L’ormai e fortunatamente incontenibile Draghi dopo la missione europea in Ucraina

Il vertice europeo prima dell’arrivoa Kiev

Già in crescenti difficoltà a casa loro per le perdite di domenica all’interno dei rispettivi schieramenti nel primo turno di elezioni amministrative, Giuseppe Conte e Matteo Salvini hanno ormai ben poco da giocare contro Mario Draghi nella prossima settimana in Parlamento sul terreno scivoloso della guerra in Ucraina. Dove il presidente del Consiglio ha un pò fatto la parte del leone nell’incontro di ieri a Kiev, conducendo praticamente il gioco dell’Unione Europea con Zelensky. Che reclama e otterrà ancora altre armi dagli occidentali per difendersi dall’aggressione russa ma nella prospettiva di una trattativa finale con le spalle coperte appunto dall’Europa, perdendo magari anche pezzi di territorio, in cambio però di una maggiore sicurezza garantita dalle procedure di adesione dell’Ucraina all’Unione di Bruxelles. 

E’ questa la tela che Draghi è andato a tessere a Kiev coi colleghi o omologhi francese, tedesco e rumeno stando astutamente attento a non far sembrare la prospettiva dell’accordo come imposta, ma come scelta autonoma e ragionata di Zelensky. Che in passato sarà pure stato un comico ma non si è certamente rivelato il Grillo dell’Ucraina. 

In questa prospettiva, con tutti i guai -ripeto- che hanno già a casa loro, ormai scaricati, rispettivamente, da Luigi Di Maio e da Silvio Berlusconi, hanno ben poco da giocare Conte e Salvini contro Draghi sul fronte pacifista obbligandolo in Parlamento a chissà quale correzione di linea al prossimo Consiglio Europeo. 

L’editoriale di Libero
L’editoriale del Fatto Quotidiano

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano potrà pure divertirsi, alla sua maniera, a storpiare il nome del ministro degli Esteri chiamandolo “Di Mario” per appiattirlo sarcasticamente sul presidente del Consiglio, ma ormai la crisi delle 5 Stelle è di una evidenza solare. Può darsi che Alessandro Sallusti abbia anticipato troppo su Libero la fine di Conte come quella del tacchino a Natale, senza neppure aspettare le elezioni politiche dell’anno prossimo, ma ormai la resa dei conti nel MoVimento 5 Stelle è  esplosa con la contestazione, da parte del ministro degli Esteri, di una sconfitta senza precedenti nelle pur abituali difficoltà a livello locale. Conte lo sfida alla scissione per sottrarsi al divieto di più di due mandati parlamentari, ma Di Maio ormai può avere ben messo nel conto l’abbandono: del Momento tuttavia, non del governo.

Salvini sembrava stare un pò meglio ma  solo sino a ieri, quando ha dovuto a distanza di poche ore rinunciare alle velleitarie resistenze al Senato alla riforma della giustizia che porta il nome della ministra Marta Cartabia, approvata invece in via definitiva, e assistere a distanza all’approdo di un ex leghista storico come Flavio Tosi a Forza Italia, accolto personalmente da Silvio Berlusconi. E chissà che altro potranno riservare le prossime settimane, dopo i ballottaggi comunali del 26 giugno e le novità ulteriori che dovessero emergere anche in riferimento alle trame, per ora sotterranee, di una nuova legge elettorale, forse proporzionale, con cui mandare gli italiani alle urne per il rinnovo delle Camere della ormai defunta “centralità” grillina. 

Tutto insomma è in movimento, fra quadro internazionale e rapporti di forza fra i partiti di casa. Nessuno può sentirsi tranquillo, forse neppure Draghi, ma ancor meno quanti pensano di poterne fare a meno. O solo di spingerlo altrove. Chissà poi dove…..

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Berlusconi comincia a mollare Salvini con l’adozione di Tosi in Forza Italia

Titolo del Dubbio

Ancora domenica scorsa, a due passi dal Cenacolo di Santa Maria delle Grazie e dalla sezione elettorale milanese in cui aveva votato, parlandone in un bar alla maniera sua, cioè a ruota libera, di quelle che ai tempi di Palazzo Chigi procuravano un mezzo infarto al compianto portavoce e parlamentare Paolo Bonaiuti; domenica scorsa, dicevo, Silvio Berlusconi sembrava convinto che Matteo Salvini fosse il “vero” e “unico” leader italiano, non solo del centrodestra. Così l’ex presidente del Consiglio  aveva incoronato qualche mese prima il capo leghista in una festa quasi matrimoniale  affollata di amici ma disertata dal figlio Pier Silvio. 

Sempre domenica scorsa, Berlusconi aveva difeso Salvini anche sul fronte più delicato e rischioso, quello internazionale, sul quale l’amico si era esposto col progetto di un viaggio a Mosca con l’assistenza dell’ambasciata russa a Roma, per costruire la pace di Putin addirittura con l’Ucraina  rasa praticamente al suolo nella parte forse destinata al Cremlino. Un viaggio che forse lo stesso Berlusconi avrebbe tentato personalmente ben prima se solo l’amico Putin gli avesse risposto al telefono e si fosse risparmiata l’avventura ucraina, come tanti anni prima si era risparmiato, grazie ai consigli telefonici di Berlusconi, un’avventura analoga in Georgia.

Peccato che di quella chiacchierata domenicale con alcuni amici i furbacchioni del Corriere della Sera  avrebbero poi fatto un uso un pò spericolato lusingando sotto sotto la vanità di Berlusconi, contrapponendolo cioè al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che a Putin non si era neppure sognato di rivolgersi telefonicamente per cercare di trattenerlo, senza neppure lo scudo di un’amicizia personale, sulla strada dell’aggressione -e che aggressione- all’Ucraina.

Una foto di Berlusconi con Salvini forse un pò scaduta

Ebbene, prima ancora della conclusione di questa settimana post-elettorale, e tanto più dei ballottaggi comunali del 26 giugno, Berlusconi ha fatto all’amico Salvini uno di quegli scherzi che di solito si chiamano “da preti”, senza riguardo per questi ultimi. Dopo averlo generosamente sostenuto nella candidatura pur improbabile a sindaco della sua Verona, egli ha perfezionato l’operazione con l’affiliazione di Flavio Tosi a Forza Italia. Che non deve essere stato il massimo del godimento per Salvini, data la rottura clamorosa consumatasi a suo tempo fra i due nella Lega, che ne è stata penalizzata come peggio non poteva accadere in Veneto.  

Nè deve avere contribuito a indorare la pillola a Salvini ciò che il neo-forzista Tosi ha appena detto alla Stampa  seppellendo ciò che ancora poteva essere rimasto dell’ambizione del leader leghista a Palazzo Chigi nel caso di una vittoria elettorale del centrodestra, nonostante il sorpasso ormai inarrestabile di Giorgia Meloni. 

Flavio Tosi alla Stampa di ieri

“Statura internazionale, autorevolezza in Europa, atlantismo” sono -ha detto Tosi- “i requisiti” che fanno di Berlusconi il “solo” leader del centrodestra. E la Meloni? “Da  un punto di vista tattico -ha risposto l’ex sindaco di Verona- è stata perfetta, coerente e lineare. Per diventare il capo del centrodestra però ci sono questioni sovranazionali di cui tener conto. Quel vestito lì ce l’ha solo Berlusconi”, pur avendo o proprio per avere 85 anni sulle spalle. E Salvini?, ha insistito impietosamente l’intervistatore. E lui, ancora più impietosamente ha risposto: “Ha fatto il primo errore col Papeete, poi tanti altri, una serie di mosse scomposte: A me dispiace per la Lega”. Per lui personalmente niente: tutto meritato. 

Guido Crosetto alla Stampa su Giorgia Meloni

Dalla Stampa intesa come giornale sono arrivate cattive notizie anche a Giorgia Meloni, invitata in una intervista dal suo amico, sponsorizzatore, consigliere e quant’altro Guido Crosetto a “non urlare troppo” e a cominciare a pensare anche lei ai problemi che prima o dopo potrebbe procurarle la magistratura, per quanto nei referendum di domenica scorsa non l’ex ministra di Berlusconi si sia impegnata per niente contro di essa, cercando anzi di darle una mano contro due dei cinque quesiti abrogativi. 

Il quadro delle novità nel centrodestra dopo il primo turno elettorale amministrativo, con particolare riguardo ai rapporti una volta privilegiati fra Berlusconi e Salvini, all’origine peraltro di grandi ed ora anche visibili sofferenze in Forza Italia, si completa con quanto è appena accaduto al Senato. Dove i forzisti, appunto, non hanno spalleggiato l’assalto o l’azione di disturbo condotta dai leghisti, dopo il flop referendario, contro la riforma della giustizia targata Cartabia, già approvata dalla Camera. L’aria insomma per Salvini sembra cambiata anche ad Arcore: una buona notizia, forse, pure per Mario Draghi fra una missione e l’altra all’estero. 

Pubblicato sul Dubbio

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