Furio Colombo vola indenne contro Putin sul Fatto di Travaglio

      Nessuna censura, per carità. Marco Travaglio può essere sgradevole, anche villano, specie con quell’abitudine che ha di storpiare il nome agli avversari o solo agli antipatici, spesso o abitualmente fazioso, come preferite, ma non fesso. Non a caso in qualche modo se ne invaghì professionalmente anche un maestro esigente di giornalismo come Indro Montanelli, che mi dicono lo chiamasse con gli amici “Marcolino”, come all’inizio faceva anche con me dandomi del “Franceschino”, specie quando si accingeva a procurarmi qualche problema. E di problemi il buon Indro ne creava agli amici e collaboratori, spesso senza neppure rendersene conto, tanto era assorto nelle sue riflessioni. Che per i tre quarti della giornata riguardavano il “controcorrente” da mettere nella prima pagina del suo e nostro Giornale. Cui tutti peraltro eravamo impegnati a contribuire segnalandogli fatti e persone, persino proponendone di belli che confezionati, qualche volta accettati con un aggettivo in più o in meno, o solo con una virgola spostata di una parola. 

Furio Colombo
Dal Fatto Quotidiano di ieri

Sul Fatto Quotidiano di ieri, domenica 27 marzo, relegato a pagina 13 ma con citazione in prima rigorosamente gerarchica, seconda solo a quella dell’ex direttore e fondatore del giornale Antonio Padellaro, il buon Furio Colombo ha potuto volare sparando a suo modo contro Putin. Verso il quale invece Travaglio mostra spesso comprensione attaccandone o ridicolizzandone gli avversari, spesso immaginati al soldo americano o, sotto sotto, nazistoidi come Putin considera gli ucraini  che vorrebbe rieducare, se sopravvissuti alla guerra.  

Dalla pagina 13 del Fatto di ieri

Ebbene, un Furio Colombo ad occhio e croce poco o per niente convinto della cosiddetta “operazione speciale” in corso, trattenuto a casa dai suoi 91 anni e passa, si è in qualche modo ispirato alla meno anziana, o più giovane, e internazionalmente più famosa Christiane Amanpour per immaginare un paio di domande al portavoce di Putin: “Perché questa guerra? E perché è diventata subito enorme e spaventosa, con un presagio di conclusione tragica?”. 

          Il guaio, per Travaglio, è che il suo amico e collaboratore Colombo, già direttore dell’Unità, parlamentare più volte della sinistra dopo avere lavorato, e poi anche insegnato negli Stati Uniti, all’onorevolissimo e giustamente ben retribuito servizio della Fiat dell’avvocato Gianni Agnelli,  solitamente incantato a sentirlo e a leggerlo; il guaio per Travaglio, dicevo, è che l’amico Colombo, tra i fondatori del Fatto, non ha saputo in fondo trovare una ragione a favore davvero di Putin. Di cui piuttosto l’ha colpito la facilità con la quale ha fatto colpire in Ucraina anche obiettivi civili, spargendo bombe come se dovesse “seminare grano”. 

Colombo sul Fafto di ieri

Sì, certamente -ha concesso Colombo a Travaglio- “purtroppo in Italia sono accadute negli ultimi giorni cose sgradevoli, forse siano stati un pò impetuosi, a causa dei tanti cadaveri sparsi nelle inquadrature tv, quando abbiamo deciso sulle sanzioni, e questo attivismo ci ha fatto includere subito nella lista nera di Putin”, che non è mai una bella esperienza da provare, ma le ragioni del capo del Cremlino restano a dir poco opache. 

Parola sempre di Colombo sul Fatto di ieri

“In conclusione -ha scritto testualmente Colombo- abbiamo una guerra in corso, sull’orlo estremo del pericolo nucleare, generata dalla mente di Putin e dalla ossessione della Grande Russia di cui si sente l’Uomo della Provvidenza, incoraggiato da un filosofo, Dugin, che si dice il suo mentore e che certo ama molto le bombe al fosforo. Pensate al fastidio del cerchio interno di Putin per quel suddito ucraino che si è salvato perché è uscito a fumare una sigaretta mentre sulla sua casetta cadeva il missile della guerra giusta”. 

Un volo perfetto, quello di Colombo, non del missile naturalmente, che ringrazio -una volta tanto- Travaglio di non avere disturbato meritandosi la gratitudine -credo- anche della buonanima dell’Avvocato, con la maiuscola che gli spettava giù da vivo.  

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