Le pene d’amore e d’inferno della fidanzata di Luigi Di Maio

Se sono corna, quelle di Virginia Saba al fidanzato Luigi Di Maio sono sole e tutte politiche. Non è stata sorpresa né in acqua né a letto con un altro uomo, ma semplicemente in piazza -quella dei Santissimi Apostoli a Roma, a due passi dalla Prefettura e dal Monumento alla Patria- con alcune centinaia di persone partecipi di una manifestazione: prevalentemente ex grillini o tuttora grillini dissidenti però di “Alternativa” infuriati contro il governo, e più in particolare il presidente del Consiglio Mario Draghi, di cui sono state chieste con grida le dimissioni per la linea adottata sulla guerra in Ucraina, Che alla Farnesina però  è gestita dal ministro degli Esteri, in questi giorni particolarmente assiduo nell’affiancare Draghi durante gli appuntamenti parlamentari e internazionali, con larghi sorrisi di consenso e applausi agli interlocutori di turno del capo del governo.

“Sono qui per lavoro”, ha risposto Virginia a chi le ha chiesto le ragioni della sua partecipazione ad una manifestazione così poco in sintonia, diciamo così, col ruolo e con le idee -si presume- del fidanzato. Che su Putin, per esempio, dopo l’invasione dell’Ucraina è stato più severo persino del presidente americano Joe Biden, dandogli dell’”animale” e non del “macellaio”, come appunto il titolare della Casa Banca parlandone a Varsavia. Certo, la scelta tra una qualifica e l’altra è imbarazzante, ma un macellaio rimane pur sempre un uomo nella sua bottega Se ne invaghì da bambino persino l’attuale Papa Francesco, in Argentina, apprezzando i soldi il bottegaio metteva nella cintura servendo i clienti. 

La deputata sarda Emanuela Corda

      Virginia era in piazza contro il governo in quanto “collaboratrice” -ha spiegato- di una delle animatrici della manifestazione: la deputata sarda Emanuela Corda. Il cronista di Repubblica Gabriele Bartolini ha riferito con scrupolo del “silenzio” personale nel quale Virginia ha ascoltato “gli ex 5 Stelle che sparavano a zero contro la “politica militarista dell’attuale maggioranza” e la perdurante adesione dell’Italia alla Nato”. Ma, pur in tanto “silenzio”, non sarebbe il caso per il giovane ministro degli Esteri di rimediare un diverso lavoro alla fidanzata? Non credo proprio che gli manchino le occasioni o possibilità di non lasciare più appesa Virginia a quella ormai troppo scomoda “Corda” parlamentare. A meno che……, ma non ci voglio neppure pensare, per quanto sotto le cinque stelle se se ne siano ormai viste e sentite di tutti i colori davvero.   

Putin si prende del macellaio da Biden, ma Conte gli dà una mano

Titolo del manifesto

Dal presidente americano Joe Biden ospite di “Radio Varsavia”  -come ha titolato il manifesto evocando la “Radio Londra” che ai tempi della guerra di Hitler si ascoltava di nascosto anche in Italia per sperare nella disfatta  del dittatore tedesco- Putin si è preso non a torto del “macellaio” per il trattamento che da più di un mese sta riservando agli ucraini. 

Vignetta del Secolo XIX

Certo, “insultare Putin non aiuta il dialogo”, come ha osservato Stefano Rolli sulla prima pagina del Secolo XIX, “ma anche le bombe disturbano l’audio”m si è praticamente risposto il vignettista, pur al riparo di quelle che cadono ogni giorno sulla terra che Putin si è proposto addirittura di “denazificare”radendola al suolo, E spedendo il suo ambasciatore a Roma in Procura per denunciare quegli altri “nazisti” che resistono dalle colonne della Stampa. Che è un giornale già entrato una volta nel mirino di un estimatore di Putin, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per la troppo buona attenzione riservata al suo successore Mario Draghi a Palazzo Chigi. “Troppo zelo”, protestò Conte travestendosi da Talleyrand in una lettera al direttore del quotidiano torinese Massimo Giannini, che si difese con una dotta citazione tedesca. 

Titolo del Fatto Quotidiano

Ebbene, anche Conte è tornato a farsi sentire dopo la missione diplomatico-militare, diciamo così, dell’ambasciatore russo alla Procura di Roma. Per non sbagliare o non esagerare, mi affido a ciò che ne ha scritto sul Fatto Quotidiano il direttore in persona e suo noto estimatore Marco Travaglio nell’editoriale di giornata passando in rassegna gli attori della politica italiana: “L’unico leader che contrasta la deriva bellicista è Conte, che oggi e domani si spera otterrà molti voti online per rafforzarsi dentro e fuori il Movimento 5 Stelle e resistere alle pressioni indicibili che subisce perché si arruoli” contro Putin al pari del suo ex e ancora oggi ministro degli Esteri Luigi Di Maio. 

Marco Travaglio dal Fatto Quotidian

“Poi ci sono -ha riferito Travaglio continuando a passare in rassegna le truppe filoputiniane-  SI di Fratoianni, Alternativa (di ex grillini), le voci isolate nel Pd (Delrio, Bindi e Boldrini) e nella Lega, e l’associazionismo (Pax Christi, Anpi, Emergency, Cgil, Uil, pacifisti e ambientalisti”. Sarà costata molta fatica al direttore del Fatto, rimanendo nei confini strettamente nazionali, non includere nell’elenco Papa Bergoglio dopo che ha dato dei “pazzi” a quanti hanno deciso o si accingono ad aumentare le spese militari. In ogni caso —ha raccomandato Travaglio- “vanno sostenuti tutti per rompere il fronte Sturmtruppen che, ridendo e scherzando, lavora alla terza guerra mondiale”, a cominciare , secondo solo a Draghi, dal segretario del Pd Enrico Letta, già sistemato in piazza nelle scorse settimane dai solerti amici di Conte come “Mitraglietta”, prima ancora che scoppiasse in Parlamento, fra Camera e Senato, l’offensiva contiana contro le maggiori spese militari. Che peraltro erano state concordate anche da Conte in persona con gli altri Paesi della Nato quando era a Palazzo Chigi, evidentemente con la solita riserva pentastellata di non mantenere la parola. 

Giuseppe Conte

Ci sarà da ridere -se la situazione non fosse terribilmente seria, direi pure drammatica- quando si arriverà alla votazione di un documento parlamentare sul tema. Il cui campo, diciamo così, potrebbe riservarsi “largo” come il segretario del Pd usa chiamare quello con le 5 Stelle, ma stavolta con la destra di Giorgia Meloni al posto del peraltro extraparlamentare Conte: una destra che ormai viaggia nei sondaggi elettorali affiancata al Pd con più del 40 per cento dei voti insieme, senza contare quelli della Lega e di Forza Italia. Mica male come epilogo di questa legislatura già passata giustamente alla storia della Repubblica italiana come la più pazza del mondo. 

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