La maggioranza si ricompatta al Senato sull’Ucraina ma si consuma lo stesso la scissione dei grillini

Dietro le quinte, dove non essendo parlamentare ha seguito le trattative fra i gruppi della maggioranza per la risoluzione conclusiva del dibattito sulle informazioni del presidente del Consiglio al Senato in vista del Consiglio Europeo di questa settimana, Giuseppe Conte è riuscito ad imporre l’aggettivo “ampio” al coinvolgimento delle Camere accettato dal governo nella gestione della crisi internazionale provocata dalla guerra della Russia all’Ucraina. Un coinvolgimento comunque nella cornice del mandato già conferito allo stesso governo nello scorso mese di marzo, quindici giorni dopo lo scoppio del conflitto, che consente la fornitura di aiuti militari all’Ucraina sino a dicembre di quest’anno, nella speranza che nel frattempo maturino le condizioni per l’apertura di trattative di pace per le quali sino ad ora Putin ha dichiarato di non ritenere ancora maturo “il momento”. 

La capogruppo grillina del Senato nella dichiarazione di voto a favore della risoluzione ha voluto sottolineare quell’aggettivo “ampio”, mentre il presidente del Consiglio non riusciva a trattenere un sorriso apparso a più di un parlamentare, a torto o a ragione, abbastanza sarcastico. Ermetica invece è stata l’espressione del volto del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che gli sedeva accanto dall’apertura della seduta. Accanto a Di Maio, a sua volta, sedeva il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, del Partito Democratico. 

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio

In attesa di vedere concretamente il significato e gli effetti del coinvolgimento “ampio” delle Camere nella cornice del decreto legge sull’Ucraina che ne consente -ripeto- il sostegno anche armato fino alla fine dell’anno, si deve registrare un’accelerazione del processo di scissione del MoVimento 5 Stelle promossa proprio dal ministro degli Esteri con la costituzione di gruppi autonomi tanto al Senato quanto alla Camera. 

Salvo ripensamenti, le indiscrezioni sulla consistenza dei nuovi gruppi consentono di prevedere che ciò che rimarrà dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle potrebbe risultare inferiore alla consistenza della Lega di Matteo Salvini. Starebbe insomma per finire anche formalmente la famosa “centralità” conquistata dai grillini nelle elezioni del 2018, quando il loro movimento uscì dalle urne come il partito di maggioranza relativa, analogo addirittura alla Dc dei tantissimi anni della cosiddetta prima Repubblica. 

A spingere definitivamente Di Maio all’abbandono del movimento, peraltro da lui capeggiato nelle elezioni politiche di quattro anni fa, sembra che abba molto contribuito l’attacco ricevuto, peraltro senza neppure essere nominato, dalla capogruppo pentastellata del Senato Maria Domenica Castellone nella dichiarazione di voto sulla risoluzione della maggioranza. Il ministro degli Esteri era chiaramente individuabile in chi -secondo la capogruppo- aveva distorto l’immagine del MoVimento lamentando, denunciando e quant’altro tentazioni di disallineamento dalla posizione atlantista ed europeista del governo. 

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Quel soccorso forse inutile di Fico a Conte nel marasma grillino

Giuseppe Conte

A dispetto delle apparenze, sfavorevoli a Luigi Di Maio nel marasma riesploso sotto le cinque stelle per il passaggio parlamentare -oggi al Senato e domani a Montecitorio- sugli aiuti militari all’Ucraina aggredita e invasa dai russi, la situazione di Giuseppe Conte non dev’essere molto forte se l’ex presidente del Consiglio ha avuto bisogno di un soccorso come quello del presidente della Camera Roberto Fico. Che ha partecipato a suo modo alla Giornata del rifugiato, nella sua Napoli, esprimendo addirittura “rabbia”, oltre che “delusione”, per i dubbi, timori e quant’altro espressi dal suo collega di parte e ministro degli Esteri sulla tenuta atlantista ed europeista del Movimento 5Stelle, contrario o quanto meno renitente alla prosecuzione degli aiuti militari all’Ucraina. 

Titolo di Repubblica

Eppure -Dio Santissimo- persino un giornale di casa da quelle parti come Il Fatto Quotidiano ha rappresentato il passaggio  in atto su questo problema in Parlamento, in vista del Consiglio Europeo di questa settimana e delle decisioni che dovranno essere prese, come uno scontro non fra Di Maio e Conte ma fra Conte e Draghi. Non sarà la “roulette russa” del governo gridata in prima pagina da Repubblica, visti anche gli ultimi spifferi sulle abituali indecisioni dell’ex presidente del Consiglio, ma è sicuramente, a questo punto, la roulette russa del movimento attorno al quale sono pur ruotati tutti gli equilibri di questa legislatura. Che potrebbe riservarci nell’ultimo anno della sua durata altre sorprese ancora proprio a causa dell’instabilità del maggiore partito che vi è rappresentato, purtroppo in un contesto internazionale alquanto delicato, diciamo così.

Dalla prima pagina di Repubblica

Non so se sia costato un sacrificio personale al presidente della Camera esporsi così inusualmente in una vicenda tutta interna al suo movimento. E rischiare commenti tipo quello di Francesco Merlo, di Repubblica, sull”amore finito” coll’amico una volta fraterno Di Maio, o racconti di misere ritorsioni, come quello propostoci da certe cronache locali sul primo turno delle elezioni amministrative. Che il 12 giugno scorso a Portici avrebbe visto Di Maio lavorare pancia a terra per la conferma del sindaco uscente del Pd stracciando la corsa del grillino locale sostenuto appunto da Fico. Si stenta a credere che davvero a certi livelli istituzionali la lotta politica abbia potuto raggiungere simili livelli. 

Non mancano comunque precedenti nella storia della Camera ad una esposizione anomala del presidente di turno. Parliamone pure al singolare ricordando Gianfranco Fini in rotta di collisione con Silvio Berlusconi, il cui governo sopravvisse per circa un anno, fra il 2010 e il 2011, ad una mozione di sfiducia sponsorizzata dall’allora presidente della Camera, appunto. Ma è un precedente a dir poco infausto considerando la fine fatta dall’interessato. 

Ripreso da http://www.policymakrmag.it

Infortunio al Fatto Quotidiano: tutta la verità contro Conte

Titolo del Dubbio

A vedere e sentire un bel po’ di parlamentari grillini alle prese con microfoni e telecamere in questi giorni di grande tensione sotto le cinque stelle, Luigi Di Maio avrebbe infangato il MoVimento presieduto da Giuseppe Conte attribuendogli dalla postazione addirittura di ministro degli Esteri un “disallineamento” dalla Nato e dall’Unione Europea. Questo sarebbe in effetti il tentativo di bloccare gli aiuti militari all’Ucraina aggredita e invasa dai russi. O di condizionare altri aiuti ad apposite autorizzazioni del Parlamento, non valendo più la sostanziale carta bianca ottenuto dalle Camere dal governo per tutto l’anno in corso all’inizio del conflitto. 

Proprio come denigratore il titolare della Farnesina si sarebbe meritato già l’avvio della procedura di espulsione se Conte, non si sa se di sua spontanea volontà o su consiglio di Beppe Grillo nella doppia veste di garante e di consulente per l’immagine del movimento e la comunicazione, non avesse un pò frenato sulla strada della rottura. 

Di Maio, accusato peraltro di avere diffuso o fatto diffondere le bozze di un documento riservato di senatori pentastellati decisi a presentarlo comunque a Palazzo Madama, per cautelarsi da testi non sufficientemente chiari contro altre armi all’Ucraina concordati dai capigruppo della maggioranza in vista delle comunicazioni del presidente del Consiglio e del voto conclusivo del dibattito, ha trovato il trattamento riservatogli da critici ed avversari interni un arretramento del movimento verso derive di “odio”. Egli ha dovuto parlare fuori dai denti, e spifferare anche cose sgradite, non esistendo ormai una democrazia dalle sue parti. 

Marco Travaglio e Luigi Di Maio

Non ci crederete, ma una mano nella sua difesa il ministro degli Esteri l’ha avuta a sorpresa dall’insospettabile Marco Travaglio, che pure gli aveva cambiato il cognome -come nelle sue abitudini di polemista- chiamandolo nel titolo di un editoriale “Di Mario”. Cioè, una prolunga, un affiliato e simili di Mario Draghi, l’odiato presidente del Consiglio di cui il direttore del Fatto Quotidiano contesta da qualche tempo anche le competenze economiche e finanziarie riconosciutegli all’inizio della sua esperienza a Palazzo Chigi. O all’atto del famoso “Conticidio” per mano addirittura del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un Conticidio che griderebbe ancora vendetta dopo tutti i servizi resi all’Italia dall’ex presidente del Consiglio durante la pandemia, quando si rivelò -non sto esagerando- “il migliore capo del governo” capitatoci forse nell’intera storia unitaria del Paese, persino rispetto all’altro conte Camillo Benso di Cavour. 

Come capita anche ai polemisti più agguerriti, cedendo a un momento di distrazione a Travaglio è sfuggito ieri di dire, anzi gridare ad alta voce la verità opposta a quella d’ufficio di un Di Maio cinico e baro. Che pur di fregarlo si inventa un Conte smanioso di mettere nel classico angolo il suo successore, magari costringendolo alle dimissioni e alla formazione di un altro governo al quale opporsi in modo ancora più evidente e forse promettente sul piano elettorale, anche se gli analisti stentano un pò tutti a immaginare un MoVimento 5 Stelle a due cifre nelle prossime elezioni politiche. 

Il titolo galeotto del Fatto Quotidiano di ieri

Con un titolo di prima pagina che ormai non può più né modificare né interpretare chissà in quale modo fantasioso perché dannatamente “scripta manent”, come si diceva in latino, Il Fatto Quotidiano ha rappresentato quello in programma fra oggi al Senato e domani alla Camera come uno “scontro Draghi-Conte” sulle armi. Di Maio è solo un personaggio di seconda fila, “sempre più solo” sotto le cinque stelle, “per ora” risparmiato alla pratica dell’espulsione. 

Beh, una volta tanto si può pure ringraziare Travaglio per il contributo dato -temo involontariamente- alla rappresentazione della realtà. Forse non gliene saranno molto grati lo stesso Conte e il laboriosissimo portavoce Rocco Casalino. 

Pubblicato sul Dubbio

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