

A un supercritico della televisione, del cinema e, più in generale, della comunicazione come Aldo Grasso non poteva sfuggire il silenzio assordante, direi, di un uomo di spettacolo e insieme della politica come Beppe Grillo di fronte alla guerra che sta coraggiosamente subendo dalla Russia un paese come l’Ucraina, condotto dal 2019 da un uomo che in qualche modo, da attore comico di successo, gli avrebbe potuto somigliare, ma che tanto diverso si è rivelato per fortuna da lui: Voldymir Zelensky. Il quale non ha dato in escandescenze, non ha avuto bisogno di sentirsi più forte col turpiloquio e sta guidando il suo popolo in una resistenza semplicemente eroica contro il predatore più armato e pericoloso del mondo come Vladimir Putin, scambiato anche da lui, come da Silvio Berlusconi e tanti altri in Italia e fuori, per “un beneficio per l’umanità” dopo i 70 anni e più di comunismo esportato dai predecessori nel mondo. Erano gli inconvenienti della rivoluzione imbalsamata con Lenin per tanti anni nel mausoleo della piazza rossa a Mosca. Dove a suo tempo mi vennero i brividi a contemplare la mummia in silenziosa fila.
“Quando le cose si mettono male, Grillo -ha scritto Grasso- si rinchiude a Sant’Ilario nella zona franca del food. Con i suoi “vaffa”, con gli sberleffi, con la furia giustizialista, con l’imbroglio politico mascherato da millenario pop, con una concezione della democrazia radicale (uno vale uno) ha recato al Paese danni incalcolabili. Per molto tempo ha offerto uno spettacolo di sub-cultura e di sub-politica, dalle quali persino alcuni dei suoi sembrano ora prendere le distanze. Beppe Grillo non paga mai il conto. Gli basta il silenzio: il silenzio dei non innocenti”. Ben scritto, perdio.

Da domenica Grillo ha continuato a non parlare, coprendo con la sua capigliatura e la sua carica di “garante” tutti gli umori e malumori del MoVimento 5 Stelle: indifferente sia agli applausi del “suo” ministro degli Esteri Luigi Di Maio al presidente del Consiglio Mario Draghi, che prometteva in Parlamento a Zelensky “aiuti anche militari”, sia al collega di partito e presidente della commissione Esteri del Senato che chiedeva ai ministri e sottosegretari grillini di dimettersi dal governo. E ciò magari per inseguire Matteo Salvini che, uscito dall’aula di Montecitorio nella rinnovata veste di “vero e unico leader” italiano consegnatagli da Berlusconi in persona a Villa Cernetto, scappava verso il Vaticano per appendersi alle campane e agli stemmi pontifici, secondo la rappresentazione fattane da Emilio Giannelli nella vignetta di prima pagina del Corriere della Sera. Immagino le tasche del campanaro leghista piene delle medagliette della Madonna, dei crocifissi e dei rosari che egli tira fuori e bacia all’occorrenza sui palchi o per strada.
Dev’essere l’attrazione fatale del gialloverde d’inizio di legislatura, per fortuna adesso ben al riparo da Draghi: l’unico per il quale persino Grillo sembra avvertire qualche soggezione.
Pubblicato sul Dubbio
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