Se non fossimo ormai a più di 100 giorni di guerra in Ucraina, con i loro morti, i loro feriti, i loro profughi, le loro distruzioni, i loro scempi, e giusto per rimanere nella cornice del lungo ponte festivo della nostra Repubblica, si potrebbe anche ridere con Emilio Giannelli. Che sulla prima pagina del Corriere della Sera ha fatto impartire dal ricchissimo Patriarca di Mosca, Kirilj, la benedizione “Urbi et Orban” dopo che il premier ungherese, appunto, lo ha salvato dalle sanzioni europee contro gli aggressori russi. Che quella specie di Papa rosso benedice e incoraggia da “chierichetto di Putin”, come lo ha definito a Roma il Papa bianco fuori dalla grazia di Dio.

Si potrebbe ridere anche con Stefano Rolli, che sul Secolo XIX ha immaginato Matteo Salvini finalmente a Mosca che cerca di contattare Putin al Cremlino e viene definito dal generale di turno “il solito italiano con la mania dei citofoni”, pensando evidentemente anche lui a quella famosa campagna elettorale perduta dal leader leghista a Bologna.

Se fosse solo quella dei citofoni la mania di Salvini…, peraltro ingenerosamente trattato da quelli del Fatto Quotidiano. Che anziché ringraziarlo per l’aiuto che cerca di dare al suo ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell’offensiva sostanzialmente filoputiniana di almeno metà del movimento grillino in vista del passaggio parlamentare del 21 giugno proprio sulla guerra in Ucraina, ha accusato in prima pagina Salvini di volersi “vendicare” da “zoppo” contro il presidente del Consiglio.

Ormai hanno perso tutti la bussola e zoppicano in questa disgraziatissima guerra, a cominciare naturalmente dal Cremlino. Dove chissà se riusciremo mai a scoprire o comunque a sapere se Putin, bene o male o malissimo che sia in salute, ha appena rimosso dal comando delle operazioni militari in Ucraina il generale Dvernikov, noto come “il macellaio della Siria”, per avere fatto troppo o troppo poco il suo mestiere, comunque male.
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