè sfavorita, come lei stessa ha raccontato di essersi considerata per un lungo tratto della sua carriera politica. 

Giuliano Ferrara sul Foglio
Titolo del Foglio

“Madonna Giorgia”, ha scritto e titolato sul Foglio Giuliano Ferrara, pur reduce da un voto dato nelle urne al Pd “per pura compassione, una volta esaurita (ormai da anni) la forza propulsiva del Cavaliere”, ha spiegato quasi scusandone il primo ministro del centrodestra, nel 1994, per i rapporti col Parlamento. “Il presepe di Madonna Giorgia -ha scritto Giuliano- non mi ispirava e non mi ispira. Mi sembra tutto troppo facile, affidato come a un gioco di parole, di parafrasi, di facilismi parlamentari. Tuttavia sorpresa e spiazzamento li devo riconoscere. Avrebbe potuto fare di quell’Aula sorda e grigia un bivacco per i suoi simboli”, anziché dei “manipoli”  di Benito Mussolini cento anni fa, “invece sembrava la presidente del Consiglio scelta dagli elettori”. 

Giuseppe Conte alla Camera

Lo stesso Enrico Letta -il segretario del partito votato dal fondatore del Foglio, preferito anche al terzo polo di Carlo Calenda e di quel Matteo Renzi indicato otto anni fa proprio da Ferrara, con tanto anche di libro, come il “royal baby” di Berlusconi- ha prospettato a Montecitorio un’opposizione “inflessibile” sì ma obiettivamente assai diversa, meno aggressiva nei toni e negli argomenti, da quella “implacabile” intestatasi da Giuseppe Conte nel primo discorso pronunciato da parlamentare, essendo prima passato per quell’aula da esterno, direttamente come presidente del Consiglio. E come penso -ad occhio e croce- non tornerà mai più ad essere con quel partito pentastellato di cui lui stesso, guidando il governo per quasi metà della scorsa legislatura con maggioranze opposte, ha dimezzato i voti. Ne ha raccolti assai meno del Pd, cui però Conte contesta ora la guida dell’opposizione perché -ha praticamente spiegato con la dichiarazione di voto contro la fiducia- Enrico Letta non può rimproverare alla Meloni ciò che lui invece le rinfaccia ogni giorno: di avere ereditato la cosiddetta e famosa “agenda Draghi”. Infatti Letta nella stessa aula di Montecitorio, dopo di lui, è tornato a vantarsi di avere sempre sostento il governo Draghi, cui invece Conte nell’ultima curva della scorsa legislatura, anche a costo di provocare le elezioni anticipate, aveva ritirato la fiducia. 

Titolo del manifesto
Dalla prima pagina della Stampa

L’opposizione intesa in senso lato è insomma alla ricerca di un capo riconosciuto dalle sue varie componenti. La maggioranza di destra-centro, come l’ha orgogliosamente definita Tommaso Foti nella dichiarazione del voto di fiducia dei fratelli d’Italia, un capo ce l’ha, al femminile, per quanto possano sentirsi stretti Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. E per quanto la Meloni possa essere definita “peronista” da Lucia Annunziata sulla Stampa, o far gridare “Povera patria” al manifesto.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Che avranno mai fatto i caduti di Nassirya alla sinistra ?

Titolo del Dubbio

 In alcuni passaggi del discorso programmatico letto nell’aula della Camera Giorgia Meloni è riuscita, con l’abilità oratoria acquisita nella sua militanza politica e di piazza, a spingere anche la variegata opposizione di sinistra  ad unirsi agli applausi del suo centrodestra, levandosi persino in piedi con fratelli d’Italia, forzisti e leghisti

È accaduto, per esempio, quando la presidente del Consiglio ha ricordato Paolo Borsellino e gli altri magistrati assassinati dalla mafia, ha riconosciuto i meriti del personale sanitario nella lotta al Covid, o ha omaggiato Papa Francesco, anche se in questo caso piddini  e un po’ di grillini si sono uniti dopo qualche attimo di esitazione alla più tempestiva Marianna Madia. E se ne sono forse pentiti quando la premier ha ricordato del Papa anche il recente monito a non considerare l’assistenzialismo l’unico o maggiore  modo di contrastare la povertà. Attenti quindi a non esagerare col reddito di cittadinanza di conio pentastellato.

I caduti italiani a Nassirya nel 2003

L’unico passaggio in cui la Meloni non è proprio riuscita a fare alzare la sinistra, ma solo a strapparle applausi seduti a macchia di leopardo, è stato quello in memoria dei caduti italiani nelle missioni internazionali di pace. Mi chiedo che cosa abbiano fatto i connazionali morti a Nassyria e altrove contro pezzi o tutta intera l’attuale opposizione.

Pubblicato sul Dubbio

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