La solita incursione della… cronaca giudiziaria nella campagna elettorale

            Continua la sfortuna, chiamiamola così, dei magistrati inquirenti, ma anche di quelli giudicanti, di prendere le loro iniziative in coincidenza con le vigilie elettorali, producendo così la solita intrusione delle cronache giudiziarie in quelle politiche, con gli altrettanto soliti effetti non esaltanti né per le toghe né per i giornalisti che ne occupano nè per i partiti di volta in volta investiti dall’accidente.

            A dieci giorni da un turno elettorale – regionale e comunale- sulle cui ricadute governative il dibattito ha coinvolto lo stesso presidente del Consiglio con promesse di resistenza ad ogni tipo di risultato scomodo, diversamente dalle previsioni e delle opinioni all’interno, per esempio, del secondo partito della maggioranza, che è il Pd, un giudice di Milano ha mandato agli arresti domiciliari tre commercialisti della Lega, due dei quali assistono i gruppi della Camera e del Senato, indagati da tempo, ben prima del giorno in cui -il 15 luglio- fu mandato in carcere un loro presunto complice o estorsore che cercava di fuggire all’estero.

            I nomi in questa vicenda, sia dei magistrati sia degli indagati ora anche arrestati, fra carcere e loro abitazioni, non interessano, a dispetto della cura con la quale al Fatto Quotidiano, come al solito, si sono affrettati a mettere in prima pagina le foto quasi tessere dei tre commercialisti accusati di peculato e sottrazione di beni al fisco. L’affare, chiamiamolo così, ammonterebbe a 800 mila euro, incassati vendendo alla regione governata dal leghista Attilio Fontana la sede della Lombardia Film Commission, a Cormano, in provincia di Milano.

             “Grosso guaio per Salvini”, ha titolato in prima pagina con quelle tre foto degli arrestati il giornale diretto da Marco Travaglio, guastando presumibilmente la festa nella quale il leader leghista poteva essere immaginato per la possibilità di spendersi il vantaggio procuratogli dalla congolese che lo aveva aggredito per strada strappandogli la camicia.

            Ma ancor più del Fatto Quotidiano ha mescolato cronaca giudiziaria e cronaca politica la Repubblica con questo titolo su tutta la prima pagina: “Tre arresti, trema la Lega”. Di rinforzo c’è anche il richiamo di un articolo di Carlo Bonini dedicato a “un’ombra su Salvini” e sulla sua campagna elettorale per strappare col centrodestra al Pd qualche altra regione il 20 e 21 settembre.

            Più misurati, almeno nello spazio o nell’evidenza, sono stati a Milano il Corriere della Sera in prima pagina col richiamo “Agli arresti commercialisti vicini alla Lega” e a Roma Il Messaggero col richiamo “Choc Lega, i fiscalisti agli arresti domiciliari” per “peculato e turbativa”.

            In attesa della prossima incursione giudiziaria, di cronache e manette, mancando ancora -mentre scrivo- nove giorni alle elezioni di questo autunno incipiente, incrociamo le dita.   

 

 

 

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E’ per il Sì il costituzionalista della Repubblica del No al Parlamento tagliato

Ciò che si era avvertito nell’aria, con l’invito a un generico “voto per la Costituzione”, si è alla fine realizzato. Michele Ainis, il brillante costituzionalista di Repubblica, il giornale decisamente schieratosi per il No referendario ai tagli dei seggi delle Camere, si è infine unito al fronte del Sì.  E ne ha spiegato la ragione in un commento onestamente ospitato dal suo quotidiano con la dignità e l’evidenza di tutti i suoi interventi, fatta eccezione per un mancato richiamo, stavolta, in prima pagina.

Con lodevole trasparenza Ainis ha spiegato il suo con la volontà di non confondersi con i molti che votano No, magari dopo avere approvato i tagli nell’ultimo passaggio parlamentare,  per “non darla vinta ai populisti” grillini. Che costituiscono con il loro movimento la maggiore forza di governo in questa tormentata legislatura.

Forse faccio male a sospettarlo peccando di andreottismo, cioè della convinzione che a pensare male s’indovina, ma ho l’impressione che il referendario appena pronunciato pubblicamente dal presidente del Consiglio abbia messo in difficoltà Ainis come componente di un’Autorità di Garanzia: quella del mercato. In ogni caso egli ha riconosciuto che la qualità del Parlamento è scaduta non per i suoi troppi seggi, come dicono i grillini, ma per le liste bloccate con le quali viene eletto. Grazie, professore.

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